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La Storia con la S maiuscola, attraversata dalle mille storie, che pur sembrando incommensurabilmente più piccole e insignificanti, in realtà servono proprio a riempire di senso e di significati la Storia che si studia sui manuali. Di esempi di questo approccio alla materia se ne potrebbero fare molti, ma uno molto recente e di grande qualità è sicuramente Cuori partigiani. La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana, firmato da Edoardo Molinelli e pubblicato da Red Star Press – Hellnation Libri.
Una raccolta di diciassette storie, frutto di una mirabile attività di studio e di ricerca d’archivio, che gettano luce su quel periodo così importante assumendo il punto di vista di chi molto spesso è lontano dagli avvenimenti della politica e chiuso nella sua quotidianità di sportivo. Anche se in misura minore rispetto agli eccessi a cui siamo abituati oggi, già allora un calciatore professionista era un personaggio poco portato a cimentarsi con tali temi, quello che gli si richiedeva era giocare a palla e per il resto fare meno clamore possibile. Durante il fascismo poi, il conformismo e la sottomissione erano sia diffusi che, da un certo punto di vista, anche consigliabili. Ma la Storia può far ingresso nella vita delle persone in mille modi diversi, e il periodo della Resistenza non fece eccezione, anzi, tutto il contrario.
Si fa in fretta a dire che lo sport e la politica dovrebbero restare separati su due piani che non devono mischiarsi mai. Peccato che a ben vedere chi propugna queste tesi lo fa spesso e volentieri (per non dire sempre) in malafede e anche il caso di cui vi stiamo per raccontare non fa eccezione.
Mercoledì scorso si sarebbe dovuta disputare la finale di ritorno della Palestine Cup, una delle principali competizioni calcistiche per il popolo palestinese, tra il Markez Balata (vincitore della Lega Nazionale Maschile del Nord, quella della Cisgiordania) e il Khadamat Rafah, (vincitore di quella del Sud, vale a dire i territori della striscia di Gaza) terminata per uno a uno all’andata, ma questa partita non si è mai disputata.
Nella primavera del 1958, la controguerriglia condotta dall’esercito francese contro i ribelli algerini causò gravi perdite all’interno del Fronte di liberazione nazionale (FLN), l’organizzazione politico-militare che combatteva per l’indipendenza dell’Algeria. La liberazione del Paese era quindi più che incerta, soprattutto perché il movimento era attraversato da un sanguinoso conflitto interno.
Cento anni fa, il calcio femminile ha vissuto una prima età dell’oro, interrotta da uomini preoccupati di vedere queste donne mettere in discussione le basi della dominazione maschile.
Il 17 marzo, 60.739 persone hanno partecipato alla partita di calcio femminile tra l’Atletico Madrid e l’FC Barcelona. Un record assoluto per una partita di calcio femminile. Il culmine di un lento ma inesorabile aumento nell’afflusso del calcio femminile sin dalla sua creazione? Per niente! Il precedente record di presenze risale al... 1920, quando le “Dick Kerr Ladies” affrontavano le St. Helen’s Ladies a Liverpool. Lo stadio del Goodison Park ha ospitato circa 53.000 persone!
Questo è forse sorprendente oggi, ma il calcio femminile è stato un enorme successo nei vent’anni trascorsi dopo la codificazione del calcio moderno (1860). Una parentesi incantata alla quale gli uomini hanno messo fine, affinché il calcio rimanesse la loro riserva, sullo sfondo di lotte per l’uguaglianza dei diritti, come ha brillantemente raccontato al giornalista Michael Correia nel suo libro Una storia popolare del calcio.