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Medellín è la seconda città della Colombia, e fa parte del dipartimento di Antioquia, una delle 32 suddivisioni territoriali da cui è composto il grande paese del nord-ovest del Sud America. In questo contesto urbano sorge, nella zona occidentale della città, il distretto popolare denominato “Comuna 13”. Comuna è formata da ben 16 quartieri e, in passato, è stata al centro delle cronache soprattutto per episodi legati a degrado e violenza. Proprio qui vi era la base dello spaccio di Pablo Escobar e del famoso cartello di Medellín legato al narcotraffico internazionale.

Poi, qualche anno dopo, arrivò anche la violenza politica. Comuna 13 è infatti una delle zone in cui l'organizzazione delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo) era molto attiva nelle sue azioni di guerriglia.

 

Negli ultimi tempi ha preso il via quella che i politici locali descrivono come una vera e propria riqualificazione della zona. Dopo aver fatto guerra ai criminali locali, anche con metodi molto violenti e che non hanno risparmiato la popolazione civile, sono stati realizzati numerosi murales e graffiti per portare sempre più turisti a Comuna 13 per dei veri e propri tour di street art.

Un'operazione che ricorda molto le riqualificazioni tentate anche in quartieri romani che, però, hanno lasciato campo libero ad altri problemi che, prima d'ora, non avevano interessato quegli stessi quartieri.

Un altro genere di riqualificazione di Comuna 13 rientra in quello che può essere descritto come “ambito sportivo popolare”. Da alcune settimane, infatti, è attiva la campagna “Roma per Comuna 13” organizzata da alcuni tifosi della squadra giallorossa in supporto dell'associazione no-profit “Corporación Sembrando Paz y Esperanza” che organizza scuole calcio e attività educative per i giovani che abitano la Comuna 13.

Lo scopo di questa iniziativa è chiaro: aiutare i Sembradores (“i seminatori”) a dare una via alternativa ai ragazzi locali attraverso la pratica del calcio. Questo percorso viene portato avanti seguendo alcune valori come lealtà e condivisione, gli stessi che sono alla base delle nuove realtà popolari che, negli ultimi anni, sono sorte in ogni angolo del continente europeo.

Finora i volontari dell'iniziativa sono riusciti a rimettere in sesto un luogo diventato una discarica e a trasformarlo in un vero e proprio campo di calcio dove potersi allenare e giocare. Ma sono ancora molti i progetti che si vorrebbero realizzare e che necessitano di fondi che sono difficili da trovare.

Per portare un aiuto concreto a questa causa è stata creata una sciarpa con su scritto “Roma per Comuna 13”. Essa unisce i colori della Città Eterna con quelli della bandiera colombiana.

Pochi giorni fa abbiamo avuto il piacere di intervistare Simona, una tifosa giallorossa doc che è stata colei che ha cercato di far conoscere questo progetto a Roma. L'idea le è piaciuta così tanto che Simona ha fatto sì che il suo stesso quartiere, quello di Tor Marancia, diventasse il set per lanciare la campagna di solidarietà.

Alla domanda su come è partita l'idea di dar vita a un progetto simile, e se esisteva già un qualche collegamento con questa realtà colombiana, l'ideatrice dell'iniziativa risponde che “tutto è iniziato per la passione e la voglia di viaggiare in Sudamerica, collegato alla mia tesi di laurea magistrale – Comunicazione, Valutazione e Ricerca Sociale per le Organizzazioni – e alle attività di volontariato che svolgo da 6/7 anni a Roma. Il progetto dei Sembradores mi è capitato tra le mani scorrendo le pagine di diversi blog di viaggiatori. In questa fase ancora non sapevo cosa avrei trovato, non ero mai stata in Sudamerica prima e scegliere la Colombia, Medellín e la Comuna 13 non è stata una scelta facile per fare la prima esperienza di volontariato e ricerca sociale all’estero. Yenni, l’ideatrice del progetto, insieme al suo ex marito Andrès e i loro due figli Sara e Diego mi sono da subito sembrate le persone giuste. Dai primi contatti via Skype mi hanno trasmesso delle emozioni che non so spiegare, ho capito da subito che potevo fidarmi e che dovevo partire.

L'arrivo in Colombia è datato 28 dicembre 2020. Simona, fin da subito, si rende conto dei numerosi pregiudizi che, tra i locali, riguardano la Comuna 13.

La stessa ragazza ci racconta che al suo arrivo in aeroporto “mi aspettava un amico di Yenni perché la maggior parte dei taxi ufficiali nella Comuna 13 non ci entrano ancora volentieri. Il clima di paura, stigma e pregiudizio è ancora consolidato tra gli abitanti di Medellín. La Comuna 13 spaventa per la sua storia”.

Una volta arrivata nella zona però la sensazione che si ha rispetto al clima che vi regna cambia radicalmente. Come racconta ancora Simona: “Quando sono scesa dalla macchina e ho visto per la prima volta quella famiglia l’ho sentita anche un po’ mia e a distanza di due anni posso dirti che è così. I bambini mi aspettavano con cartelloni di affetto per darmi il benvenuto, c’era una tavola imbandita di cibi tipici e sentivo tanto affetto che non sapevo come ripagare. Sul campo, tra le strade, per le scale ripide della Comuna ho imparato a conoscere la comunità: la solidarietà e l’aiuto reciproco tra chi non ha nulla e vive nelle classiche ‘baracche’ con foratini a vista e tetto in lamiera, è qualcosa che ti segna dentro. Quello che è mio è anche tuo, soprattutto tuo. Funziona così”.

Come detto prima sono molti i problemi che la Comuna 13 deve affrontare: da un vero e proprio razzismo degli altri abitanti di Medellín, che come spiegato da Simona descrivono il quartiere popolare come “discarica”, fino al fatto che è molto facile, soprattutto per i più giovani, entrare in contatto con il lato illegale della zona sotto numerosi punti di vista, dal narcotraffico alla prostituzione.

Simona spiega bene il perché di questo cattivo nome che Comuna 13 si è guadagnata: “Per capire la storia e il perché di questo disagio sociale c’è bisogno di chiarire una cosa: Medellín è suddivisa in Comunas che equivalgono ai nostri municipi; infatti, ogni Comuna ha una media di 10-12 barrios all’interno che sarebbero i nostri quartieri. La Comuna 13 si estende in una posizione rialzata e privilegiata rispetto al centro città ed era, anche per questo, il luogo di riferimento del cartello più famoso, quello di Pablo Escobar. La posizione strategica di difesa l’aveva tramutata in una sorta di roccaforte, fino al 2002, anno in cui gli abitanti assistono al massacro più atroce della storia della città: l’Operazione Orion. Quando le forze armate colombiane, supportate dalle milizie paramilitari, entrarono nella Comuna 13 da San Javier per eliminare la presenza di FARC e ELN. Sequestrando, torturando e uccidendo centinaia di persone. Il luogo più lugubre che ho visitato, in relazione all’Operazione, è sicuramente la Escombrera, sempre nella Comuna13, che è conosciuta come la più grande tomba urbana dell’America Latina. Si tratta di un’area di discariche di materiali da costruzione, utilizzata dai gruppi armati illegali per nascondere i corpi delle loro vittime. La Corporación Jurídica Libertad è riuscita a identificare circa 105 civili che si ritiene siano sepolte a La Escombrera. Il costo umano in termini di sofferenza e dolore, naturalmente, non può essere calcolato ma è ancora visibile sui volti degli abitanti.

L'iniziativa della Comuna 13 ci ricorda davvero da vicino ciò che qui chiamiamo sport popolare. Lo chiediamo alla nostra intervistata che risponde in questo modo: “nel contesto che ho cercato di descrivere il tema della solidarietà diventa il fulcro della vita quotidiana della comunità. Non ci sono servizi ma ci sono le persone che, spesso, prendono il posto delle istituzioni rispondendo ai bisogni di tutti. Più di otto anni fa, nel clima distruttivo che aveva lasciato l’Operazione Orion, nasce l’esigenza di creare aggregazione, sogni e speranze nella comunità a partire dai bambini. Le vittime più indifese di questo processo di ‘pseudo liberazione’ dal narcotraffico che ovviamente non è stato estirpato”.

“Tutto nasce da 40 metri di asfalto ricavati chiudendo una parte di strada con i motorini” continua a spiegare Simona “Andrès e Yenni fanno giocare i bambini, insieme ai loro figli, che giorno dopo giorno diventano sempre di più e dopo ogni allenamento si fermano tutti in circolo intorno ad Andrès che diviene in poco tempo una figura di riferimento. Yenni cerca nel suo piccolo e con la poca disponibilità economica di aiutare i bambini più in difficoltà, magari senza genitori, che vivono da vicini o parenti e che vengono ‘dimenticati’ in strada. Così nascono i Sembradores, intorno a un pallone sull’asfalto. Man mano quell’asfalto, con determinazione e forza di volontà, diventa un campo di terra in un luogo che fino a qualche tempo prima era una discarica. Volontari dal mondo, bambini e abitanti hanno lavorato insieme affinché si costruisse non solo un campo da calcio ma un punto di aggregazione e riferimento per tutti e tutte. I bambini insieme si sentono meno soli, si appoggiano e si fanno forza l’uno con l’altro ma soprattutto con un pallone tra i piedi sentono di avere una speranza in più di rivincita sulla vita. Si pongono tanti obiettivi che li spronano ogni giorno a fare meglio, non solo sul campo ma anche nella vita. Infatti, l’associazione si occupa anche di fare attività didattiche e tutti i bambini imparano a leggere e a scrivere. Da qualche anno, grazie al supporto di volontari e di nuovi strumenti, hanno anche la possibilità di seguire corsi in lingua inglese. Da una spinta dal basso, da un bisogno è nata una risposta popolare intorno a un pallone. C’è qualcosa che racchiude meglio lo sport popolare?”.

Anche il legame tra la AS Roma e questa iniziativa è difficile da comprendere a pieno. Simona, per cominciare, tende a precisare che “il legame non è con l’Associazione Sportiva Roma. L’obiettivo è quello di creare un legame con le persone che tifano l’AS Roma perché il mondo del tifo da sempre è un mondo popolare ed è lì che stiamo andando a cercare la sensibilità e l’appoggio per una campagna di questo tipo”. Un modello già sperimentato nell'ambito sudamericano visto che “gli ultras latinoamericani come quelli dell’Atlético Nacional (Colombia) non si limitano a rivendicare un calcio popolare, ma si battono contro l’affarismo, le mafie e la censura che ormai si sono impadronite del mondo del pallone. Ciò nonostante, la passione autentica resiste, così in Colombia come in Italia e in tutto il mondo. Sono le persone che da sempre fanno la differenza nelle lotte. Io credo che la piazza di Roma, come in passato ha già fatto, darà una risposta positiva a questo progetto. Non parlo di gruppi ma proprio di singoli. Noi ci stiamo rivolgendo a tutti per questo, perché crediamo nello spirito popolare che si respira sugli spalti la domenica all’Olimpico”.

Il processo di riqualificazione della Comuna 13 però ha anche un nemico: il governo locale. Ai piani alti della politica colombiana infatti, ci spiega nell'intervista, non si vuole che le persone della Comuna siano istruite o che imparino a pensare o che comincino a guardare anche fuori dal paese sudamericano.

Tutta questa riqualificazione potrebbe rimanere fine a se stessa e non portare i risultati sperati che portino a una vera e propria emancipazione. Simona infatti ci dice che “la Comuna 13, nel barrio di San Javier, ha iniziato un processo di riqualificazione dovuto al conosciutissimo Tour dei Graffiti effettuato da ragazzi e ragazze locali. Il governo ha smantellato diverse case per costruire scale elettriche e facilitare la visita. Perché tutti i barrios sono agglomerati di case costruiti con materiali (spesso) di fortuna e quindi non ci sono delle vere e proprie strade, tutto si sviluppa tra scalinate più o meno ripide. Mateo, un ragazzo di San Javier che ho avuto il piacere di conoscere e che si occupa dei tour, ha una duplice visione del progetto: da una parte è orgoglioso del fatto che oggi San Javier non è più il barrio pericoloso in cui nessuno voleva entrare e che ci siano turisti e attività commerciali dedicate, ma allo stesso tempo è preoccupato perché tutte quelle attività alla fine fanno capo alle stesse persone che hanno rovinato quelle strade e il processo turistico spesso è incontrollato e gli abitanti non hanno più privacy”.

Lasciamo Simona con un'ultima domanda in cui le chiediamo quali sono i progetti o i sogni per il futuro in questo barriodi Medellín. La risposta esaustiva ci sembrava il caso di trascriverla per intero: “Il sogno per il futuro è vedere i Sembradores con un pulmino per potergli permettere di competere in tutte le categorie. È frustante allenarsi costantemente, mettersi in gioco e poi dover rinunciare a finali o tornei perché troppo distanti dalla Comuna. Le squadre sono tutte regolarmente iscritte al campionato grazie ai fondi che raccogliamo di anno in anno, ma l’affitto di un pulmino ha un costo elevato che non riusciamo mai a raggiungere per tutti. Scegliere chi mandare e chi non sarebbe ancora peggio, perché nello spirito del gruppo c’è 'o tutti o nessuno'. Questo vale per tutto”.

Roberto Consiglio

 

 

 

 

 

 

 

Categoria: Interviste

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