Questo finale di stagione ci sta regalando gli ennesimi capitoli bui per il nostro calcio. Abbiamo già parlato dello scandalo che ha coinvolto Lotito riguardo alla sua avversione per la promozione delle squadre “provinciali” in serie A, così come delle boutades razziste di alcuni esponenti di spicco del nostro calcio. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a due casi di simile natura, concentrati nell'arco di pochi giorni.
Il primo ha visto protagonista il Presidente della Lega Nazionale Dilettanti Felice Belloli (successore di Tavecchio, passato a dirigere la Federcalcio nonostante la sua uscita sui calciatori africani che “fino all'altro ieri mangiavano banane”), il quale durante un consiglio direttivo del dipartimento per il calcio femminile, di cui è responsabile, ha pensato bene di dichiarare che “basta, non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”. Subito sono fioccate da ogni parte reazioni giustamente indignate, anche da parte di personaggi non certo immuni da certe prese di posizione, come lo stesso Tavecchio. A nulla è valso il disperato tentativo di Belloli di aggrapparsi alla poltrona piagnucolando smentite (ma la dichiarazione è agli atti) e ostentando di non volersi dimettere: alla fine è stato sfiduciato dal Consiglio della sua Lega e sarà presto sostituito.
“Ho detto ad Abodi: se me porti su il Carpi...se me porti squadre che non valgono un c... noi tra due o tre anni non c'abbiamo più una lira. Se c'abbiamo Frosinone, Latina, chi li compra i diritti?”.
Per l'ennesima volta nel nostro paese il subdolo e scorretto strumento della registrazione di telefonate private porta alla luce fatti che in realtà tutti sanno, ma vengono ignorati per quieto vivere. Insomma, il fatto che il calcio moderno, e quello italiano forse più degli altri, sia regolato da leggi di mercato, diritti tv, logiche mafiose e guerre di potere, non è certo un mistero. Semplicemente, ogni tanto delle intercettazioni o un'inchiesta della magistratura svegliano tutti noi malati di calcio dal nostro rassicurante torpore e gettano nuova luce sulle schifezze che si svolgono dietro le quinte dei nostri sempre e comunque amati campionati.
Claudio Lotito è un perfetto esemplare di uomo potente del calcio moderno “all'italiana”, cinicamente affarista, cialtrone ma furbo, a suo modo colto ma anche “coatto”.
Fiumi di inchiostro sono stati versati da tutta la stampa mainstream italiana sui fatti di mercoledì 18 e giovedì 19 febbraio a Roma, quando l'attenzione dell'intera città e di tutta Italia è stata catalizzata dalle scorribande dei tifosi del Feyenoord nelle piazze del centro di Roma. Leggendo i titoli dei giornali si è portati ad immaginare uno scenario apocalittico, secondo solo all'incubo di uno sbarco dell'Isis sulle nostre coste: “Hooligans devastano la città”, “I nuovi barbari distruggono Roma” e così via, in una avvincente gara a chi dipinge il quadro più drammatico e sensazionalistico. Il principale motivo di scandalo è il danneggiamento della fontana di Bernini a Piazza di Spagna, nota come la Barcaccia. Un fatto grave, senza dubbio. Ma la somma dei danni materiali si limita a questo: qualche centimetro di marmo di questa storica fontana, qualche vetro di automobile danneggiato durante la fuga dalle cariche della polizia, qualche danno ai mezzi dell'Atac che, dopo le cariche, trasportavano gli olandesi verso lo stadio. Insomma, per parlare a ragion veduta di città devastata, violentata e traumatizzata per sempre, sembrerebbe volerci ben altro.
Il gioco del calcio a volte è strano. Anche quando si parla di un evento importante come una finale di una coppa europea.
Poche ore fa si sono giocate le semi-finali di ritorno di Conference League per decidere chi si sfiderà nella finalissima di Atene il prossimo 29 maggio. A staccare il pass sono state la Fiorentina di Vincenzo Italiano e l’Olympiacos del basco José Luis Mendilibar.
Per i rossobianchi ateniesi è una sfida in casa quella che li attende all’ombra del Partenone. Il problema semmai è di altra natura.
Lo stadio del match, l’Agia Sophia (dai più conosciuto come l’OPAP Arena), sarà quello di un’altra squadra della capitale greca, l’AEK Atene. I gialloneri, assieme al Panathinaikos, sono dei rivali storici della finalista di Conference.
Quando si pensa al 1984 a molti viene in mente, giustamente, una delle più importanti opere letterarie di George Orwell. Da un punto di vista storico parliamo quasi di un’altra era geologica in cui il mondo era ancora diviso in blocchi in lotta tra loro, mancava qualche anno alla caduta del Muro di Berlino e non si parlava di una minaccia terroristica a livello globale.
Il 1984, da un punto di vista sportivo, è l’anno in cui l’Athletic Club, dai più conosciuto come Athletic Bilbao, vinceva il suo ottavo titolo in Liga spagnola e la sua ventitreesima Copa del Rey (la più importante coppa calcistica della penisola iberica). Questo grazie alla presenza nella squadra di giocatori che hanno fatto la storia dell’Athletic stesso: dal portiere Andoni Zubizarreta Urreta fino al difensore Andoni Goikoetxea Olaskoaga passando per l’attaccante Manuel Sarabia López.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
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Donne e uomini diventati per qualche motivo esempio
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