Il calcio e la politica, in queste ultime settimane, nonostante si continui...
Nelle scorse recensioni, mi era capitato di elogiare i reminders, quei libri...
La storia di questo paese, nonostante il mito revisionista che non accenna a...
Il nome di Roberto Rundo non è molto conosciuto. È noto probabilmente solo a...
Alberto Ginulfi se n’è andato ed è lutto nel mondo del calcio e della A.S....
La storia è fatta di cicli che si ripetono; sempre e comunque, in ogni...
Il calcio e la politica, in queste ultime settimane, nonostante si continui a dire che sono due ambiti totalmente scollegati tra loro, hanno mostrato di avere più di un punto in comune. Si pensi alla questione palestinese.
Da un lato, il mondo del pallone mainstream, ha voluto rendere omaggio solamente alle vittime del crudele attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso (ma non ha voluto ricordare le migliaia di morti a Gaza sotto le bombe del regime sionista). Dall’altro, invece, sono state numerose le dimostrazioni di appoggio alla popolazione della Striscia con numerose bandiere delle Palestina che sono state fatte sventolare nelle curve di molti paesi, europei e non, durante i match di qualsiasi categoria, da quelli professionistici ai dilettanti.
Due pesi e due misure sono stati usati in questo caso, almeno a parere di chi scrive. Se infatti si è cercato in tutti i modi di far capire a chiunque l’ignobile infamia di Hamas compiuta il 7 ottobre scorso poco si è fatto per far capire a tutti che anche la risposta sionista è stato parecchio oltre le righe e che, con la scusa di difendere la sicurezza di Israele, l’esercito sionista sta compiendo una vera e propria pulizia etnica a Gaza City.
Nelle scorse recensioni, mi era capitato di elogiare i reminders, quei libri fuori catalogo che o si ha la fortuna di avere o ti capitano tra le mani magari su una bancarella o li si cerca a volte pagandoli più del loro costo originario.
Affascinato dalla scoperta della scorsa volta ho tentato la terza via sopradescritta e per una manciata di euro in più mi sono portato a casa il primo lavoro di Roberto Perrone, Zamora. Ma non preoccupatevi compagni, ho visto che la Rai sta per sfornare un film tratto da questo libro e con assoluta certezza si potrà ritrovarlo in qualsiasi libreria a breve. Il libro ha venti anni però, edito nel 2003 da Garzanti Libri, non ha perso brillantezza e attualità. Sì perché è un libro senza tempo, meravigliosamente melanconico ed uggioso, grigio e speranzoso come il protagonista, il Ragionier Vismara.
La mia ricerca è dovuta all’ormai nota malattia maniacale che riservo a tutto quello che puzza di portiere.
Anche qui vita, passione, intrigo esaltazione e depressione si intersecano lasciando al lettore una indecifrabile voglia di capire l’umanità intrinsecamente solitaria che va dal ragioniere e sfocia nel portiere di calcio.
L’odio per il calcio, l’anticonformismo viscerale che si porta dietro Walter Vismara è invidiabile, ma il calcio è valanga che investe la società (è ambientato negli anni ’60) e così che avere un capo al lavoro completamente impazzito per il calcio tanto da sottomettere i propri dipendenti a partite settimanali tra scapoli e ammogliati, fa del nostro Walter un uomo completamente avulso al contesto dove si muove.
Mentre il mondo rotola appresso a una palla che rotola a sua volta, il ragioniere che odia il calcio si trova un giorno e per forza a condividere il suo tempo con la passione altrui per il gioco in questione.
Tutto accompagnato con l’incedere incerto ma manieristico del protagonista e del suo mondo angusto ma ordinato, esemplare senza sbavature.
E più rotola e più si sorprende del suo e dell’altrui coinvolgimento. La vita è una partita di calcio e una partita di calcio è la vita. Alla domanda che ruolo fai? Risponde il portiere perché e l’unico che conosce di nome anche se non ha mai parato una palla in vita sua. Ma lo sente affine, solitario, enigmatico.
Resiste alle tentazioni dell’uniformarsi, cede e poi si rialza quando la vita lo sfida, lui risponde presente.
In questo libro ci sono altre piccole solitudini, altre piccole angosce, ma anche vittorie, rivalse , amore fraterno e filiale è un coacervo di pulsioni, con al fondo il piattume desiderato dal protagonista che suo malgrado si ritrova nel vortice degli eventi. È si un libro di sport e psicologia ma usa il metodo del romanzo per raccontare un pezzo di nevrosi collettiva e personale.
Lo confesso è stato difficile per me scrivere questa recensione perché ho sentito tanto ardore e tanto coinvolgimento per il protagonista e gli altri personaggi principali, come il Cavazzoni, ex portiere campionissimo, eppure fuori dal mondo del calcio per comportamenti che negli anni sessanta qualcuno trovava amorali, eppure sempre dentro la storia, eppure sempre pieno di storie da raccontare.
E poi perché no il finale è un inno alla vita che vale la pena essere vissuta.
In attesa del film che spero non distrugga il libro, per i pochi che lo troveranno auguro una felice lettura.
Daniele Poma
La storia di questo paese, nonostante il mito revisionista che non accenna a sparire degli “italiani brava gente”, è fatta di pochi momenti da ricordare. Uno di questi resta sicuramente, almeno a parere di chi scrive, quello legato al periodo della Resistenza italiana cominciato l’8 settembre 1943, dopo la firma dell’armistizio con le truppe anglo-americane, e conclusosi il 25 aprile 1945.
In questi quasi due anni di lotta contro gli occupanti nazi-fascisti vi sono, a loro volta, alcuni eventi che hanno segnato la storia della Resistenza italiana durante il secondo conflitto mondiale. Uno di questi cominciò, il 28 settembre 1943, presso la Masseria Pagliarone, nel quartiere Vomero di Napoli.
Il nome di Roberto Rundo non è molto conosciuto. È noto probabilmente solo a chi si interessa di antifascismo e arti marziali.
Atleta di MMA, sportivo, imprenditore, youtuber, propagandista, Rundo è soprattutto il fondatore del Rise Above Movement, sulla carta un gruppo alt-right fondato per esportare le pratiche della destra identitaria europea negli States, in pratica un gruppuscolo fascista e neo-nazista che usa la violenza politica come mezzo per fare proseliti. Qualcosa che resta sospeso fra l’organizzazione politica e una gang, che pratica la violenza di strada e lo scontro fisico, sfruttando gli sport da combattimento come mezzo di attrazione e propaganda.