Oggigiorno gli spazi occupati e autogestiti italiani vengono descritti solamente come dei luoghi in cui è possibile divertirsi e dove è abbastanza facile trovare e far uso di sostanze stupefacenti. Lo stesso ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha minacciato più e più volte di usare la sua tanto amata “politica della ruspa” per mettere a tacere tali realtà.
Per fortuna però ci sono anche belle storie da raccontare che hanno avuto inizio proprio in questi luoghi militanti. Una di queste ci porta a Genova, nel quartiere Sampierdarena, dove sorge uno degli spazi occupati storici del capoluogo ligure, il CSOA Zapata.
Proprio qui da un po' di tempo, all'interno della palestra popolare, si allena la pugile Camilla Fadda. Questa giovane ragazza è riuscita in un'impresa storica. Dopo oltre quarant'anni, infatti, ha riportato in Liguria uno dei più importanti titoli nell'ambito del pugilato femminile: la medaglia d'oro ai campionati italiani assoluti nella categoria dei 51 kg.
Una vera e propria impresa che però non è stata messa troppo sotto i riflettori dai media nostrani. Probabilmente il fatto che si sia allenata in una palestra popolare ha fatto sì che si cercasse di nascondere una storia che faceva conoscere, sotto altri punti di vista, un luogo da sempre screditato come quello di uno spazio occupato.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Camilla, che ha provato a raccontarci la sua storia sul ring e il suo rapporto con il mondo dello sport militante. Da questa chiacchierata è venuto fuori che Camilla Fadda, fin da giovane, era una grande appassionata di sport. All'inizio si è cimentata, per parecchi anni, nel mondo del nuoto agonistico che però ha deciso di lasciare per cercare, come spiegato da lei durante la nostra chiacchierata, “qualcosa che mi permettesse di sfogarmi ed esprimermi”.
Dopo questa crescita in piscina vi è stata una breve parentesi nel mondo della danza, dove la giovane pugile ha praticato vari stili: dall'hip-hop alla danza del ventre. Anche qui però Camilla non si è sentita soddisfatta a pieno visto che tali attività non la impegnavano abbastanza a livello fisico.
Il suo primo impatto con il ring ed i guantoni avvenne “più o meno a caso” quando è entrata in contatto con la palestra del Trionfo Genovese. Da lì, come spiegato dalla stessa intervistata, “è stato subito amore, ho capito che era lo sport che stavo cercando e ho iniziato ad allenarmi da subito con la voglia di salire sul ring e combattere”.
L'impatto iniziale con il mondo della boxe, però, non è stato dei migliori: sono serviti infatti duri anni di lavoro e allenamenti per entrare a pieno in esso. Lo stesso suo maestro, il campione olimpico di boxe negli anni '70, Roberto Pirastu, si è sentito fuori luogo visto che era la prima volta che allenava un'atleta donna.
Nonostante questi problemi, il duro lavoro di Camilla è stato ripagato e ad oggi la campionessa della categoria dei 51 kg si sente di “ringraziare il mio maestro per gli insegnamenti che trasmette: la tecnica, la coordinazione, la volontà di giocare e muoversi elegantemente prima di pensare solo a picchiare. Questi aspetti hanno sicuramente aiutato ad alimentare la mia passione”.
Oltre al suo allenatore, nelle tappe di avvicinamento a questa storica vittoria, sono stati molto importanti anche altri fattori che le hanno permesso di avere quella costanza e di raggiungere determinati risultati sul ring. Questi fattori possono essere divisi in determinate categorie: dalla dieta ferrea da seguire ai duri allenamenti quotidiani passando per “le tante persone che mi hanno sostenuta moralmente ma anche fisicamente allenandosi insieme a me”.
Molto importante, nella vita atletica di Camilla Fadda, è stata anche la scoperta del centro sociale Zapata di Genova. Una conoscenza iniziata due anni fa quando, come spiegato dalla giovane atleta, “con l'entusiasmo di una manciata di persone abbiamo deciso di trasformare una sala vuota in un posto dove fare attività fisica”. Il successo di tale iniziativa è stato visibile fin da subito. Il numero dei volontari, che davano una mano sotto vari punti di vista, è cresciuto di giorno in giorno senza sosta. Tutto ciò ha reso possibile che si creasse “un vero e proprio collettivo in modo spontaneo e genuino”.
Il fatto che la sua impresa abbia trovato così poco spazio nell'ambito comunicativo nazionale ha, secondo Camilla, ragioni ben precise. Sicuramente della boxe in generale, in Italia, se ne parla davvero poco visto che non attrae chissà quale quantità di pubblico. Ma, purtroppo, sono anche altri i fattori che hanno determinato questa poca copertura di una vittoria che può definirsi storica. “Spero che le mie dichiarazioni riguardo lo Zapata non abbiano influito sulla divulgazione di questo risultato e di questa esperienza. Certo che, vista l'aria che tira anche a Genova, il fatto che il Secolo tardasse così tanto a pubblicare un risultato storico raggiunto anche grazie ad una realtà basata sull'aggregazione, sulla solidarietà e al di fuori delle leggi del guadagno come la palestra popolare Zapata lascia un po' di perplessità” queste le parole della neo-campionessa che spiegano bene il clima che tira.
In conclusione, abbiamo chiesto a Camilla Fadda se, anche prima dello Zapata, aveva avuto la possibilità di entrare in contatto con quel mondo che viene riconosciuto come “sport popolare”. La risposta è stata la seguente, e noi la riportiamo per intero: “Non conoscevo bene questo ambito ma sono contentissima di averne preso parte. Ho voglia di conoscere e confrontarmi con le altre realtà. Riappropriarsi e sviluppare uno sport che parte da principi come il benessere, l'inclusione e la cooperazione, è una fonte di grandissima motivazione e ispirazione per me. Spero di contribuire al meglio anche in questo campo”.
Roberto Consiglio