Da che mondo è mondo, esiste una “storia” ufficiale, che passa agli annali, viene presa per vera e, soprattutto, è invariabilmente scritta dai vincitori. Poi ci sono le storie, o le leggende, senza le quali la storia ufficiale sarebbe un freddo e scarno referto di avvenimenti. Quelle che colorano il mondo, gli danno senso profondo, spiegano i comportamenti umani più di mille trattati scientifici. E il calcio è uno di quei mondi che non può fare a meno di simili leggende, quelle che andremo a conoscere con questa serie di racconti. E si badi bene, queste storie sono vere. Come sono vere tantissime altre leggende e storie tramandate. Parafrasando Pasolini, “sono vere ma non abbiamo le prove”. Semplicemente la tradizione orale, i racconti sentiti a bordo campo, negli spogliatoi, nelle chiacchiere da bar tra addetti ai lavori, nelle redazioni. La storia raccontata dal popolo, che viene trascritta solo se qualcuno ci si mette, come accadde millenni fa a tale Omero. Pur non avendo simili ambizioni, abbiamo ricevuto delle storie da un suo umile e anonimo emulatore contemporaneo. E queste storie ci raccontano, nellʼarco degli ultimi ventʼanni, il calcio dellʼimbroglio, dello scandalo, del sottobosco, non solo nel “calcio che conta” ma anche nella laida provincia, tra personaggi dʼaltri tempi e macchiette di paese. Dove lʼanima potente e quella popolare del calcio e dellʼessere umano si fondono in una trama ridicola e inquietante, deprimente ed esaltante. Il tutto sotto lo sguardo di un “Grande Vecchio” che tutto sa e tutto può. Ogni giovedì su sportpopolare.it. Buona lettura.
In attesa delle sentenze definitive, vien proprio da dire che ingiustizia sarà fatta sulla scommessopoli che quest’estate ha stravolto la serie B rinviandone lʼinizio di due settimane. L’ascesa del Crotone, certo, ci sta riconciliando col calcio. Ma delle 22 squadre in gioco si eredita dallo scorso agosto un quadro sconfortante: dei sette nuovi ingressi annui al campionato, tre non saranno stabiliti dal risultato sportivo. Nel complesso le sentenze sono state sconfortanti anche perché si è ben lontani dal fotografare il problema delle combine e punirlo come merita, e si va verso verdetti definitivi non calibrati ai reati commessi. Per non parlare delle tante ombre e omissioni.
Le sentenze di 1° grado su Catania (retrocessione in Lega Pro e -12) e Teramo (dalla B alla D, ma senza penalizzazioni) è come se avessero detto che, se tu fai una strage e la confessi, pagherai meno di un presunto omicida. Perché Pulvirenti, presidente del Catania, ha “collaborato” (veramente ha solo ammesso quel che gli inquirenti avevano già in mano), dopo aver comprato (almeno) 5 gare di fila che avevano portato il Catania dalla zona retrocessione a ridosso dei playoff. Il Teramo, accusato di una sola combine, ne ha (forse) comprata una e pagherà il doppio dei siciliani.
Il caso del Teramo, a qualcuno, ricorderà quello del Genoa 2005. Ma lì fu facile dimostrare la combine, il Grifone fu beccato col sorcio in bocca (vedi la valigetta per il pagamento di Maldonado al Venezia, e chissà chi aveva cantato, anche perché il presidente non fu proprio riservatissimo nel dire a troppa gente “che tutto era a posto”). Per gli abruzzesi è diverso. Certo, i riscontri indiziari non mancano. Ma gran parte dellʼimpianto dellʼaccusa è basato sulla deposizione dellʼallenatore Corda, sul suo ruolo svolto nella compravendita della vittoria del Teramo a Savona. Ma è giusto ritenere attendibile un teste (che con la sua deposizione otterrà un significativo sconto della pena) che ha avuto parecchi problemi col Savona (ci vorrebbe un romanzo per raccontarli tutti), che è già coinvolto nellʼinchiesta Dirty Soccer per alcune partite che puzzano dove lui era in panchina?
Al posto del Teramo è poi salito in B il potente Ascoli, parte in causa nel processo al Teramo. Eppure, ci sono intercettazioni che scottano su Santarcangelo-Ascoli 1-2. Ma nessun processo, ad oggi.
Ma questo è ancora nulla. Benissimo, quei cattivoni del Catania han comprato 5 partite. Ma chi se lʼè vendute? Nel processo non cʼè nessuno dei cinque club che, per ammissione di Pulvirenti, si sono venduti i 3 punti. Manco un deferimento per sbaglio. È come se 20 anni fa, per Tangentopoli, avessero solo arrestato gli imprenditori e non i politici che incassavano le mazzette. Magari qualcosa nei prossimi mesi verrà a galla ma i processi che decidono la composizione dei campionati sono stati questi, e il 31 agosto si è abbassato la serranda: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.
Guarda caso, una delle cinque squadre vendutesi al Catania è il Brescia. Il club lombardo durante la stagione è passato dallo storico padrone, Gino Corioni, a una nuova dirigenza che di fatto sta in piedi coi soldi di Infront, la società che gestisce la vendita dei diritti tv, la cassaforte del calcio italiano, comprata dai cinesi a febbraio. A Brescia, in primavera, vista lʼaria che tirava (squadra destinata alla retrocessione anche per pesanti penalizzazioni), si è iniziato a invocare il ripescaggio ancor prima di retrocedere aritmeticamente. Detto, fatto: il Brescia è stata la prima ripescata già l’11 agosto, nonostante le pesanti penalizzazioni ricevute prima del cambio societario, al posto del Parma, tanto per essere sicuri e non aspettare i processi. Infront saprà come ringraziare, ovviamente nessuno ha mai parlato di conflitto dʼinteressi. Infront, tra lʼaltro, si dice che finanzi anche il Bari (e ad oggi non si sa chi cʼè dietro lʼex arbitro Paparesta).
Lʼunico vero atto di giustizia è aver rimesso lʼEntella, retrocesso dopo i playout, in B al posto del Catania. La differenza lʼaveva fatta la partita col Varese: comprata dai siciliani, non dai liguri, che perdendoci in casa, di fatto salutavano la salvezza diretta.
Non solo: il bubbone Catania poteva essere ampiamente prevenuto. Quando Federbet denunciava un flusso anomalo di giocate sulle sue partite, quando i tifosi del Varese sfasciavano lo stadio perché la loro squadra del cuore aveva venduto la salvezza in B a una diretta avversaria (e all’ingresso in campo delle squadre c’era già un lenzuolo dei tifosi varesotti con scritto VENDUTI), Figc e Lega B non muovevano un dito. Il Luissiano Abodi, presidente della serie B dal 2010, ha fatto il pesce in barile: l’unica cosa che fa è organizzare da tempo incontri coi calciatori per evitare le scommesse (non da escludere che tali incontri siano organizzati in realtà per combinarle). Non solo: la Federbet, che l’anno scorso forniva inascoltate denunce, ora è diventata partner della serie B: finite le denunce, non i casi sospetti, quanti interventi assurdi del portiere, in stile Paoloni, si sono già visti, e non solo in B, anche in A. Viene in mente quel piemmucolo che allo scoppio dell’inchiesta diceva che bisogna ritornare al calcio con la schedina: qualcuno gli spieghi che quando c’era la schedina, si andavano ad arrestare allo stadio - o quasi - Paolo Rossi, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia…Il vero problema è che il calcio ai massimi livelli non può essere sfiorato da inchieste serie, come dimostra l’affrettata assoluzione di Buffon nel 2006, alla vigilia dei Mondiali di Germania (il più brutto dei 4 mondiali vinti dall’Italia, sicuro). Così in queste condizioni, Pulvirenti, di fatto indisturbato, ha potuto comprarsi anche le altre quattro. Poi, quando arriva il conto, tutti bravi a chiedere pene severe come il sequestro dei beni (chiedere a don Ciotti come non funziona in Italia tale misura, anche nella sua stessa Libera).
Quando un club arriva a stravolgere così un campionato, non c’è confessione che conti, serve un articolo del codice che faccia ripartire quella squadra, in qualsiasi categoria si trovi, dallʼEccellenza, il massimo torneo regionale: così quel club, giocando con le gagliarde formazioni della propria terra, farebbe il necessario bagno di umiltà e potrebbe ripartire con un minimo di decenza.
Quella che in tutta la scommessopoli 2015, giustizia compresa, è mancata.
Matteo Alfeo