Mai avuta familiarità con il clima delle trasferte, quello che, raccontano, ti fa svegliare con il corpo febbricitante, con le gambe impazienti e gli occhi vispi.
Ciò che di più simile conosco, che mi torna in mente, è il clima della vigilia di importanti cortei, che somigliano a viaggi di cui si conosce solo la partenza e l'ipotetica, supposta destinazione.
Quelli in cui ti trovi a fare zaini che devono contenere molte cose necessarie e al tempo stesso poco peso per affrontare la fatica e gli imprevisti.
Questa trasferta inizia giorni prima, negli spogliatoi, quando allacciandosi le scarpe e mettendo le fasce si inizia a sentire che si avvicina davvero. Venerdì l'allenamento è aperto, collettivo, condiviso con le altre palestre di Torino e non solo. Arrivano da Bergamo e da Monza, due pulmini, li aspettiamo per condividere sudore e fatica, cibo e birra, letti scomodi e levatacce delle 7 di mattina. C'è anche una film-maker ed il suo progetto di un film sul mondo delle palestre popolari, la sua telecamera ed i suoi occhi attenti che seguono piedi che ruotano per “azionare la catena cinetica”, così mi dicevano ad uno dei primi allenamenti.
Scorrendo il tabellone delle qualificazioni agli Europei di Francia 2016, una nuova squadra si candida a vincere l'ideale trofeo della curiosità e della simpatica derisione che spetta a tutti i “troppo piccoli per essere veri”, scalzando le varie San Marino, Andorra, Liechtenstein e compagnia bella. A destare sorpresa è anche il fatto che l'ultima arrivata rappresenta un'entità lontanissima dall'essere uno Stato indipendente, tanto che la prima stupita domanda che viene spontanea è “ma questi che c'entrano?”. Stiamo parlando di Gibilterra, un lembo di terra che ha in realtà una storia millenaria, che molti grandi e potenti Stati-nazione si sognano.