La Strage di Genova: il crollo del ponte sull'autostrada metafora tragica della crisi della società italiana contemporanea, tra neofascismi al potere e la decadenza del calcio italiano.
Indomita Zena
Le lacrime d’agosto
Impregnano
Macerie
Madide
Di horror vacui incredulo e colpevole
L’asfalto dei ricordi dell’infanzia
Che
Conduceva al blu del cielo e mare
L’asfalto dei ricordi delle volte
Che tornavo per lottare fuori e dentro al Marassi
L’asfalto dei ricordi della lotta
Insanguinata di quel Luglio quando andammo per cambiare
L’asfalto dei ritorni in Alimonda che facevano
Indignare
Non c’è più
Come fotogramma ritoccato dal computer
Per imitare quel terrore
Oggi vero come il tempo che corrode
Il cemento di pilastri d’alabastro
Indomita Zena
Le lacrime d’agosto
Sono mie
Sono nostre
Se oggi sono qui, vivo e vegeto mentre batto a macchina, se esisto, è per il Rayo Vallecano. È così, come la trama di un film: mio padre e mia madre infatti si sono conosciuti grazie al Rayo. Lui, Enrique, era un vallecano di razza, di quelli che rispettano la Santissima Trinità vallecana: di sinistra, rayista e appassionato di boxe. Se i vallecani possedessero un RH proprio, lui lo avrebbe avuto. Ancora oggi, 33 anni dopo la sua morte, c’è gente che mi ferma per le strade di Vallecas chiedendomi se sono suo figlio. A quanto mi ha raccontato mia madre, era un tipo che viveva per i giovani del quartiere, che provava a toglierli dalla strada formando squadre di calcio o portando i ragazzi a fare pugilato; durante il suo funerale furono proprio questi stessi ragazzi a portare il suo feretro. Mia madre, Visitación, era una ragazzetta di Valladolid emigrata a Vallecas in cerca di fortuna, c’era riuscita mettendo su un piccolo atelier di sartoria e, più tardi, un negozio che si chiamava Confecciones Nuria; secondo me Confecciones è ancora il negozio più glamour di tutto il quartiere. In un posto in cui gli unici esercizi commerciali erano La frutería di José Luis, La droguería di Valentín o La peluquería di Beni (che ancora esiste), mia madre era conosciuta come Nuria, anche se quello non era il suo nome, ma quello di mia sorella.
Il Centro Storico Lebowski è senza dubbio una delle realtà più vive e attive del panorama dello sport popolare italiano, una di quelle che fungono anche da modello e ispirazione per chi continua a intraprendere percorsi di liberazione dello sport dalle logiche di profitto e di mercato. In un periodo in cui la squadra maschile sta lottando per i massimi obiettivi della propria storia, vicenda che vi racconteremo fra qualche settimana una volta arrivati alla conclusione, venerdì scorso abbiamo avuto la possibilità di discutere con l’ambiente grigionero di un altro tema importantissimo: il calcio femminile, le sue problematiche e le prospettive per un suo sviluppo che non sia schiacciato sulle medesime logiche di profitto, ma su un processo di crescita reale, diffusa e sociale. Nello spazio che è da sempre la casa delle iniziative targate Lebowski, il Centro Popolare Autogestito Fi-Sud, vari interventi hanno sviscerato gli aspetti critici del calcio femminile di oggi e le possibilità che si aprono con lo sviluppo di progetti autorganizzati.
Con imperdonabile ritardo volevamo dire due parole su questo blog sulla bellissima giornata del 7 Aprile sul Monte Tancia.
Questa escursione resistente organizzata da alcune realtà sociali romane (SCUP, Spartaco e La Torre) sotto l'egida dell'APE (associazione proletari escursionisti) ci ha lasciato una sensazione e un'energia positiva che ci portiamo ancora dentro. E nel loro nono anniversario della passeggiata, la perseveranza e l'organizzazione di tanti ha fatto si che un centinaio di persone, in un'allegra comunità viandante abbia attraversato gli stessi itinerari che 74 anni fa la Banda Stalin-D'Ercole vissero e difesero fino alla morte dall'invasore nazifascista; la storia della Battaglia del Tancia è stata ben descritta da Sasà Bentivegna e ne riportiamo qui uno stralcio:
Solitamente, prima di fare una recensione di un libro o di una rivista, faccio un piccolo schema in cui da un lato metto i pregi, i punti di forza e dall'altro i punti deboli.
Ecco, in questo specifico caso mi è stato quasi impossibile riempire il secondo campo, perché il nuovo numero di "Uno-due", dedicato all'identità e alla sua costruzione nel calcio, non solo scorre via in maniera leggera lungo tutti i suoi diciannove articoli (grazie anche alla più che piacevole veste grafica che accompagna il lettore), ma soprattutto riesce a stabilire quel connubio tra calcio e cultura, compito a cui anche la stragrande maggioranza del giornalismo di settore ha abdicato preferendo rifugiarsi in partigianerie di comodo a metà strada tra "il tifoso" e "l'amico del procuratore di turno".
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
Fatti, notizie e curiosità sullo sport popolare, sulla settimana appena trascorsa e su quella che verrà
Donne e uomini diventati per qualche motivo esempio
Il mondo dello sport popolare visto attraverso gli occhi della letteratura, della musica e della cultura popolare
Quello che la settimana riserva: appuntamenti, incontri, partite e iniziative su tutto quello che è sport popolare