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Lo sport popolare, in questo periodo, viene citato soprattutto dai mezzi più diffusi per dare notizie e raccontare storie: in primis articoli di giornali o libri. Negli ultimi tempi, infatti, sono stati molti coloro che hanno cercato di farci scoprire, tramite vari pubblicazioni o articoli, un mondo sportivo che sta acquistando sempre più importanza in vari angoli d'Europa. La scrittura non è però il solo modo di farci addentrare in questo ambito. Difatti, negli ultimi tempi, sono parecchi anche i gruppi musicali che tramite le loro canzoni cercano di spingere sempre più persone ad avvicinarsi a tale contesto.

Tra i gruppi che sono più “impegnati” in questo campo non si possono non citare, almeno a parere di chi scrive, i Talco. Ad inizio di quest'anno, la band originaria della zona di Mestre ha pubblicato il suo settimo album, intitolato “And The Winner Isn't”, in cui ci sono alcune tracce, ad esempio “Bomaye” o “Domingo Road”, che trattano la tematica sportiva con un punto di vista chiaro ed estraneo al mainstream.

 

Nel contesto musicale in generale, inoltre, gli stessi Talco hanno sempre affrontato temi che caratterizzano anche lo sport popolare: antifascismo, antirazzismo ed antisessismo in primis.

Quest’estate abbiamo avuto il piacere di intervistare il Dema, voce e chitarra della band veneta attiva dal 2004, l'anno di uscita del primo album intitolato “Tutti Assolti”.

Ci racconti un po' la storia del gruppo? Come mai avete deciso di chiamarvi Talco?

Talco è un nome che ci portiamo dall’inizio dei tempi, quando eravamo studenti, nella nostra sala prove di Mestre a suonare pezzi ska demenziali. Abbiamo deciso di tenerlo negli anni successivi quando il progetto si è delineato diventando più “serio”. Dal 2004, anno del nostro primo disco “Tutti Assolti”, praticamente ogni due anni abbiamo fatto uscire un album, suonando sempre più in pianta stabile in Europa e adesso stiamo promuovendo il tour di “And the winner isn’t”, settima uscita che rappresenta un riassunto di quello che siamo stati in tutto questo percorso: una mescolanza di punk rock ska e folk con testi impegnati e il meno

sloganistici possibile.

Nell'ultimo disco, “ And The Winner Isn't”, uscito poche settimane fa, avete dedicato alcune canzoni, ad esempio “Bomaye” e “ Domingo Road”, allo sport popolare. Come mai avete scelto proprio questa tematica?

Io sono innamorato dello sport, ho giocato dodici anni a calcio, che è una passione che va di pari passo alla musica. Quello che mi colpisce del mondo dello sport popolare è l’essenza dello stare insieme, la semplicità delle cose e la serietà del messaggio che vuole portare. “Bomaye” parla di Mohammed Alí, della sua carriera e delle sue coraggiose scelte di vita. Uno degli esempi di moralità e coraggio in un ambiente illuminato dai riflettori e meschino. “Domingo Road” invece è totalmente centrata sul degrado del calcio moderno. In entrambi i casi abbiamo scelto di girare i videoclip in situazioni legate allo sport più genuino, con il St. Pauli e nella palestra popolare Rivolta.

È però dal 2009, anno di uscita del singolo “St. Pauli”, che sembrate esservi avvicinati a questo mondo che sta acquistando sempre più visibilità negli ultimi tempi. Perché una scelta del genere?

Avevamo scritto “St. Pauli” nel 2007 perché eravamo rimasti colpiti dal nostro primo concerto al Knust, dove abbiamo approcciato per la prima volta con la tifoseria. L’anno successivo, con l’uscita di “Mazel Tov”, abbiamo collaborato nel singolo di “St. Pauli” per il progetto Fanraume. Anno dopo anno la collaborazione si è fatta sempre più intensa e naturale. Il motivo credo sia quello che ti ho descritto precedentemente, c’è un riconoscerci diretto nell’ambiente dello sport popolare, dal punto di vista di passione per lo sport e per il messaggio etico che offre. Non ci abbiamo mai molto pensato, è stata una decisione naturale, di pancia, scrivere un pezzo sulle nostre passioni.

Siete considerati, da molti, la band ufficiale della tifoseria del St. Pauli. Mi racconti quali sono i lati che più vi hanno colpito delle persone che affollano gli spalti del Millerntor stadion?

A me personalmente la cosa che ha colpito, oltre all’impegno sociale che ormai spero tutti conoscano, è proprio il lato del tifo sugli spalti, che non si limita alla curva e basta....lo stadio intero è una curva, ogni partita è sold out, tra tifosi, tifose, bambini, e in ogni angolo il volume del tifo è assordante. Stiamo parlando di una squadra di seconda divisione con 15000-20000 tifosi al seguito a partita che cantano all’unisono.

Quali sono i progetti a cui vi sentite più vicini in Italia ma anche in Europa?

Mah, mi sento per amicizia di citare la palestra popolare Rivolta per la disponibilità anche ad aiutarci per il videoclip di “Bomaye”, che con la boxe sta facendo grandissime cose da noi in Veneto... poi abbiamo Tuscia (Sax) tifoso del Lebowski... all’estero potrei farti molti esempi di tifoserie impegnate a “sinistra” oltre al St. Pauli, anche in quel di Berlino abbiamo realtà di squadre di calcio meno conosciute, autogestite molto simili alle realtà italiane.

Dove potrà arrivare, sempre secondo voi, questo mondo sportivo che si basa su concetti quali antifascismo, antirazzismo e antisessismo che sono spesso citati nei testi delle vostre canzoni?

Se si crea e si solidifica una rete forte e collaborativa, può offrire una reale alternativa allo sport moderno burocratizzato, togliendogli attenzioni grazie all’offerta educativa e culturale di qualcosa di più etico e morale. Dovremmo prendere tutti esempio dalla nostra storia a livello di movimenti. Guardiamo il post G8...l’antagonismo ha subito negli anni successivi una grossa ferita, dovuta a divisioni, liti, tradimenti e disillusioni. Unendo le forze per portare avanti valori comuni può far andare molto molto avanti questo universo.

A questo punto giungiamo all'ultima domanda: un tuo commento sulla retrocessione dell'altra squadra della città anseatica e sul fatto che, l'anno prossimo, nella serie B del campionato tedesco tornerà a giocarsi il derby cittadino.

Siamo riusciti e vedere solo un derby in cui purtroppo l’Amburgo ha pareggiato all’ultimo minuto. Fino a poco tempo fa l’Amburgo era in Europa League e il St. Pauli, dopo il centenario, ha sempre stazionato in seconda divisione. Ma la squadra di Amburgo rimane una sola...e questo è un felice esempio del fatto che il calcio popolare possa dire la propria anche a livello di numeri.

 

Roberto Consiglio

Categoria: Interviste

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