A poche ore dalla proclamazione del futuro o della futura presidente degli...
Lo sport popolare si distingue dalle forme sportive istituzionalizzate e...
Insegnando italiano in una scuola media, tendenzialmente ci tengo affinché...
Rinunciare al denaro fa sempre notizia, specie quando lo si fa in nome della...
Per l’undicesima stagione consecutiva il calcio maschile dell’ASD Atletico...
Il prossimo 7 ottobre sarà passato un anno dall’inizio della guerra a Gaza...
A poche ore dalla proclamazione del futuro o della futura presidente degli USA, con le elezioni americane che entrano nell’ultimo miglio, sembra utile riflettere su un aspetto peculiare della campagna elettorale di Trump: quello relativo al ruolo degli sport da combattimento. Una riflessione che su queste pagine proviamo a portare avantialmeno dal 2019.
Lo sport popolare si distingue dalle forme sportive istituzionalizzate e commercializzate per la sua vocazione sociale e comunitaria. A differenza dello sport professionistico, il focus principale non è la competizione o il profitto, ma la partecipazione dal basso, la promozione di valori come la solidarietà, l’inclusione e l’uguaglianza. In contesti urbani o periferici, lo sport popolare rappresenta un’alternativa alle logiche dell’individualismo e della mercificazione presenti nel mondo sportivo mainstream. Questi movimenti spesso si presentano come risposta alla crescente privatizzazione dello sport e alla sua subordinazione alle logiche del mercato. In questo articolo, dopo una breve introduzione di come si articola lo sport popolare sui territori e che funzioni svolge, passerò a illustrarvi la prima, delle quattro realtà scelte per questo reportage: A.S.D Football Livorno.
Insegnando italiano in una scuola media, tendenzialmente ci tengo affinché ogni tematica venga argomentata in maniera meticolosa, quasi maniacale; eppure, alla classica domanda “Perché leggere questo libro?” non mi viene in mente nessuna risposta più esaustiva di “Perché è davvero figo, da qualsiasi angolazione lo si voglia vedere!”.
Rinunciare al denaro fa sempre notizia, specie quando lo si fa in nome della morale.
Se uno come Ole Saeter centravanti di peso del Rosenborg ha declinato l’offerta di 850 mila euro dal Maccabi Haifa, il minimo che si può fare è dedicargli un plauso per essere andato controcorrente.
Le ragioni del rifiuto dell’attaccante norvegese classe 1996 al suo trasferimento in Israele non sono però ascrivibili alla proposta economica del club: “Anche se mi offrissero 500 milioni, non mi unirei comunque a un club israeliano” ha dichiarato Saeter. Parole forti in un mondo, come quello del pallone, che ha visto chiudere gli occhi a molti atleti davanti a ingaggi faraonici.