Stampa

Genova, luglio 2001. Da giovedì 19 a domenica 22 si tiene, nel capoluogo ligure, il G8: la riunione dei capi di Stato dei paesi più avanzati in ambito economico a livello mondiale.

In quelle stesse ore, per le strade della città di De André, si svolgono una serie di iniziative dei cosiddetti movimenti antagonisti. Questi soggetti portano con sé in piazza varie lotte, anche molto diverse tra loro, che vengono racchiuse nel motto “un altro mondo è possibile”.

Ciò che ci hanno lasciato quei giorni, purtroppo, lo abbiamo ancora impresso nella mente. Dall'uccisione di Carlo Giuliani a piazza Alimonda fino all'enorme quantità di lacrimogeni sparati da parte delle forze dell'ordine, ai pestaggi in piazza e le torture nelle caserme. Tutti questi episodi hanno portato a descrivere il G8 di Genova, da parte di Amnesty International, come la “più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.

 

Nella città della Lanterna, in quell'estate di 20 anni fa, si presentarono vari attori antagonisti che volevano far sentire la loro voce di protesta contro i grandi del mondo. Dai sindacati come i Cobas fino ai pacifisti della rete Lilliput furono molti, e diversi, coloro che decisero di prendere parte alle manifestazioni contro il summit internazionale.

Anche il mondo dello sport diede il suo contributo. Nello specifico fu l'universo ultras che arrivò nel capoluogo ligure per dare una mano nell'organizzazione delle manifestazioni.

Per farci raccontare cosa successe lungo le strade di Genova e quale fu il reale supporto degli ultras abbiamo avuto il piacere di intervistare Domenico Mungo.

Mungo è docente alle scuole medie e ricercatore di Storia e letteratura contemporanea e Antropologia sociale presso l’Università di Torino. Nel 2016 è uscito un suo bel libro sui fatti del G8: Avevamo ragione noi. Storie di ragazzi a Genova 2001.

Come ci racconta Domenico egli si recò in Liguria, a quasi 30 anni di età, durante un periodo di forte “militanza schizofrenica”. Tutto questo perché al tempo era, e continua a esserlo tuttora, contemporaneamente un ultras della Curva Fiesole della Fiorentina ma anche un militante antagonista.

Al G8 genovese presero parte sia gruppi di tifosi organizzati che singoli individui a titolo personale. Per quel che riguarda gli schieramenti, ci spiega Mungo, bisogna fare una ulteriore distinzione. A Genova arrivarono sia gruppi di ultras con una inquadratura politica già ben chiara e definita, ad esempio le Brigate Autonome Livornesi della squadra amaranto, ma anche coloro che non avevano alcuna base militante alle spalle.

Nel primo caso la politicizzazione era cominciata negli anni Ottanta del XX secolo. Proprio in quel periodo, infatti, alcune correnti neofasciste stavano trovando sempre più spazio tra i gradoni delle curve degli stadi dell'intero Stivale. I gruppi di sinistra diedero perciò il via a una vera e propria “militanza ultras” per fermare questo dilagare dell'estremismo nero.

A Genova, inoltre, non si presentarono solamente i frequentatori degli impianti sportivi italiani ma anche di quelli stranieri, greci e tedeschi in primis. Questo fatto fa affermare a Mungo che, nei giorni del G8, ci fu una vera e propria “mappatura trasversale e internazionale” per quel che riguarda il mondo ultras.

I tifosi, in quei caldi giorni di metà luglio, erano ben identificabili, all'interno del movimento genovese, attraverso determinate caratteristiche specifiche, un po' come avvenne per quello che passò alla storia come il “blocco nero”. Tra queste particolarità, ci racconta Domenico, vi era il portamento che i tifosi tenevano durante i cortei ma soprattutto il loro saper affrontare i violenti scontri che si verificarono in quelle ore.

Il G8 di Genova del 2001 ha rappresentato un vero e proprio spartiacque per il movimento antagonista italiano. Quei giorni rappresentarono un trauma collettivo senza precedenti.

Basti pensare che, negli immediatamente successivi al 2001, si cominciò fare una distinzione tra il pre e il post Genova. La stessa distinzione si può fare per ciò che riguarda il movimento ultras.

Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, aveva preso il via una forte repressione verso il mondo del tifo organizzato italiano. Questo fatto avvenne per cercare di fermare un possibile antagonismo negli stadi che, secondo i piani istituzionali nostrani, poteva raggiungere le vette di estremismo e tensione che si erano verificate in Inghilterra con gli hooligans.

Questa repressione si usò già a Napoli, nel marzo 2001, ma raggiunse il suo apice durante i giorni del G8 del 2001. Con “tecniche di repressione” si vuole descrivere, spiega Domenico Mungo, l'atteggiamento delle forze dell'ordine durante gli scontri di piazza.

Non a caso, proprio durante il summit nel capoluogo ligure, diventarono note a tutti parole che erano già conosciute da alcuni anni all'interno del panorama del tifo organizzato. Alcuni esempi in questo caso possono essere termini come “mattanza” o “tonnara” che spesso vennero citati per descrivere determinati eventi avvenuti durante il G8.

Nel luglio 2001, continua Mungo, ad essere messa a tacere con metodi repressivi è una buona parte della società civile e non solo poche migliaia di persone che ogni domenica si recavano allo stadio per poter assistere ad una partita di pallone.

Nel periodo post G8, inoltre, il movimento ultras subì nuovi ed ulteriori metodi repressivi messi in atto a Genova per la prima volta. Possiamo citare due esempi in particolare: la veloce parabola della cosiddetta Tessera del Tifoso, che Domenico Mungo descrive come “una sorta di controllo sociale e politico individuale” ma anche l'uso di determinate armi, come il manganello tonfa, nel corso delle partite giocate negli stadi.

Tutti questi esempi, ci spiega ancora Mungo, ci fanno vedere che ci fu un vero e proprio scambio, per ciò che riguarda la repressione subita, tra movimento ultras e movimento militante in Italia con lo svolgersi del summit genovese.

Il G8, nonostante tutto, ha lasciato anche una base per una rinascita militante su scala nazionale che ha aperto a nuove forme di resistenza e di denuncia. In alcuni episodi tragici avvenuti post vertice, ad esempio la morte di Gabriele Sandri, si è cercato di fare ciò che effettivamente avvenne dopo l'assassinio di Carlo Giuliani nel pomeriggio del 20 luglio a piazza Alimonda: insabbiare le indagini e l'effettivo ruolo delle forze dell'ordine della vicenda.

A piazza Alimonda, infatti, la versione ufficiale parlò subito del famoso sasso lanciato dal manifestante che aveva ucciso Carlo. Dopo la morte di Sandri, invece, si descrisse ciò che era successo come una semplice “rissa tra ultras” senza minimamente chiamare in causa l'agente Spaccarotella.

Ma dopo i fatti di Genova non si è mai dato retta alla versione ufficiale e si è deciso di condurre indagini parallele. In alcuni casi, ad esempio quello di Stefano Cucchi, si è arrivati a una verità processuale che ribaltava totalmente la prima versione data dalle forze dell'ordine.

Lo stesso movimento del calcio popolare italiano, che contrasta molti dei lati del cosiddetto calcio mainstream, ha avuto un notevole impulso dopo i fatti di metà luglio del 2001.

Chiudiamo questa bella chiacchierata con Domenico Mungo chiedendogli cosa gli abbia lasciato il G8 a 20 anni di distanza? La risposta è stata “la sensazione urticante dei gas CS sulla pelle, il caldo e il rumore delle pale degli elicotteri in volo. Tutti ricordi fisici. Un ricordo davvero asfissiante”. Nei giorni del G8 furono stati sparati circa 6200 candelotti di gas CS, un composto chimico il cui uso è interdetto dalla Convenzioni sulle armi chimiche del 1993. Nel 2001, in occasione del summit genovese, l'utilizzo dei CS fece descrivere il G8, dal senatore dei Verdi Francesco Martone, come “la più grande operazione di guerra chimica mai effettuata dall'Italia in tempo di pace”.

Una storia che non si è fermata lì, basti pensare alla Val di Susa, ai movimenti studenteschi e agli stadi, verso cui l'atteggiamento repressivo è sempre rimasto su quello stesso modello.

Roberto Consiglio

P.S. Un sincero ringraziamento a Marvin Trinca per la realizzazione dell'intervista a Domenico Mungo.

Categoria: Interviste

In questo sito usiamo i cookies, anche di terze parti. Navigandolo accetti.