Sin dall’alba delle civiltà, quello delle immagini “sacre” è sempre stato un terreno delicato in cui addentrarsi con particolare cautela per evitare degenerazioni che non si poteva mai sapere come si sarebbero concluse, a maggior ragione da quando siamo entrati nell’era dell’onnipotenza del dio denaro e del mercato quale forza predominante.
Certo, i tempi dell’iconoclastia sono lontanissimi, ma il rapporto tra il mondo del marketing e il patrimonio simbolico popolare continua a restare contraddistinto da quella conflittualità che pone di fronte le ragioni del cuore a quelle del mercato ed è ormai dotato di una casistica a dir poco sterminata.
Lo sport popolare, da sempre, si riferisce a tre capisaldi ben definiti: antifascismo, antisessismo e antirazzismo. Essi sono alla base di qualsiasi realtà di tale ambito in qualunque posto essa prenda vita: dal Piemonte alla Sicilia, dal Friuli Venezia Giulia alla Calabria. Con lo sport popolare si cerca anche, fin dove possibile, di dare l'opportunità di svolgere attività agonistica a chiunque. Tutto questo è possibile grazie a ideali e pratiche che cercano di contrastare quelle logiche di mercato dove a farla da padroni sono sempre il guadagno e il dio denaro.
Esattamente un mese fa, era il 19 febbraio scorso, è nata una nuova realtà di sport popolare a Torino: l'ASD Aurora Vanchiglia. Questa, oltre che permettere a chiunque di praticare sport, nasce con l'idea di far riavvicinare due quartieri storici del capoluogo piemontese: Vanchiglia e Aurora. Questi quartieri, nel corso del tempo, hanno dovuto affrontare problemi sociali molto diversi tra loro: ad esempio quelli dell'integrazione, degli sfratti, oppure quello della gentrificazione. Pochi giorni fa siamo riusciti a contattare gli stessi ragazzi che hanno dato il via a questo nuovo progetto e gli abbiamo chiesto di scriverci una piccola presentazione al riguardo, che trovate proprio qui a seguire.
Il calcio è, forse anche più degli altri sport, innanzitutto una passione intensa e immotivata da parte dei tifosi. Non c’è un motivo preciso, il più delle volte, per cui da bambino ti appassioni a dei colori e non li lasci più. Che sia il club più blasonato al mondo o una “provinciale” che si barcamena ogni anno fra retrocessioni, fallimenti e risalite, quel che da bambino vedi solamente come un gioco, un sogno magari da raggiungere se inizi a praticare come sport il calcio, col passare degli anni ti rendi conto che diventa la croce e la delizia della tua vita. Cambierà il tuo umore la domenica (o durante la settimana) a seconda del risultato, agiterà i tuoi sogni nei giorni precedenti a un match importante. In poche parole ti cambierà la vita.
Veronica Noseda fa campagne contro il sessismo nello sport con l'associazione Les Dégommeuses. Ha accettato di rispondere alle nostre domande e ci ha detto come lo sport possa essere un ottimo strumento per le donne e le persone LGBT.
Oggi, il mondo del calcio è ancora percepito come prevalentemente maschile. Tuttavia, le cose stanno cambiando lentamente, ad esempio, possiamo citare l’assegnazione del primo Pallone d’oro femminile nel dicembre 2018 ad Ada Hegerberg. La Coppa del Mondo che si terrà questa estate in Francia dovrebbe anche mettere in luce le nostre atlete. Militare per lo sport femminile e in particolare per il calcio è la vocazione di Veronica Noseda, co-fondatrice di Les Dégommeuses. Veronica non ha giocato a calcio da bambina ma ci è arrivata grazie alle Dégommeuses una decina di anni fa.