Che il duo Piccinelli/Belli fosse un’accoppiata vincente, lo provammo a suo tempo quando come sportpopolare.it organizzammo la presentazione della loro prima uscita Calcio e martello. Storie e uomini del calcio socialista. Ricordo con piacere il dibattito in quel del Sally Brown che ne scaturì, e quanta nostalgia rievocando i nomi dei profeti e delle icone del calcio del paese dei soviet. Nel loro ultimo lavoro però si evince anche una non velata “ostalgie” (come d’altronde a me, mentre vi scrivo) sul calcio della DDR. Un lavoro che loro stessi indicano “un lavoro di nicchia” ma scritto bene, ricco di approfondimenti e storie di quel calcio un po’ sconosciuto.
Edito dalla Rogas, un libricino di 133 pagine, tutte da leggere d’un fiato, dal titolo che un po’ rispecchia la simpatia e l’acume semantico dei due autori: C’eravamo tanto a(r)mati. Anche la copertina è da segnalare, con uno Spari Sparwasser senza volto ma perfettamente riconoscibile che a me personalmente è piaciuta molto. La immagino pensata e ripensata.
Il libro è ben concentrato, c’è un po’ tutto quello che c’è da sapere e oltre a delle chicche storiche per nulla male, rievoca i ricordi mai sopiti dei tifosi italiani che hanno avuto modo di incontrare una delle compagini della Repubblica democratica tedesca (JENA RIDENS docet), le simpatie calcistiche della granitica cancelliera Angela Merkel, le storie di alcuni calciatori come Thomas Doll, giocatore dalla classe cristallina accusato ingiustamente e per questo macchiato di essere una spia della Stasi, arrivato alla Lazio al posto del ribelle occidentalissimo Paul Gascoigne.
Come non citare poi, e per questo li ringrazio molto, la storia del portiere Jurgen Croy, lo Yashin della DDR o l’anti Dasev, che dir si voglia, proprio per la scelta di volersi “ancorare” alla sua città natale in Sassonia, scansando le sirene delle compagini più blasonate destinate alla vittoria come la Dinamo Berlino, il Carl Zeiss Jena o ancora la Dinamo Dresda.
”Perché Zwickau è il posto migliore per vivere e giocare”.
Il velato Maccartismo in salsa Rai quando su un Bruno Pizzul troppo entusiasta nel raccontare il goal di Sparwasser al settantottesimo minuto di una partita del Mondiale del ’74 (la Partita delle partite in realtà) che sancì la vittoria della DDR sulla Germania Ovest con conseguente vittoria immaginifica del socialismo sul capitalismo, venne aperta un’indagine interna per filocomunismo. Alla faccia del clichè dei paesi liberi dell’ovest del mondo.
O i racconti der Tufello, Giancarlo Oddi difensore del Cesena, che nel ’74 proprio con Sparwasser si prese a sportellate VERE.
Boranga, grande portiere di quel Cesena ha un ricordo amaro di Spari, in un passaggio del libro che fa riflettere sulla percezione che si aveva dei giocatori della DDR.
Insomma, la lettura è armoniosa e lancia uno sguardo indietro a un mondo che non c’è più, ma che conserviamo nei nostri cuori. Oltre le menzogne di chi ha vinto la guerra fredda, oltre la propaganda antisocialista, il movimento calcistico dilettantistico maschile - e va ricordato anche femminile - ha avuto, specie nel campo delle nazionali, anche se non un successo come nelle Olimpiadi, un quinquennio di alta qualità, e nel complesso sviluppò un modo di interpretare il calcio molto fisico e collettivo, meno artistico, meno tecnico ma sicuramente di gran valore e a nulla sono valse le illazioni su l’uso di doping di Stato nel calcio, dato che a corroborare certe tesi non ci sono prove; l’unico intento sembra quello di mascherare una brutta sconfitta da parte di chi si sente superiore (le parole di Pruzzo che troverete all’interno spiegano bene).
Non ci resta che augurarvi una buona lettura.
Daniele Poma