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La crisi economica greca e le misure di rara brutalità che ha portato con sé hanno gravemente degradato le condizioni di vita degli sfruttati del Paese. Hanno anche amplificato il pubblico dei discorsi nazionalisti. Gli stadi di calcio sono, come sappiamo, le principali aree di espressione per sciovinismo e xenofobia. L’esaltazione dell’orgoglio patriottico è spesso nascosta dietro lo schermo della cosiddetta apoliticità dello sport. Il partito neonazista di Alba Dorata è stato in grado di beneficiarne, investendo sul supporto alla squadra nazionale nei primi anni 2000.
Sin dall’alba delle civiltà, quello delle immagini “sacre” è sempre stato un terreno delicato in cui addentrarsi con particolare cautela per evitare degenerazioni che non si poteva mai sapere come si sarebbero concluse, a maggior ragione da quando siamo entrati nell’era dell’onnipotenza del dio denaro e del mercato quale forza predominante.
Certo, i tempi dell’iconoclastia sono lontanissimi, ma il rapporto tra il mondo del marketing e il patrimonio simbolico popolare continua a restare contraddistinto da quella conflittualità che pone di fronte le ragioni del cuore a quelle del mercato ed è ormai dotato di una casistica a dir poco sterminata.
«Nun le manna a di’». Così si direbbe in dialetto romanesco di Michael Conlan, pugile professionista nato a Belfast classe ’91, campione fin da dilettante. Nel suo palmares ci sono un bronzo olimpico a Londra 2012 (cat. 52 kg), argento agli europei del 2013 a Minsk (cat. 52 kg), oro nei campionati del Commonwealth nel 2014 a Glasgow (cat. 56 kg), oro agli europei di Samokov nel 2015 (cat. 56 kg), oro ai campionati mondiali a Doha nel 2015 (cat. 56 kg). Insomma un piccolo fenomeno.
Lo sport popolare, da sempre, si riferisce a tre capisaldi ben definiti: antifascismo, antisessismo e antirazzismo. Essi sono alla base di qualsiasi realtà di tale ambito in qualunque posto essa prenda vita: dal Piemonte alla Sicilia, dal Friuli Venezia Giulia alla Calabria. Con lo sport popolare si cerca anche, fin dove possibile, di dare l'opportunità di svolgere attività agonistica a chiunque. Tutto questo è possibile grazie a ideali e pratiche che cercano di contrastare quelle logiche di mercato dove a farla da padroni sono sempre il guadagno e il dio denaro.
Esattamente un mese fa, era il 19 febbraio scorso, è nata una nuova realtà di sport popolare a Torino: l'ASD Aurora Vanchiglia. Questa, oltre che permettere a chiunque di praticare sport, nasce con l'idea di far riavvicinare due quartieri storici del capoluogo piemontese: Vanchiglia e Aurora. Questi quartieri, nel corso del tempo, hanno dovuto affrontare problemi sociali molto diversi tra loro: ad esempio quelli dell'integrazione, degli sfratti, oppure quello della gentrificazione. Pochi giorni fa siamo riusciti a contattare gli stessi ragazzi che hanno dato il via a questo nuovo progetto e gli abbiamo chiesto di scriverci una piccola presentazione al riguardo, che trovate proprio qui a seguire.