Nonostante tutti gli sforzi, è sicuramente innegabile che la Coppa d'Africa non abbia lo stesso appeal delle omologhe competizioni di Europa e Sud America e non potrebbe essere altrimenti. Da un lato per quella atavica disorganizzazione che attanaglia il continente nero, soprattutto se alle prese coi grandi eventi in cui, tanto per fare un esempio, è possibile dimenticarsi la chiavetta coi file degli inni nazionali delle squadre che avrebbero inaugurato il torneo (quindi anche la formazione di casa), e dall'altra perché, almeno fino a pochi decenni fa, le uniche squadre africane che riuscivamo a vedere e conoscere erano quelle qualificate ai mondiali e al pari di quelle asiatiche (salvo rare eccezioni) erano destinate al ruolo di cenerentole dei propri gironi, ma a differenza delle altre riuscivano ad accalappiarsi maggiori simpatie.
Nei primi anni del 2000, la crisi economica e l’instabilità sociale nella Russia di Vladimir Putin hanno dato vita a un’epidemia di violenza contro le persone di colore perpetrata da gruppi fascisti/neo-nazisti e dai loro sostenitori. Uno sviluppo parallelo si è verificato nell’Europa dell’est. Secondo le organizzazioni dei diritti umani russe, dal 2004 al 2015 approssimativamente 527 persone sono state uccise in Russia nella “violenza razzista e neo-nazista”, oltre ai più di 3000 pestaggi che hanno spesso lasciato le loro vittime sfregiate e storpie. Effettivamente, la violenza quotidiana contro stranieri e omosessuali è talmente comune da non poter essere misurata accuratamente. Come i fascisti di ogni luogo, i fascisti russi sono codardi: la maggior parte degli attacchi sono commessi da gang o gruppi contro vittime sole, inclusi anziani e bambini. I fascisti russi sono soliti riprendere i loro attacchi e postarli su internet, per fare proseliti e “mandare un messaggio”. Durante un’intervista per la televisione australiana, un portavoce di una grande organizzazione fascista ha difeso gli attacchi ai bambini: “Così è come facciamo le cose…In futuro sarebbe diventato un terrorista o un nemico. O nel caso di una ragazza, avrebbe dato vita ad altri nemici.”
La Milano dello sport popolare, in vista del decennale del Mediterraneo Antirazzista, ha organizzato un campionato di calcio popolare a 7. Una forte novità per Milano e, forse, per molte città; un torneo con un appuntamento mensile ed itinerante, 18 squadre che animano le varie zone della città che in quella giornata “accolgono” il torneo. Si è giunti ormai alla IV giornata di campionato, e la carovana di circa 250 persone tra giocatori, accompagnatori e curiosi, ha già fatto tappa a Monza, presso il Foa Boccaccio, a Segrate, grazie all’impegno del CSOA Baraonda e nello storico quartiere del Giambellino, che oggi è uno dei quartieri milanesi che più di altri è riuscito ad organizzare una lotta contro gli sfratti. La prossima giornata di campionato si terrà domenica 29 gennaio, e ad “ospitare” saranno Zam, centro sociale milanese, in collaborazione con l’associazione di volontariato Naga, che si occupa di assistenza a rom e migranti.
Il prossimo fine settimana ricominciano i campionati, ed è giunto il momento per fermarsi un attimo ad analizzare l'andamento dei nostri beniamini, perché il risultato sul campo, per quanto non debba mai diventare un'ossessione, è comunque una parte fondamentale degli obiettivi di chi fa sport. Nella maggior parte dei casi questa sarà un'analisi di metà campionato o poco meno, salvo alcuni gironi di Terza Categoria che sono un po' più indietro, e quindi siamo già in grado di intravedere in modo chiaro quelli che possono essere gli obiettivi stagionali.