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Metà marzo. Sei giornate alla fine. Questa, poi due settimane di sosta a cavallo di Pasqua, e il rush finale. Con un campionato del genere, ci sono anni in cui arrivi primo quasi annoiandoti. Un vero squadrone quello di mister Serrau, dal portiere alla prima punta. Imperioso, prepotente, a tratti spettacolare, con alcune individualità da categoria superiore. Specie dall’autunno, da quella partita in casa con la Grevigiana rimontata da 0-2 a 3-2 nel secondo tempo. Quella che ti fa prendere definitivamente coscienza che hai un compito ben preciso, inutile sottrarsi. Ma nel tuo girone hai due avversarie verrebbe da dire del cazzo, tignose e dalle sette vite, ma a un’analisi lucida forti e meritevoli: Incisa e Dicomano, da affrontare alla terzultima e penultima giornata. E qui la trama inizia a essere quella dei grandi campionati, terribili e bellissimi allo stesso tempo, perché è vero che si soffre, è vero che si è sempre sull’orlo del baratro, ma in fondo provare questo menu di emozioni è proprio il motivo per cui un malato di calcio fa tutto questo. Per cui assume questa droga.
Nonostante una strenua e forte opposizione da parte di associazioni e personalità di tutto il mondo (da Noam Chomsky a Moni Ovadia), che hanno lanciato una campagna capace di organizzare iniziative di protesta in tutta Italia e non solo (finanche un appello al Papa), alla fine è arrivato anche il giorno della partenza del 101° Giro d’Italia, uno dei più controversi, se non il più controverso, almeno nelle premesse.
Perché, è inutile girarci intorno, la scelta di fare partire la “Corsa Rosa” da Gerusalemme (Ovest) in concomitanza col settantesimo anniversario della fondazione dello Stato d’Israele, con buona pace degli organizzatori e delle loro dichiarazioni di facciata, ha un grosso portato sia simbolico che politico, tutt’altro che neutro, e anche la scusa di voler rendere omaggio a Gino Bartali (dichiarato “Giusto tra le nazioni” nel 2013 e appena insignito di cittadinanza onoraria israeliana) che durante la Guerra Mondiale salvò circa 800 ebrei risulta fallace, altrimenti sarebbe bastato che almeno una tappa di questa edizione della corsa transitasse dalla Toscana, terra natale del ciclista.
Il 25 aprile appena trascorso, per il calcio dilettantistico laziale, è stato un turno di campionato in piena regola. Una scelta che lascia spazio a qualche dubbio: se da un lato a livello logistico un mercoledì festivo suggerisce un perfetto turno infrasettimanale, resta però il fatto che per una parte consistente di questo paese si tratta una festa estremamente importante e sentita, che si preferisce passare svolgendo altre attività, più o meno militanti. Sicuramente di questo pezzo di paese fanno parte i progetti di calcio popolare, ma tant’è, c’è poco da fare e si scende in campo. A pochi metri di distanza l’una dall’altra, vista l’ubicazione dei campi, Atletico San Lorenzo e Villa Gordiani giocano entrambe in casa, e nonostante che per andare da un impianto all’altro sia necessario un “giro largo” che fa perdere diversi minuti, diventa possibile una sorta di “doppia cronaca”.
La selezione venezuelana di pugilato di solito brilla nei Giochi centroamericani e caraibici, ma le sanzioni guidate dagli Stati Uniti hanno negato loro l'opportunità quest'anno.
Quindici pugili venezuelani non sono stati in grado di raggiungere gli spareggi dei Giochi centroamericani e dei Caraibi del 2018 in Messico a causa di un complotto internazionale guidato dagli Stati Uniti per isolare il paese bolivariano, ferendo la gioventù della nazione.
Le sanzioni, promosse dagli Stati Uniti e dai suoi alleati della "destra del gruppo di Lima", mirano a colpire i leader politici venezuelani, ma in realtà colpiscono l'intera popolazione venezuelana, interrompendo in ultima analisi le opportunità di sviluppo anche in attività non politiche come il pugilato.
Una fonte anonima ha parlato a “Panorama” [tv peruviana ndt], all'inizio di questa settimana, dei problemi che la federazione di pugilato e il governo hanno affrontato nel tentativo di inviare la delegazione in Messico.