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Ho letto diversi libri riguardanti il calcio, alcuni molto belli, altri buffi o comunque simpatici, altri ricchi di spunti suggestivi, ma questo è realmente il primo libro di calcio a cui mi sono rapportato come se fosse un manuale, e non poteva essere altrimenti. 

D’altronde, pur nel suo formato agile, esso ha il pregio di racchiudere due di quelli che sono da sempre gli interessi preminenti per questa tribù: il calcio ovviamente, e la politica, tanto quella calcistica quanto quella internazionale, senza rinunciare a cercare di trovare un filo conduttore che a volte sembra quasi fornito su un piatto d’argento (come nel caso delle edizioni del 1934 o del 1978), mentre altre volte invece viene rintracciato grazie al lavoro puntuale e a tratti certosino dei due autori, Nicola Sbetti e Riccardo Brizzi, autori di un lavoro davvero senza punti deboli.

Il volume ripercorre fedelmente la storia dei Mondiali di calcio, fino all’edizione del 2018, ma non si limita a fare una fredda sommatoria di tabellini con qualche sbiadito commento tecnico delle partite più significative, tutt’altro. 

 

Infatti, diviso in sequenze temporali che accorpano varie edizioni a seconda dei grossi scossoni, sia geopolitici che anche culturali oltre che all’interno della governance del calcio, ha il merito di far partire ogni narrazione dal momento stesso dell’assegnazione dell’edizione, cercando anche di descrivere il domino politico che automaticamente si è innescato durante ogni elezione. Si occupa poi dell’organizzazione di ogni singolo evento cercando di ricostruire sommariamente il dibattito politico e interno a ogni Paese ospitante, indagando anche sul livello del coinvolgimento del governo di turno e sui rapporti tra i comitati organizzatori e la FIFA, offrendo anche dati precisi e illuminanti, soprattutto da quando la TV si è trovata a irrompere nella competizione e i suoi diritti hanno cannibalizzato ogni altro aspetto.

Pertanto, al netto degli aspetti tecnici curati in maniera impeccabile (del resto per chi legge abitualmente il blog di Nicola Sbetti, non è una novità), fa molto riflettere – a uno sguardo più attento e consapevole – scorgere l’evoluzione della competizione e con essa quella del calcio in poco meno di un secolo, soprattutto alla luce di quei “corsi e ricorsi”  su questioni anche di scottante attualità (come ad esempio le questioni del calcio come legittimazione politica per regimi tutt’altro che in odore di santità, o del boicottaggio stesso) perché il calcio è dalla sua nascita uno strumento diplomatico di primo piano, oltre che (o forse sarebbe meglio dire soprattutto) una delle più grandi passioni popolari in ogni angolo del mondo, e verrebbe da dire che ciò è stato realizzato non grazie alla FIFA, ma nonostante la FIFA stessa. 

Ovviamente il libro, giungendo alle porte dell’edizione russa del 2018, non propone né ricette e né tantomeno riesce a ripercorrere le tappe del dibattito più recente inerente all’opportunità o meno di far disputare questo bislacco Mondiale in Qatar e d’altronde sarebbe stato anche ingiusto pretenderlo.

Quello che invece si può, e si deve, pretendere alla luce di volumi come questo è che lo sport e la sua storia comincino ad acquisire maggiore credibilità sia in ambito accademico che presso il pubblico dei lettori, come ormai sta avvenendo da qualche anno in altri contesti europei, sia perché abbiamo gli studiosi e i divulgatori adeguati a fare questo salto di qualità, ma soprattutto perché si tratta di un tassello fondamentale in paese come il nostro per riuscire a delineare un’anatomia complessiva ed esaustiva della nostra popolazione.

Giuseppe Ranieri

Categoria: Recensioni

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