Carlo Tavecchio è stato rieletto presidente della FIGC per altri quattro anni. Uno dei personaggi più squallidi che il mondo del pallone abbia avuto negli ultimi anni rimarrà alla guida del più importante organo calcistico del Belpaese fino al 2018, ovvero fino alla veneranda età di 77 anni.
Fondamentale per la rielezione di questo personaggio, che ha sconfitto il principale avversario, Andrea Abodi, con il 54% dei voti, è stato il supporto di Renzo Ulivieri, presidente dell'Associazione Italiana Allenatori Calcio (AIAC), e di Marcello Nicchi, presidente dell'AIA (Associazione Italiana Arbitri).
Ancora una volta insomma, nonostante le belle parole spese, il calcio nostrano resta ancorato e schiavo di una figura che, già prima di essere eletto per la prima volta a capo della FIGC, compiva una gaffe dietro l'altra. Era infatti il luglio 2014 quando lo stesso Tavecchio, parlando durante l'assemblea straordinaria della Lega Nazionale Dilettanti, affermava di fronte ad un'affollata platea che la questione extracomunitari andava affrontata in una maniera ben precisa: “Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Opti Poba è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”.
Nonostante tutto lo scandalo che queste affermazioni suscitarono Carlo Tavecchio riuscì a mettere d'accordo un buon numero di presidenti di squadre di calcio del campionato italiano, capitanate dalla figura del presidente della SS Lazio Claudio Lotito, e poche ore dopo l'indignazione iniziale tutto tornò come prima e questo personaggio ha potuto continuare, come se nulla fosse, la sua marcia trionfale verso la poltrona della FIGC.
Non è un mistero che il mondo che a noi interessa maggiormente, quello del calcio popolare, dovunque si manifesti, sia a nel Nord che nel Sud Italia, si basi sulla lotta al razzismo come pilastro fondamentale. La battaglia la sentiamo dunque come “nostra”. Purtroppo però, sia nelle categorie maggiori e più seguite che in quelle minori, sono ancora molti gli episodi di razzismo che si verificano in campo e fuori. Sempre più spesso la tematica del razzismo vede infatti protagonisti anche i giocatori che scendono in campo e che dovrebbero essere dei portatori di sani ideali, almeno sulla carta, per coloro che vanno a seguire e a sostenere tutte le domeniche i loro beniamini.
L'ultimo caso in ordine cronologico è avvenuto dopo l'ultimo derby di Roma di campionato giocatosi il 4 dicembre 2016. Al termine del match Senad Lulic, beniamino dei tifosi laziali per il suo gol vittoria nel derby di finale di coppa Italia del 26 maggio 2013, ha definito il difensore romanista Antonio Rudiger, nato in Germania da padre tedesco e madre sierraleonese, un “venditore di calzini”.
Nonostante queste affermazioni, fatte da un tesserato di una società calcistica italiana in diretta tv su un noto programma calcistico nazionale, è stata presa una decisione disciplinare che definirla ridicola è poco. Lulic infatti è stato squalificato per 20 giorni ma la squalifica l'ha scontata durante la pausa del periodo natalizio e quindi, alla fine, ha saltato solo una partita “vera” che la Lazio ha giocato allo stadio olimpico l'8 gennaio 2017 alla ripresa del campionato.
Lo stesso Rudiger è stato preso di mira dalla Curva Nord laziale durante l'ultimo derby capitolino, questa volta di Coppa Italia, che si è svolto lo scorso primo marzo all'Olimpico di Roma. Durante la partita, dal settore più caldo del tifo bianco-celeste, si sono sentiti chiari ululati razzisti e fischi nei confronti del difensore della Roma ogni volta che quest'ultimo toccava una palla.
Nonostante ciò non è stata presa alcuna sanzione nei confronti della squadra laziale, come la squalifica del campo o una multa. Tutto questo perché, secondo il giudice sportivo Gerardo Mastrandrea, “non è possibile evincere il numero anche approssimativo e/o in percentuale dei sostenitori che hanno intonato il coro, né è possibile stabilire che la percezione reale del fenomeno abbia riguardato l’intero impianto o comunque parte assolutamente prevalente dello stesso”.
Vedremo se questa volta il caro Tavecchio, oltre a vantarsi di alcuni cambiamenti ottenuti sotto la sua presidenza che però difficilmente riusciamo a comprendere, affronterà le tematiche basilari che, ancora oggi, affliggono il mondo calcistico italiano facendolo passare agli onori della cronaca più per questi eventi avvenuti fuori dal campo che per i risultati ottenuti all'interno del rettangolo di gioco. La speranza, anche se veramente labile, è sempre l'ultima a morire.
Roberto Consiglio