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Il prossimo 7 ottobre sarà passato un anno dall’inizio della guerra a Gaza condotta dal governo di Tel Aviv. L’operazione dell’esercito sionista, che sta attuando un vero e proprio genocidio, non ha risparmiato niente e nessuno.
Oltre ai più di 40 mila morti palestinesi lasciati sul campo, i soldati israeliani stanno distruggendo anche numerose strutture fondamentali per una sopravvivenza della popolazione di Gaza e della Cisgiordania. Dalle condutture per l’approvvigionamento dell’acqua potabile fino alle autostrade, passando per gli ospedali che così non hanno la possibilità di prestare soccorso ai numerosi civili feriti, la terra di Palestina sta subendo una vera e propria distruzione a 360 gradi.
L’uscita di scena è cinematografica. Il palazzetto che esplode e Mijaín López Núñez al centro della materassina che si toglie le scarpe e si inginocchia commosso.
Il gesto emblematico ha un significato: l’atleta cubano di lotta greco-romana si ritira dalle competizioni. Ma lo fa dopo aver scritto la storia ed essersi aggiudicato il quinto oro individuale in cinque edizioni olimpiche. Pechino e Londra nei 120 kg e Rio, Tokyo e Parigi nei 130 kg.
Mai nessun atleta, in nessuna disciplina sportiva, era riuscito in un’impresa simile. E farlo a 41 anni nella lotta – una delle specialità più usuranti e dure da un punto di vista fisico, dove esplosività ed età anagrafica sono un fattore determinante – rende tutto ancora più incredibile ed epico.
Tutto è cominciato con la cerimonia di apertura. Con la follia e le accuse di blasfemia. Poi è stato il turno dei messaggi subliminali sui costumi delle nuotatrici che si sono rivelati fotomontaggi. Ora l’esplosione della “questione gender”, che altro non è che delirio trans-omofobico di proporzioni gigantesche. Una grande confusione sotto il cielo che si dimostra perfetto terreno di coltura per la più becera propaganda.
Ad alzare i toni della polemica, a fare rumore, account social di politici e giornalisti di area conservatrice e di estrema destra, soprattutto statunitensi, che sembrano scaldare i motori in una prova generale per l’assalto trumpiano alla Casa Bianca. Poi la solita tempesta perfetta: bufale che circolano per giorni sottotraccia, fino a diffondersi, per poi gonfiarsi ed esplodere senza controllo. Un meccanismo studiato ad arte che si ripete da anni e che ben conosce chi si occupa di questione migratoria.
“Julien ci ha lasciato ieri. Siamo devastati...”. È un post laconico quello della Brigada Flores Magon. Cui segue poco dopo Le Saint Sauveur, famoso bar-ritrovo della Parigi antifascista a Ménilmontant: “Julien ci ha lasciato ieri. Non abbiamo parole...”.
E il Julien in questione è Julien Terzics, fondatore del locale, batterista della Brigada, storico compagno e membro dei Red Warriors, una delle crew antifasciste più iconiche di tutti i tempi.
Una scomparsa che sembra uno scherzo beffardo del destino in una settimana cruciale per la Francia, con il Rassemblement National – la nuova veste “socialmente” accettabile del Front National – primo partito del paese, ma purtroppo non lo è.