Era da tempo che si avvertiva la necessità di un incontro nazionale che riuscisse a creare dei momenti di confronto tra i protagonisti della scena del calcio popolare. Anche dalla nostra pagina, avevamo più volte espresso questo bisogno per poter fare il punto della situazione, a maggior ragione dopo una situazione eccezionale come quella del lockdown che ha scompigliato le carte praticamente a tutte le realtà. Così quando siamo venuti a conoscenza dell’organizzazione di questo evento da parte di un gruppo di realtà della Toscana del Nord e della Liguria – che già da qualche tempo lavorano in sinergia e riescono a elaborare proposte di ampio respiro e mai banali – abbiamo salutato con piacere l’iniziativa, perché avrebbe colmato un vuoto che cominciava a essere troppo ingombrante e che andava riempito con il vissuto di chi è quotidianamente protagonista dell’inarrestabile sviluppo (che probabilmente sta andando ben oltre le previsioni) di un movimento che non è solo un altro modo di vedere e vivere il calcio, ma anche la punta avanzata delle pratiche di riappropriazione nel nostro paese.
Probabilmente ci vorrà ancora un po' di tempo per comprendere pienamente la portata storica degli eventi che, partendo dalla “bolla” di Disney World in cui si stanno disputando i play-off di NBA, hanno avuta una ricaduta a cascata su tutto lo sport statunitense, ma è indubbio che quanto sta accadendo sia destinato a segnare uno spartiacque non solo nel mondo agonistico, ma anche all’interno della società statunitense e di tutti i suoi molteplici osservatori sparsi in ogni angolo del globo, con buona pace dei nostri quotidiani sportivi nazionali che ormai sembrano propendere per una linea editoriale a metà strada tra il gossip e il fantamercato.
Si fa un gran parlare in queste settimane della ripresa o meno dei campionati, non solo in Italia ma in tutto il calcio europeo e oltre. Tra protocolli sanitari arzigogolati e poco credibili e pressioni dettate da esigenze di business, si va verso una ripresa con gli stadi a porte chiuse e con l'incognita che da un giorno all'altro potrebbe di nuovo fermarsi tutto, se il virus dovesse decidere di tornare a farsi vivo in modo minaccioso.
In questo contesto stanno girando anche le prese di posizione degli ultras: c'è un comunicato firmato da centinaia di gruppi a livello europeo, ci sono altri comunicati e volantini più individuali e collaterali di singoli gruppi o singole città, ma sostanzialmente tutti sullo stesso tono. Il calcio senza gli spalti affollati dai tifosi non dovrebbe riprendere. Lineare, giusto, ineccepibile.
Poco più di un anno fa ci trovavamo a tirare le somme di quella che è stata la stagione più trionfale finora per tutto il movimento del calcio popolare (con ben 7 campionati vinti nel calcio maschile, due campionati femminili e uno di calcio a cinque) che coincideva con uno dei momenti più tristi e depressi per il calcio italiano, culminato nell’inopinata esclusione della nostra nazionale dai Mondiali russi e da grottesche discussioni, o sarebbe meglio dire aspri contraddittori, a mezzo tv (rigorosamente a pagamento) tra gli esteti e gli utilitaristi del calcio, col discorso che inevitabilmente andava a premiare chi vince, perché “chi vince ha sempre ragione”, come alla fine funziona ovunque ed emerge anche dalle ultime elezioni europee.