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copertina Zamora

Nelle scorse recensioni, mi era capitato di elogiare i reminders, quei libri fuori catalogo che o si ha la fortuna di avere o ti capitano tra le mani magari su una bancarella o li si cerca a volte pagandoli più del loro costo originario.

Affascinato dalla scoperta della scorsa volta ho tentato la terza via sopradescritta e per una manciata di euro in più mi sono portato a casa il primo lavoro di Roberto Perrone, Zamora. Ma non preoccupatevi compagni, ho visto che la Rai sta per sfornare un film tratto da questo libro e con assoluta certezza si potrà ritrovarlo in qualsiasi libreria a breve. Il libro ha venti anni però, edito nel 2003 da Garzanti Libri, non ha perso brillantezza e attualità. Sì perché è un libro senza tempo, meravigliosamente melanconico ed uggioso, grigio e speranzoso come il protagonista, il Ragionier Vismara.

La mia ricerca è dovuta all’ormai nota malattia maniacale che riservo a tutto quello che puzza di portiere.

Anche qui vita, passione, intrigo esaltazione e depressione si intersecano lasciando al lettore una indecifrabile voglia di capire l’umanità intrinsecamente solitaria che va dal ragioniere e sfocia nel portiere di calcio.

L’odio per il calcio, l’anticonformismo viscerale che si porta dietro Walter Vismara è invidiabile, ma il calcio è valanga che investe la società (è ambientato negli anni ’60) e così che avere un capo al lavoro completamente impazzito per il calcio tanto da sottomettere i propri dipendenti a partite settimanali tra scapoli e ammogliati, fa del nostro Walter un uomo completamente avulso al contesto dove si muove.

Mentre il mondo rotola appresso a una palla che rotola a sua volta, il ragioniere che odia il calcio si trova un giorno e per forza a condividere il suo tempo con la passione altrui per il gioco in questione.

Tutto accompagnato con l’incedere incerto ma manieristico del protagonista e del suo mondo angusto ma ordinato, esemplare senza sbavature.

E più rotola e più si sorprende del suo e dell’altrui coinvolgimento. La vita è una partita di calcio e una partita di calcio è la vita. Alla domanda che ruolo fai? Risponde il portiere perché e l’unico che conosce di nome anche se non ha mai parato una palla in vita sua. Ma lo sente affine, solitario, enigmatico.

Resiste alle tentazioni dell’uniformarsi, cede e poi si rialza quando la vita lo sfida, lui risponde presente.

In questo libro ci sono altre piccole solitudini, altre piccole angosce, ma anche vittorie, rivalse , amore fraterno e filiale è un coacervo di pulsioni, con al fondo il piattume desiderato dal protagonista che suo malgrado si ritrova nel vortice degli eventi. È si un libro di sport e psicologia ma usa il metodo del romanzo per raccontare un pezzo di nevrosi collettiva e personale.

Lo confesso è stato difficile per me scrivere questa recensione perché ho sentito tanto ardore e tanto coinvolgimento per il protagonista e gli altri personaggi principali, come il Cavazzoni, ex portiere campionissimo, eppure fuori dal mondo del calcio per comportamenti che negli anni sessanta qualcuno trovava amorali, eppure sempre dentro la storia, eppure sempre pieno di storie da raccontare.

E poi perché no il finale è un inno alla vita che vale la pena essere vissuta.

In attesa del film che spero non distrugga il libro, per i pochi che lo troveranno auguro una felice lettura.

 

Daniele Poma

Categoria: Recensioni

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