Al giorno d’oggi pensare al Bayern Monaco porta inevitabilmente a...
Il 22 febbraio 1980 veniva ucciso Valerio Verbano, giovane militante...
Dopo la storia dello Spartak Mosca, continuiamo con le recensioni in salsa...
Il nuovo campione italiano dei supergallo si chiama Jonathan Sannino, ha 28...
L'anniversario delle foibe, probabilmente il principale caso di revisionismo...
Pubblichiamo la seconda e ultima parte dell'articolo uscito sul sito...
Al giorno d’oggi pensare al Bayern Monaco porta inevitabilmente a focalizzarci su una storia farcita di trionfi: alla cannibalizzazione della Bundesliga, a cui siamo ormai abituati da tempo, fa eco una stagione memorabile che ha portato i bavaresi sul tetto del mondo giusto qualche settimana fa a coronamento di un magic moment che ha portato nella bacheca dei biancorossi sei titoli negli ultimi sette mesi.
Tuttavia, per quanto si tratti del club più blasonato della Germania e di uno dei top-team mondiali, ci sono alcune pagine della sua storia che sembrano avvolte nel mistero se non volutamente dimenticate, non per questioni direttamente riconducibili a dinamiche di campo, ma per questioni “morali”.
Il 22 febbraio 1980 veniva ucciso Valerio Verbano, giovane militante dell'Autonomia Operaia. Questo ragazzo di neanche 19 anni, che avrebbe compiuto il 25 febbraio seguente, fu freddato da un colpo di pistola alla schiena nella sua casa di via Monte Bianco 114, nel quartiere Montesacro di Roma. Per quanto tuttora manchi una verità giudiziaria, si è sempre parlato a ragione di un vero e proprio omicidio pianificato di sicura matrice fascista, riconducibile ad appartenenti alla galassia neofascista capitolina del tempo. Valerio infatti, per riprendere le parole del padre Sardo, era un “loro nemico giurato” che militava a tempo pieno nell'ambito antifascista militante romano. Purtroppo, però, non si riuscì mai a dare una vera svolta alle indagini. Difatti ancora oggi, a più di 40 anni di distanza da quel giorno, non è stato trovato un vero e chiaro colpevole per quell'omicidio.
Dopo la storia dello Spartak Mosca, continuiamo con le recensioni in salsa sovietica anche per questo 2021. Lo sportivo che celebriamo è nientemeno che uno dei più grandi calciatori russi di tutti i tempi, il mitico “ragno nero”, Lev Ivanovìch Jasin.
In vita mia sono sempre rifuggito dalle assolutizzazioni, cercando di smarcarmi dal tipo di frase: “tizio è stato il più forte di sempre, caio è il migliore di tutti i tempi”, mi sfuggono i parametri e i numeri (che per carità ci sono e sono consultabili) rispetto alle emozioni e ai contesti che li rendono tali.
L’unica eccezione è forse Diego Armando Maradona, coacervo di numeri e sentimenti, ma anche qui non mi sento di contestare chi ha eletto a suo Dio qualcun altro che non sia proprio lui, D10s.
Anche su Jasin non mi sento di crocifiggere qualcuno in caso non lo si consideri il più forte di sempre, ci mancherebbe, ma in questo articolo spero di riuscire a dipanare qualche dubbio sulla sua figura, aggiungendo qualche considerazione personale che aiuti la comprensione dell’unico portiere che ha vinto il pallone d’oro.
Il nuovo campione italiano dei supergallo si chiama Jonathan Sannino, ha 28 anni e “T-34” è il suo soprannome sul ring. Un omaggio all’invincibile mezzo corazzato dell’Armata Rossa ma anche una dichiarazione di intenti esplicita, vista la determinazione con cui avanza sul quadrato.
Questo T-34 labronico ha conquistato con i suoi cingolati – a testa bassa e senza fretta – il suo giorno di gloria, grazie al passo incessante di chi crede fermamente nelle proprie risorse. Venerdì 12 febbraio nella cornice del Pala Cosmelli ha finalmente alzato le braccia al cielo con rabbia e orgoglio, dopo aver sconfitto per ko tecnico alla sesta ripresa il romano Giovanni Tagliola, in un incontro caparbio affrontato con il piglio del pugile maturo.