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Le logiche del profitto che sono alla base del “calcio moderno” si stanno ormai estendendo a tutti gli ambiti del mondo del pallone, seguendo l'irresistibile richiamo del dio denaro. Si fatica ormai a trovare anche un solo aspetto che non venga interessato da questo inquietante cambiamento. Non fa sicuramente eccezione quello dell'abbigliamento tecnico. Chi non ha notato che, con la fine di una stagione e l'inizio della seguente, tutte le principali squadre cambiano le divise che saranno da utilizzare sia in casa che in trasferta? Molte volte questi cambi comportano variazioni estetiche minime sulle tenute da gioco, ma questo non ferma i supporter di quella squadra, e non solo, nel cercare di accaparrarsi l'ultima divisa indossata da uno dei loro beniamini. Quella del merchandising, in due parole, è una delle galline dalle uova d'oro dei principali club, specialmente quelli con un brand a vocazione globale.

 

Anche in questo campo, però, il lato popolare dello sport nazionale nostrano non è rimasto a guardare. Circa tre anni fa, infatti, è nata la Rage Sport, la prima marca di abbigliamento tecnico che ha l'obiettivo di vestire lo sport popolare e solidale. L'idea di dar vita alla Rage Sport non è certo nata per caso, ma viene da un percorso militante. Il “papà” del marchio, Maurizio Affuso, come da lui stesso spiegato durante un'intervista rilasciata tempo fa proprio a Sport Popolare, è stato uno dei fondatori di una squadra di calcio popolare: gli RFC Lions Ska Caserta.

La squadra si vestiva, secondo le parole di Affuso, grazie a “capi realizzati da multinazionali che sfruttano senza ritegno la vita di uomini, donne e soprattutto bambini... senza alcun rispetto e umanità”. Da qui l'idea di creare Rage Sport che, visto anche il simbolo delle tre frecce che puntano in basso a sinistra, mette ben in vista la sua forte impronta di parte antifascista. “Il simbolo delle tre frecce” spiega Affuso “ha radici storiche nate all'inizio della Seconda Guerra Mondiale”. Da lì non è cambiato molto e, ad oggi, resta lo stemma di alcune delle realtà antifasciste più attive, prima fra tutte la R.A.S.H. (Red and Anarchist Skin Heads).

Lo stesso nome, Rage Sport, non è stato scelto a caso. Difatti è proprio la rabbia (traduzione letterale della parola rage) uno dei motori fondamentali della pratica dell'antifascismo militante. Lo sport popolare, secondo Affuso, è uno di quei campi in cui tale connubio si può percepire maggiormente. Anche lo svolgimento dell'attività di questa marca di abbigliamento si rifà a principi importanti quale quello della collettività orizzontale in cui tutti sono sullo stesso piano, le decisioni sono condivise e nessuno è più importante di qualcun altro. I capi infatti vengono creati, partendo da zero, grazie ad una collaborazione tra i vari soggetti interessati. Il tutto con uno scopo ben chiaro e preciso: lanciare un appello, creare un qualcosa di più di una semplice tenuta da gioco. Tutto questo per far sì che il messaggio lanciato venga percepito da più persone possibile, anche quelle che si trovano fuori dal rettangolo da gioco e che non hanno ancora molte conoscenze riguardanti il complesso universo dello sport popolare.

Il rapporto tra Rage Sport e questo ambito sportivo, d'altronde, si sta facendo solidissimo. Lo testimoniano le parole di Affuso che ci dice: “Vengono aiutate SOLO REALTÀ DI SPORT POPOLARE E SOLIDALE, PUNTO. Nel corso di questi mesi, dopo che si è parlato tanto di noi, avremo rifiutato almeno 50 ordini di semplici società che apprezzavano i nostri design. Ciò non ci interessa, non è un lavoro, ma solo un modo alternativo di dire la nostra e di fare rete per aiutare le realtà antagoniste che necessitano di supporto”.

Roberto Consiglio

 

Categoria: Interviste

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