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Ormai, ne sono certo, dev’esserci un particolare disegno astrale in base al quale non potrò mai fare un viaggio normale, senza situazioni surreali o momenti indimenticabili; non mi resta altro che trovare le prove. Ma se sono proprio queste situazioni a dare il giusto sapore alla vita, ha molto più senso viversele facendo surf tra passato e futuro usando il presente come tavola di fortuna, invece che interrogarcisi sopra, e poi d’altro canto si trattava della mia prima volta a Parigi in uno dei periodi più convulsi della sua storia recente, tutti tasselli che si incastravano alla perfezione nel mio puzzle irrimediabilmente fatalista. Quindi, che vuoi fare, andarci in maniera asettica, senza un itinerario improponibile e senza una scossa emozionale che avrebbe fatto tremare persino la Tour Eiffel? Ovviamente no, d’altronde come si dice da queste parti “c’est la vie!”, certo se almeno per una volta riuscissi a non correre il rischio di perdere il mio mezzo di trasporto, non mi dispiacerebbe affatto, ma non si può volere tutto… L’occasione per questa incursione nella ville lumiére è una serata organizzata dal Menilmontant (MFC1871) in cui sarebbe stata presentata la nuova divisa, realizzata dai nostri compagni e amici di Rage Sport e che avrebbe contenuto anche un dibattito tra molteplici realtà di sport italiane, francesi e belghe. A dirla tutta ci sarebbe stata anche una partita il giorno successivo, ma con un coup de théâtre (eh lo so ragà, a sto giro vi toccano tutti sti francesismi… statece!) tutte le partite del distretto sono state rinviate per maltempo.
“Io li odio i nazisti dell'Illinois”. È probabilmente questa la battuta più famosa dell'attore americano John Adam Belushi, scomparso il 5 marzo 1982, a soli 33 anni, per un mix di cocaina ed eroina. Belushi era nato a Chicago, da una famiglia di origine albanese, il 24 gennaio 1949. E quindi, a conti fatti, proprio oggi avrebbe compiuto 70 anni. Questo attore viene ricordato per il suo innato talento comico, espresso a pieno durante la partecipazione al programma satirico “Satudary Night Live”. Anche le sue interpretazioni in film come “The Blues Brothers” o “Animal House” restano però memorabili nella mente di moltissime persone in tutto il mondo.
L’estate del 1998, per uno che oggi ha poco più di trent’anni e ama lo sport, è stata qualcosa di difficilmente ripetibile. Sicuramente c’entra l’età ideale, già abbastanza adulta per seguire tutto in ogni suo aspetto, ma ancora sufficientemente fanciulla da vivere le cose con uno stupore e un’emozione prossimi all’assoluto. Fu l’estate in cui si disputò il Mondiale di calcio più bello della storia. Di rigori che si stampano sulla traversa e di copiose lacrime dodicenni, di uno Zidane onirico, della caduta del Fenomeno. Ma in realtà fu quello che successe prima e dopo a segnare la memoria in modo tale che ancora adesso, affondando nei ricordi, le emozioni tornino a pelle. L’estate di Marco Pantani, che forse è tanto potente nell’immaginario anche perché mai più ripetuta.
L'11 gennaio 1999 moriva a Milano, a soli 58 anni, il cantautore italiano Fabrizio De André, e oggi sono passati vent'anni esatti da quella data. È naturale legare la figura di De André a quella della sua Genova, città in cui nacque, tra le strade del quartiere Pegli, il 18 febbraio 1940. Chi scrive, da appassionato di musica e tifoso, vuole però soffermarsi sul rapporto tra Faber e il Genoa C.F.C., una delle due anime, inconciliabili in eterno, della città della Lanterna. Un fatto in particolare mi ha spinto a scrivere un pezzo del genere. Il 13 gennaio 1999, giorno dei funerali del cantautore, sulla sua bara, tra gli altri oggetti, era presente anche una sciarpa del Genoa. De André ha descritto il capoluogo ligure in maniera memorabile, grazie ad alcuni pezzi tra cui Creuza De Ma o Via del Campo. La sua passione per Genova, però, non poteva non toccare il lato calcistico, visto che il gioco del calcio, nei caruggi, è un vero e proprio stile di vita.