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Il calcio sovietico: 1917-1991

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manifesto sovietico calcio

Questo articolo si pone come una sorta di introduzione e analisi del calcio in Unione Sovietica, per capire quale sia stata la dimensione di questo sport all’interno della società sovietica. Come ogni introduzione che si rispetti partiamo con una cronologia storica necessaria per capire di cosa stiamo parlando. La Federazione calcio di tutte le Russie nasce il 6 gennaio 1912 a San Pietroburgo, nello stesso anno si affilia anche alla FIFA, e l’esordio a livello internazionale si registra sempre in quello stesso anno, quando la nazionale russa affrontò alle Olimpiadi di Stoccolma la nazionale finlandese venendo eliminata da quest’ultima. La Federazione rimase in attività solo per cinque anni durante i quali si occupò dell'organizzazione di due campionati russi. Nel 1912, il titolo va alla squadra di San Pietroburgo, mentre l'anno successivo è la rappresentativa di Odessa che ne uscì vittoriosa. Nel 1914 il campionato venne sospeso in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale e per otto anni il calcio russo rimase cristallizzato. Già, nel periodo zarista, poi in quello sovietico, anche il calcio seguì un tipico trattato della politica russa: a livello internazionale iniziò un lungo periodo di isolamento sportivo. Con la rivoluzione d’Ottobre del 1917, anche il calcio subì una sostanziale trasformazione sociale perché il socialismo si occupò di riformare pure lo sport. Come primo passo, la Federazione calcio di tutte le Russie cambiò il suo nome diventando la Federazione calcistica dell'Unione Sovietica. Ufficialmente si dovrà aspettare 1922 per la ripresa del calcio in Russia, per alcuni importanti motivi: la rivoluzione d’Ottobre e le guerre civili che videro protagonisti i bolscevichi contro le truppe zariste e i contadini russi. Una volta che i comunisti raggiunsero la vittoria nel 1922 si poterono dedicare anche a modificare il campionato di calcio russo e le prime modifiche riguardavano proprio le squadre che partecipavano a questa competizione e alcune di queste sono tutt’ora attive nell’attuale campionato di calcio russo. Queste squadre furono dei punti di riferimento culturali e le più rappresentative sulla scena internazionale, come lo Spartak Mosca, la Lokomotiv Mosca, la Torpedo, la Dinamo Mosca e il CSKA. La logica del governo comunista era molto semplice: sostituire le vecchie squadre considerate simbolo della borghesia con associazioni sportive legate ad aziende di Stato ed enti pubblici, quindi rappresentare al meglio il popolo russo. 

La Vysšaja liga, nome del campionato di calcio sovietico, raccoglieva le varie squadre dell’URSS e nel corso della sua vita la massima divisione russa cambiò molte volte la sua forma: nelle edizioni del 1936 e 1976 le squadre si affrontarono in due campionati distinti nel corso della stagione (uno di inverno e l’altro in primavera) con gare di sola andata sullo stile del campionato argentino. Molto variabile fu anche il numero delle squadre: si va dal massimo raggiunto nel 1938 con 26 squadre e al minimo del 1953 con 11 squadre. L’assegnazione dei punti era organizzata così: tre punti per la vittoria, due per il pareggio, uno per la sconfitta e zero in caso di mancata partecipazione; solo dal 1938 furono assegnati due punti per la squadra vincitrice dell'incontro, uno a entrambe in caso di pareggio, zero per la squadra sconfitta, formula che rimase quasi sempre invariata. Fin dalla sua prima edizione, datata 1936, la massima divisione sovietica fu dominata dalle squadre moscovite. Questo dominio venne spezzato nel 1961 dalla squadra ucraina della Dinamo Kiev e questa vittoria segnò un cambio di trend, cioè per la prima volta non era una squadra della capitale dell'Unione a vincere il campionato. Tra 1936 e 1960 le quattro squadre principali di Mosca si spartiscono tutti i titoli: la Dinamo Mosca ne vinse nove, lo Spartak Mosca sette, il CSKA Mosca (squadra dell'esercito) cinque e la Torpedo Mosca una vittoria. Gli ucraini della Dinamo Kiev, che vinsero l’edizione del 1961, diventarono anche la squadra più titolata della storia del calcio sovietico e nel corso degli anni sessanta riuscirono a imporsi per ben tre volte: nel 1966, 1967 e 1968. Gli anni settanta, invece, sono gli anni delle sorprese, il calcio popolare sovietico porta i suoi risultati definitivi; infatti, nel 1972 il titolo fu vinto dalla matricola ucraina Zorja Vorošilovgrad e nel 1973 vinsero gli armeni della Ararat Yerevan. La musica, però, non cambiò perché anche in quel decennio furono gli ucraini della Dinamo Kiev a dominare la massima divisione sovietica. Nel 1973 avvennero sostanziali cambiamenti, dove vennero introdotti i calci di rigore per gli incontri terminati in parità, alla cui vincitrice sarebbe stato aggiunto un punto, e dal 1978 al 1988, l'introduzione di un limite ai pareggi: dopo un certo numero di pareggi (tale soglia fu spostata da 8 a 10 nel corso degli anni) il pareggio non dava punti. Negli anni ottanta le uniche sorprese furono la vittoria del primo titolo della Dinamo Minsk (1982) e quella di un altra squadra ucraina il Dnipro. Da segnalare anche la vittoria, nel 1984, da parte dello Zenit Leningrado che tutti oggi conoscono come Zenit San Pietroburgo.

I primi anni 90 furono caratterizzati dal crollo del sistema sovietico e quindi ci fu uno sconquassamento anche nel mondo sportivo. Con la fine dell’Urss, i paesi che avevano aderito alla federazione delle repubbliche socialiste, crearono delle loro entità statali e di conseguenza anche dei campionati nazionali distinti; infatti, il 1991-1992 vide la nascita del campionato di calcio ucraino, quello bielorusso, georgiano, estone, armeno, lituano etc etc. Tutto questo fu una novità assoluta perché nell’immaginario comune risultava difficile non materializzare più la compagine sovietica come il mondo l’aveva conosciuta dal 1950 in poi. Con la dissoluzione dell’Urss, anche la nazionale di calcio ovviamente venne ridimensionata e nella Russia degli anni 90, ma come in gran parte delle ex repubbliche sovietiche, si trovavano giocatori che fino al 1990 avevano vestito la maglia dell’Urss, per esempio Oleksij Mikhailichenko, con un passato alla Sampdoria nel 1990-1991, che collezionò 36 presenze con la nazionale dell’Urss e due con quella Ucraina. Andriy Shevchenko che era cresciuto sotto la guida del colonnello Lobanovski, leggendario ct della nazionale di calcio sovietica, quindi cresciuto nel sistema sportivo sovietico ma a differenza del connazionale Mikhailichenko giocò solo per la nazionale di calcio ucraina. Aleksandr Zavarov, centrocampista ucraino soprannominato lo Zar, giocò per tutta la sua carriera per la nazionale sovietica ma dal 1991 in poi contribuì alla crescita del calcio in Ucraina. Dalla fine dell’Unione fino al consolidamento degli stati sorti dal quel crollo, il calcio dell’Est conoscerà momenti di buon livello accompagnati però da momenti molto bassi che hanno visto le compagini nazionali non andare oltre i piazzamenti degli ottavi o quarti di finale e una storica semifinale all’Europeo del 2008.

 

Marvin Trinca

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Scritto da Super User
Categoria: Editoriale
Pubblicato: 28 Febbraio 2023
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