L'origine politica delle barras argentine
Dicono che la palla non debba sporcarsi, che la politica non abbia spazio in campo. Ma la palla rotola sempre e a volte, nonostante i puristi, la politica vi si intromette. Sebastián Ramírez è andato oltre e ha intrecciato la musica a quest'equazione per regalarci un testo che illustra come il famoso coro “Decime que se siente”[1] e quelli precedenti facessero parte di un importante panorama politico.
Un inno sporcato dalla sua contingenza
Buenos Aires, Argentina, 24 marzo 1976. Il nuovo regime militare guidato da Jorge Rafael Videla proclamava un Processo di Riorganizzazione Nazionale, che significò la morte, gli arresti e la scomparsa di un gran numero di suoi oppositori. Un mantello nero e maledetto cadde sulla nazione.
Tuttavia, come spesso accade con il calcio (che innocentemente è stato condannato a dover occultare) bisogna sempre truccare o decorare le grandi barbarie umane, ed in quel momento si cercava di nutrire le aspettative per la Coppa del Mondo del 1978. La squadra nazionale argentina aveva, fin dall'inizio, l'immagine di campione: davanti, un brillante Mario Alberto Kempes che approdava alla nazionale con i suoi 52 gol nel Valencia e che sarebbe diventato il marcatore della competizione; nel mezzo, Beto Alonso, che già mostrava la presunzione di idolo nel River; dietro, il grande capitano Daniel Pasarella; tra i pali, il “Pato” Filliol, il miglior portiere argentino di tutti i tempi; e fuori, dalla linea, la nave era comandata dal flaco e romantico César Luis Menotti.
Il contrasto era drammatico. Da un lato, il terrorismo di Stato imperversava nelle strade. E dall'altra, la speranza in un titolo accendeva le passioni più profonde di un popolo fanatico del calcio ed esaltandone le sue gestualità, le stesse che avrebbero portato a riempire di papel picado[2] tutti i campi in cui l'Argentina ha giocato durante la Coppa. L'incertezza e la speranza divise i cuori nell'inverno del 1978.
Iniziò la Coppa del Mondo e quale migliore analgesico come lo stadio pieno, la palla che rotola e la squadra che vince per un popolo maltrattato? L'euforia riusciva a coinvolgere tutti, quando apparve un canto, che nonostante avesse un'origine innocente e dalle buone intenzioni, sembrava ignorare gli oppositori del regime che erano stati rapiti e sequestrati [i desaparecidos, ndt]. Sembrava anche voltasse lo sguardo ad una realtà denunciata da un gruppo di madri che resistevano davanti alla Casa Rosada, e che esigevano disperatamente risposte sul luogo in cui si trovassero i loro figli. Il “Vamos, vamos Argentina”, sebbene fosse coro proveniente dal popolo, paradossalmente, come afferma lo scrittore Fernando García nel suo articolo El Hit de la Selección, divenne un simbolo del regime. I presunti scandali legati alla corruzione del regime durante la competizione mondiale hanno fatto sì che - come dice lo stesso Garcia - la Coppa del Mondo '78 si convertisse nel maledetto trionfo del calcio argentino. Bene, quindi anche la canzone che accompagnò il trionfo si macchiò.
Così, durante le partite della nazionale argentina cominciò a diffondersi una canzone che sarebbe rimasta negli stadi per oltre tre decenni.
Ecco i testi dell'inno maledetto che ha accompagnato l'albiceleste per 35 anni:
Vamos, vamos, Argentina
Vamos, vamos a ganar
Que esta barra bullanguera
No te deja, no te deja de alentar
[Forza, forza Argentina
andiamo a vincere
che questa barra scalmanata
non ti lascia, non smette di sostenerti]
https://www.youtube.com/watch?v=3E5eQrOZrjw
Perón decime que se siente
Nel primo decennio del nuovo secolo, la Nazionale Argentina ostentava già due campionati del mondo - l'ultimo conquistato in Messico nell'86, quello della mano di Diego Armando Maradona - e si vantava di aver eliminato il Brasile negli ottavi di Italia '90, con un gol da Claudio Caniggia. Dall'altra parte, con la vittoria nelle elezioni presidenziali del 2003 di Néstor Kirchner, aumentò l'affiliazione al peronismo e si diede avvio all'organizzazione giovanile La Cámpora che sosteneva gli sforzi del governo di Kirchner. Per diffondere la causa, la manciata di giovani utilizzò una vecchia canzone rock degli anni '60: Bad moon rising dei Creedence Clearwater Revival. Utilizzando la loro melodia modificarono i loro testi per sostenere il progetto peronista. Il risultato fu:
Vengo bancando este proyecto
Proyecto nacional y popular
Te juro que en los malos momentos
Los pibes siempre vamos a estar
Porque Néstor no se fue
Lo llevo en el corazón
Con la jefa, los soldados de Perón.
[Credo in questo progetto
Progetto nazionale e popolare
Lo giuro che nei brutti momenti
I giovani ci saranno sempre
Perché Néstor non se n'è andato
Lo porto nel mio cuore
Con il capo, i soldati di Perón][3]
https://www.youtube.com/watch?v=_o8WiAqV7e4
Verso la metà del 2006 la canzone cominciò a diffondersi e, con il passare del tempo, le hinchas delle squadre argentine resero sempre più popolari le sue varie versioni. I tifosi del San Lorenzo furono i primi a importarlo nel calcio, poi vennero gli altri.
https://www.youtube.com/watch?v=8pISnrOM_0c
Ogni hinchada modulò la sua versione fino a quando i colori e le rivalità svanirono nel giugno 2014. Tutti con la albiceleste cantarono una sola versione della canzone. Sì, la versione che ha girato il mondo ... Il testo proclama la “paternità” che gli argentini hanno sui brasiliani, una paternità che, se rimandata alle statistiche, andrebbe rapidamente a pezzi:
Brasil, decime que se siente
Tener en casa a tu papá
Te juro que aunque pasen los años
Nunca nos vamos a olvidar
Que el Diego te gambeteó, el Cani los vacunó
Están llorando desde Italia hasta hoy
A Messi lo vas a ver, la copa nos va a traer
Maradona es más grande que Pelé.
[Brasile, dimmi cosa si prova
a tenere in casa tuo papà
Ti giuro che anche se passano gli anni,
non ci dimenticheremo mai
Che Diego ti ha dribblato, che Cani [Caniggia, ndt] ti ha infilzato,
che stai piangendo da Italia ['90] fino ad ora
Ora vedrai Messi, la Coppa ci porterà,
Maradona è più grande di Pelè]
Intonando il suo nuovo inno come un cavallo di battaglia, gli argentini si sono dedicati a inondare le strade di bandiere e di far crescere l'illusione di portarsi a casa la Coppa. Niente di più dolce rubarla al vicino di casa. Un'illusione che ha fatto crescere gambe e testa quando il Brasile cadde 7 a 1 contro la Germania, e che si mise in piedi quando la nazionale albiceleste si qualificò per la finale mondiale dopo 24 anni. Un tiro al volo di Götze è stato sufficiente per rimetterli a sedere, in un colpo solo. La prima delle tre finali perse consecutivamente.
Così, con la versione adattata per supportare la squadra nazionale argentina durante i mondiali del 2014, la hinchada gaucha ha sostituito il “vamos, vamos”, contaminato dagli orrori della dittatura, con un canto di origine peronista. Al di là della sua affiliazione politica, è evidente come il calcio e la politica abbiano una stretta relazione in Argentina. Ieri si cantava con un coro di sfondo videlista [Videla], oggi ne cantiamo uno nato nella culla peronista. L'argentino canta questi cori nella stessa maniera, senza sapere che dietro la musica e il calcio a volte ci sia anche la politica. Queste due canzoni, sono solo un piccolo antipasto dell'universo politico che nasconde la palla.
[1] "Brasil, decime qué se siente" è uno dei cori più virali dei tifosi argentini. È stato il loro inno durante i mondiali del 2014 adattata sul tema "Bad Moon Rising" che riprendeva dei cori delle hinchas del Boca Juniors, River Plat, San Lorenzo, … dopo ci ritorniamo nel testo[ndt]
[2] Sono i tipici rotoli di carta che vengono tirati dai tifosi (soprattutto negli stadi del Latinoamerica) all'inizio delle partite. [ndt]
[3] Coro cantato anche con Cristina Kirchner.