Sempre difficile scrivere di una emozione vissuta, ma allo stesso tempo è un onore poterla condividere con questo blog e con tutti i suoi lettori. Parliamo della giornata di domenica, l'ormai passata “Prima in Prima”. Tutti quelli che hanno attraversato la giornata credo si porteranno dentro il segno di una festa pregna di gioia, passione e goliardia. Una giornata memorabile e storica che noi giocatori speriamo si possa rivivere puntualmente e con sempre più trasporto.
L'anno passato abbiamo raggiunto un obiettivo straordinario, nessuno potrà mai dire il contrario ma nel calcio come nella vita il susseguirsi di traguardi e aspirazioni ti pone di fronte a scelte difficili.
La mutata situazione degli under, l'impegno in un campionato più difficile e la consapevolezza di portare avanti un progetto sociale oltre che sportivo ha fatto sì che il rinnovo dell'organico fosse un'esigenza ineluttabile. Decine e decine di promettenti (e meno) giocatori si sono presentati agli ordini di mister Marfurt consci che giocare nell'Atletico fosse un onore e una speranza.
Ed è forse proprio questo che ieri ci ha “tradito”, l'emozione di non voler steccare la prima partita davanti a tutta quella gente che ha sfidato orari e maltempo e che ha inscenato uno spettacolo unico, una gioia organizzata, una curva allegra a grossa componente femminile che ci ha accompagnato durante tutti i novanta minuti e più.
Chiunque di noi è rimasto abbacinato da tanto trasporto e da tanto amore e non tanto per noi “vecchi” già avvezzi a cotanto entusiasmo, ma soprattutto negli occhi di quei giocatori che provenendo da società e contesti diversi quasi timidamente rivolgevano lo sguardo alla gradinata.
Gli stessi stupiti occhi che ad ogni allenamento si accendono mentre giocano e fraternizzano con compagni di squadra di ogni estrazione e di qulasiasi provenienza geografica. E in un paese dove razzismo e omofobia montano sempre più e (specie nel mondo del calcio e delle sue curve o quantomeno di alcune) vedere giovani tutti uniti è qualcosa di meraviglioso.
L'Atletico per me come per tanti rappresenta una famiglia allargata, una famiglia che si porta dentro una “interdipendenza” che è la base del suo agire. Sei sì giocatore, ma allo stesso tempo amico, dirigente e supporter e ciò ti rende partecipe a qualcosa di più di un bel gol e di una buona parata, qualcosa che sicuramente è più grande di tutta la somma delle nostre vite da calciatori dilettanti.
Ieri nonostante la sconfitta sul campo con una squadra che da subito si è rivelata amica e che ha partecipato alla nostra festa, avremmo voluto abbracciare tutti, uno per uno, tutti quei ragazzi, bambini e genitori che ci hanno regalato una domenica indimenticabile.
Non è il nostro mestiere fare promesse ma una cosa la possiamo garantire, ed è quell'impegno e quell'ardore che ogni domenica deve sospingerci.
Viene naturale in primis ringraziare tutti i dirigenti, amici e sostenitori che hanno con loro impegno fatto sì che tutto ciò avvenisse e che hanno garantito non solo di poter giocare, ma sono andati oltre assicurandoci una quotidianetà di sport e serietà, e quando capisci che lo fanno senza beccare una lira anzi scazzando e cedendo una parte di loro è li che intendi che tu non puoi che dare tutto te stesso dentro e fuori al campo per continuare a credere che un mondo migliore sarà anche difficile o forse impossibile da costruire, ma che qualcuno già ci sta provando.
C'è un momento personale che mi dona molta gioia ed è quella di vedere le facce dei nuovi quando ascoltano per la prima volta il nostro bellissimo inno...ha quella forza e quella sincerità di fronte a cui nessuno finora è rimasto impassibile!
Ecco che da giocatore maturo e romantico che sono, concludo proprio con le bellissime parole del nostro cantore Emilio Stella:
“non c'è odio o divisione,
non c'è legge né padrone
c'è il rispetto e c'è l'onore
conquistato col sudore”.
Noi non vogliamo diventare la vostra squadra del cuore, bensì il cuore di una grande squadra composta da tutti voi, e vi invitiamo a farne parte domenica dopo domenica.
Daniele Poma
Domenica 1° Ottobre 2017, prima giornata di campionato; scende in campo l'Atletico San Lorenzo ma questa per tutti noi non è una partita come le altre, è molto di più. Intanto è la prima partita della stagione, ed è sempre bello ritornare su quei gradoni a gridare "Forza Atletico" ma ma soprattutto: DOPO 4 ANNI L'ATLETICO SAN LORENZO gioca in prima categoria. La dimostrazione che, anche se sembrano impossibili, le cose si possono fare; che un altro sport è possibile, uno sport che vive della passione di chi lo sostiene, e non dei soldi di chi lo sfrutta.
SIAMO LA PRIMA SQUADRA DI CALCIO POPOLARE ROMANA AD ANDARE IN PRIMA CATEGORIA e a questa cosa ci tenevamo, perchè un modello di sport "popolare" è sostenibile se dimostra di essere competitivo in campo. E quindi: inizio della partita previsto per le 15:00; all'una si presentano sia i giocatori che dimostrano una certa tensione dato che per parecchi di loro è l'esordio (la rosa si è rinnovata notevolmente con i vari innesti degli under), che i primi tifosi. Il tempo incerto non spaventa: la pioggia si asciuga, la presenza è importante. La curva si inizia a riempire e a colorare di rosso-blu con una nota gialla-per-Mariano, e i baristi del campo ridono come non ci fosse un domani e se la godono mentre i frighi si svuotano velocemente e le voci iniziano a riempire le tribune.
Inizia la partita e il primo coro che parte è: "SIAMO UN'ALTRA CATEGORIA" si, perchè a noi non ci basta mai, non siamo arrivati, abbiamo fatto la metà del nostro dovere, tocca andare avanti, non ci dobbiamo accontentare. La partita va avanti, c'è chi la ricorda sicuramente meglio di chi scrive, ma ognuno se la vive a modo suo... Come in tante altre occasioni gli episodi salienti non provengono solo dal campo ma anche dagli spalti, ma quelli sarebbe inutili raccontarli, tocca starci per capire di che si tratta; alla fine il risultato è 0-2, l'Atletico ha steccato la prima in casa ma poco importa, la squadra è nuova e l'avversario era forte.
Ma non finisce qui, è la prima in casa ed il risultato non può rovinare la festa: la curva continua a cantare per altri 20 minuti ed applaude i propri giocatori fino a fuori gli spogliatoi perchè la LA VITTORIA E' CIO' CHE SEMO!
Un tifoso