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Negli anni ’80 la Gran Bretagna fu l’epicentro di una rivoluzione – o semmai involuzione – neoliberista che portò alla disgregazione di moltissime forme di comunità, politiche e non, che sino a quel momento avevano sostenuto una pace sociale divenuta modello in tutto l’occidente. Spesso idealizzata, quella Gran Bretagna era comunque un paese fortemente razzista. Nelle istituzioni del calcio mondiale, nessuno rappresentava meglio queste contraddizioni del presidente della FIFA Stanley Rous, deposto nel 1974, quando la sua vicinanza al regime dell’apartheid Sudafricano diventò politicamente sconveniente. Fu proprio negli anni ’70 che negli stadi britannici cominciavano a emergere i primi gruppi hooligans organizzati.
Parafrasando la celebre canzone dei Duap Pugni, risse e dignità, l’intervista che segue ha al centro Pugni, incontri e Mma. Sport Popolare ha il piacere di fare quattro chiacchiere con Giovanni Rufino, atleta di MMA della nazionale italiana, skin e compagno attivo nei movimenti a Roma.
Ecco perché non mancano riferimenti a chitarre distorte, camicie a scacchi e boots. Ma più in generale c’è una riflessione del rapporto fra sottocultura, “compagneria” e arti marziali. Insomma tanto sport, due risate e qualche considerazione più seria.
Nello scorso articolo siamo entrati dentro la struttura del calcio sovietico. Con il pezzo di oggi, invece, guardiamo alcune squadre che, più di tutte, hanno rappresentato in maniera pratica il concetto di socialismo sportivo.
Lo Spartak Mosca è una squadra che nacque totalmente in controtendenza con la prassi delle squadre sovietiche del tempo, cioè quelle per ferrovieri, per i reparti di polizia e quelle dell’esercito che davano nomi come Dinamo, Lokomotiv o CSKA, anzi, qui siamo proprio su un livello opposto perché lo Spartak (Spartaco) Mosca era proprio la squadra per antonomasia degli operai e delle operaie. Raccoglieva la maggior parte del proletariato russo e vide luce nel 1922 come società sportiva del sindacato operaio sovietico che si richiamava a Spartaco, lo schiavo romano che si ribellò guidando una rivolta in nome della libertà. Già da questo particolare si può comprendere la forza simbolica che esercitava questa squadra di calcio sul popolo russo. Il nome Spartak venne proposto dal fondatore del club Nikolaj Petrovič Starostin, autentica leggenda del mondo calcistico russo e con una storia particolare alle spalle. Sulla sua storia vale la pena soffermarsi qualche minuto. Starostin era figlio di un guardaboschi dello zar Nicola II e crebbe nel quartiere moscovita di Krasnaja Presnja, fin da giovane si appassionò al calcio diventando uno dei giocatori più riconosciuti nell’Urss degli anni trenta e con i fratelli fondò, appunto, lo Spartak Mosca, squadra alla quale dedicherà tutta la sua carriera. Lo Spartak riuscì a vincere molti titoli in un periodo dove la compagine da battere era la Dinamo Mosca, squadra del Ministero dell’Interno allora presieduto da Lavrentij Berija. Con lo scoppiò della “grandi purghe staliniste” anche il nome di Starostin finì sulla lista nera del ministro Berija, alcuni dicono addirittura che i due ebbero dissapori molto accesi e nel 1940 finì in un Gulag con l’accusa di cospirazione contro lo Stato. Trascorse 10 anni nel campo di prigionia, poi, su pressione del figlio di Stalin, Vassilij Dzugasvili, venne liberato e gli venne affidata la gestione della squadra dell’aviazione sovietica: la VVS MOSCA. Purtroppo la sua strada incrociò nuovamente quella di Berija finendo nuovamente prigioniero in Siberia e in questa sua seconda fase di reclusione, durata un paio di anni, allenò i kazaki del Kairat. Una volta caduto lo stalinismo venne riabilitato da Krusciov e gli venne restituito l’ordine Lenin che gli era stato tolto ingiustamente durante le purghe staliniste.
Il 14 luglio 1789, con la presa della Bastiglia a Parigi da parte della popolazione, iniziava ufficialmente quell’evento passato alla storia come Rivoluzione Francese. Un fatto che cambiò radicalmente la storia dell’intera umanità visto che, per la prima volta, ci si ribellava al potere assoluto di un re.
Questo senso di diritti e libertà ha, da allora, caratterizzato in numerose occasioni il popolo della terra d’Oltralpe che, al minimo tentativo di cambiamento di alcuni dei suoi diritti fondamentali, scende in piazza per protestare e far sentire la propria voce. In queste ultime settimane, non a caso, la Francia è attraversata da una serie di manifestazioni per un cambiamento molto importante nei diritti dei lavoratori locali.
L’attuale presidente della repubblica francese, Emmanuel Jean-Michel Frédéric Macron, ha infatti attuato una riforma delle pensioni. Con questa riforma l’età pensionabile si alza dai 62 anni attuali di media ai 64 e, soprattutto, colpisce le fasce più deboli della popolazione che, la maggior parte delle volte, sono costrette a fare i lavori più usuranti (ad esempio coloro che puliscono le fogne cittadine della capitale Parigi).