Nel mondo sportivo attuale la differenza tra ambito maschile e ambito...
Giovedì scorso, 30 maggio 2025, cadeva la ricorrenza del 600° giorno di...
Da circa 600 giorni la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, che insieme...
Poche settimane fa in Italia si è festeggiato l’ottantesimo anniversario...
“Dove prima si vendeva la droga, oggi si spacciano libri”. È questo...
Se tutto è politica, ricevere Conor McGregor alla Casa Bianca nel giorno di...
Fino a pochissimi anni fa, sarebbe stata davvero una partita da bollino rosso. L’Atletico San Lorenzo domenica scorsa alle 17 andava per la prima volta a far visita alla Pro Appio, al campo della Certosa. Già, la Pro Appio, la squadra di “calcio popolare” di Casapound, gli scimmiottatori per eccellenza. Per anni è stata ben nota, e del resto sempre apertamente rivendicata, la presenza sugli spalti di militanti del movimento neofascista riuniti nel gruppo Viarium Crew, e in rete si possono trovare foto ma anche interviste in cui i militanti del progetto raccontano le loro attività. Del resto non è certo un mistero che Casapound investa molto in attività sociali, e tra queste nello sport, pensiamo al mondo delle palestre, ma anche al paracadutismo o all’escursionismo. Anzi, in questo caso si può dire che sia una piacevole sorpresa poter parlare di fallimento del progetto.
Provare solo a immaginare una storia delle arti marziali in Unione Sovietica potrebbe sembrare un progetto troppo ambizioso. Ancora poca studiato e sistematizzato, il sistema sportivo sovietico rimane un oggetto non identificato, ancor di più il comparto relativo alle arti marziali e agli sport da combattimento, già di per sé marginale. Anche dopo la caduta della cortina di ferro, il binomio sport e socialismo reale rimane confinato nelle “riserve accademiche” in madrepatria come nei paesi anglosassoni e in Europa, eletto al massimo a curiosità da appassionati o da “smanettoni” ossessionati dai forum di arti marziali. Tuttavia un tentativo parziale, in grado almeno di individuare alcuni passaggi fondamentali, utili per abbozzare qualcosa che somigli a una breve storia delle arti marziali nel paese del socialismo, non è un’operazione impossibile.
Lo avevamo già visto con altre formazioni autogestite e autofinanziate, ad esempio Quartograd e Brutium Cosenza: il campionato di Promozione inizia a essere un banco di prova davvero impegnativo, sia a livello di gestione societaria che a livello tecnico-tattico. Anche laddove ci si è arrivati con trionfali cavalcate, qualche battuta d’arresto in questi anni ha sempre costretto a conciliare i sogni con la dura realtà fatta di tante compagini forti e competitive, oltre che mediamente molto più ricche. Non ha fatto eccezione, per il momento, l’impatto con la categoria del Lebowski: se dal punto di vista finanziario e dell’assetto societario non vi sono problemi particolari, anche se si lavora con bilanci più magri rispetto a praticamente tutte le concorrenti, il campo ha riservato qualche rovescio ai ragazzi di Serrau, per quanto abbiano dimostrato un livello altissimo e sul piano del gioco finora non siano mai stati inferiori agli avversari. Del resto la squadra, rispetto alla scorsa trionfale stagione, si è sensibilmente rinforzata con gli arrivi, tutti dalla Serie D, del difensore centrale Rustioni, del giovanissimo centrale di centrocampo Fornai ma soprattutto di Diego Cubillos, autentico asso del calcio dilettantistico toscano, e non solo, durante almeno gli ultimi dieci anni. Inoltre si stanno affacciando alla prima squadra varie promesse provenienti dal vivaio. Ci ha pensato la sfortuna a compensare in parte questo rafforzamento: il tendine d’Achille di Michele Montuschi, trequartista di lusso, uno dei migliori dello scorso anno, ha fatto crac prima ancora che iniziasse il campionato, costringendolo a saltare di netto la stagione. Nelle prime giornate sono mancate anche le due possibili punte centrali, Vargas per un infortunio muscolare e Ferravante fermo ormai da mesi. Entrambi sono rientrati nelle ultimissime partite, la forma migliore è ancora da ritrovare ma sono elementi inestimabili.
Trentatré anni dopo la caduta del regime, lo spettro della dittatura militare aleggia nuovamente sul Brasile, dove i cittadini andranno alle urne il 7 ottobre per eleggere il loro nuovo presidente. Questo spettro ha una faccia, un nome - Jair Bolsonaro - e già un soprannome, il “Trump brasiliano". Soprannome meritato e non poco per quest’uomo cresciuto nell’esercito, le cui intenzioni di voto (circa il 32%) hanno contribuito notevolmente all'aumento del 140% del valore delle azioni del maggior produttore nazionale di armi da fuoco Forjas Taurus alla fine di settembre.
Pro-armi (sebbene sia stato oggetto di un attentato il 7 settembre), ma anche omofobo, razzista, misogino, ai confini del negazionismo (“non ci fu alcun colpo di stato nel 1964”, dichiarò alla TV Cultura), Bolsonaro spaventa le classi popolari allo stesso modo di come seduce certe élite, tra cui quella dei calciatori professionisti. Secondo un sondaggio condotto da UOL, il candidato del Partito Social Liberal (PSL) riceve il 20,72% di opinioni favorevoli all'interno della casta, 15 punti in più rispetto a Lula, a cui comunque è vietato concorrere. Supporto che sta prendendo forma da oltre un anno sulla rete e nello spazio mediatico.