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Le avevamo lasciate trionfanti dopo lo sfavillante 7-2 della prima partita del gironcino dei playoff. Nella trasferta nelle vicinanze di Rieti bastava non perdere per accedere alle semifinali, ma comunque per sicurezza si è vinto 3-2, arrivando in piena fiducia al rush finale che può valere la promozione in Serie C. Le ritroviamo quindi in semifinale, in campo neutro a pochi metri dall’area militare del parco di Centocelle, dal lato che guarda verso il Quadraro. Avversarie le ragazze del Progetto Futsal, già affrontate nella regular season, e classificatesi ben 10 punti sopra le rossoblu. Ma l’Atletico durante la stagione ha avuto una crescita dirompente, è la squadra del momento, la fiducia è al massimo, fare risultato è più che possibile.
Sta davvero arrivando il Mondiale, e sta davvero arrivando senza che l’Italia partecipi, per la prima volta nella vita della maggior parte della popolazione, visto che sono 60 anni giusti giusti dal 1958. Mondiali che si disputarono in Svezia, vedi tu il caso beffardo. Ma non si può essere certo così provinciali e nazionalisti da perdere interesse per una competizione simile solo per l’assenza della propria nazionale, ammesso che la si sostenga. E quindi prepariamoci a seguire la kermesse per eccellenza, che unisce il suo indiscutibile fascino al fatto di essere per sua natura ricettacolo anche di molti dei mali del calcio: gli interessi economici, la politica di potenza delle superpotenze calcistiche, la predilezione per il tifoso-spettatore, cui al massimo è concesso di dipingersi la faccia o mettere abiti stravaganti, quindi sostanzialmente di fare la macchietta più che il supporter.
C’è una squadra di calcio popolare che non subisce sconfitte da due anni e che il prossimo anno disputerà il Campionato di Prima Categoria siciliana, e questa squadra è il Genio.
Martedì in un post sbornia emozionale abbiamo incontrato nel loro pub di riferimento i soci fondatori del Genio di Palermo, facce stanche ma segnate da una gioia incontenibile.
Iniziamo una lunga chiacchierata su temi che ci stanno a cuore e sulla storia della società.
“Il nostro primo post su Facebook di chiamata per le selezioni dei calciatori fu goliardico, blasfemo, includente , in realtà volevamo tutto fuorché dei giocatori veri” così esordisce uno dei soci, Gabriele.
Pensavano di essere solo un gruppo sparuto quel giorno, e invece si sono presentati circa 50 aspiranti calciatori, primo giorno di costruzione di una squadra che risulterà invincibile sul campo.
Il triplice fischio finale dell’arbitro svedese, il signor Erik Friedriksson, sancisce la fine della partita. Oltre 120 minuti di gioco, fra tempi regolamentari e supplementari, non sono bastati per decretare la squadra vincitrice della Coppa dei Campioni.
È il 30 Maggio 1984, le statistiche ufficiali parlano di circa 70.000 persone che gremiscono gli spalti dello Stadio Olimpico di Roma. La realtà è che in quello stadio le persone sono molte di più, la capienza massima è superata ampiamente, le tribune e le curve sono stipate oltre l’inverosimile. La città è ferma, come ipnotizzata, dal 25 aprile di quello stesso anno quando la Roma, battendo 3 a 0 il Dundee Utd e ribaltando così lo 0-2 dell’andata, ottiene il “pass” per giocare la finale della Coppa più importante al livello di club, per di più nel suo stadio.