Negli ultimi giorni si è svolto l'ennesimo capitolo della saga delle “uscite” razziste e fasciste cui tranquillamente si lasciano andare personaggi stimati e rispettati del calcio nostrano. Arrigo Sacchi, colui che fece grande il Milan di Berlusconi nei primi anni '90, e un po' meno grande la nazionale, oggi assiduo frequentatore dei salotti televisivi, ha detto la sua sulla situazione dei settori giovanili italiani sostenendo che questi sono “troppo pieni di giocatori di colore”.
Difficile tentare di scusarsi dicendo di voler difendere i giovani calciatori italiani da una concorrenza troppo agguerrita: in tal caso avrebbe potuto dire che ci sono troppi “stranieri”, affermazione già scivolosa ma sulla quale si potrebbe discutere civilmente. Ma non si vede certo il motivo per cui uno straniero “di colore” dovrebbe minacciare maggiormente i vivai italiani rispetto a uno bianco di carnagione, o meticcio sudamericano. A meno che, ovviamente, non si sia razzisti. A gettare ulteriore benzina sul fuoco è arrivato un esimio collega, l'allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti, che nell'intervista del dopo partita contro lo Schalke 04, vedendo che in studio c'era proprio l'amico Sacchi, ha pensato bene di portargli la propria solidarietà dedicandogli niente meno che la frase “molti nemici molto onore” di mussoliniana memoria. Come sempre accade in questi casi, è scattata immediatamente la corsa alla smentita e alla precisazione, grande lascito all'umanità di vent'anni di Berlusconi al governo: prima la sparo grossa, poi smentisco o almeno minimizzo, tanto si passerà oltre e presto si dimenticherà. La cosa brutta è che con gli italiani questo schema di comportamento funziona alla perfezione: il razzista e il fascista si esaltano, tutti gli altri archiviano e dimenticano in un attimo, con l'aiuto dei giornali che relegano queste pesanti affermazioni allo status di simpatiche boutades, magari un po' eccessive. I casi che si potrebbero citare, limitandosi solo al mondo del calcio, sono numerosi: come non ricordare le varie esternazioni di Buffon, dalla maglia numero 88 alla maglietta con scritto “boia chi molla”, fino al riferimento in un'intervista a piazzale Loreto come esempio negativo di giustizia sommaria. Cannavaro quando giocava nel Real Madrid festeggiò lo scudetto in campo raccogliendo da un tifoso, e sventolando a lungo, un tricolore con in mezzo il fascio littorio. Entrambi erano presenti sul bus dell'Italia campione del mondo su cui campeggiava uno striscione con scritto “fieri di essere italiani” e firmato con la croce celtica. Per giustificare questi gesti entrambi hanno fatto ricorso all'ignoranza: non ho visto quel simbolo, oppure non ne conoscevo il significato politico. Insomma, neanche la faccia tosta di un Di Canio o di un Abbiati, che la loro appartenenza fascista la rivendicano appieno.
Qui non ci interessa tanto distribuire “patenti di fascismo”, del resto Ancelotti non è propriamente fascista e la citazione originale è effettivamente di Giulio Cesare come il mister ha detto a propria giustificazione. Certo, a renderla nota alle nostre latitudini è stato soprattutto Mussolini, e una frase del genere detta proprio a supporto di un personaggio appena accusato di razzismo suona quanto meno maliziosa. Ma la cosa che fa più riflettere e arrabbiare è senza dubbio il trattamento benevolo riservato a simili affermazioni dal nostro apparato mediatico e repressivo, specie se confrontato con altre prese di posizioni politiche duramente stigmatizzate. Basti pensare ai fatti di Torino-Athletic Bilbao, in cui una bandiera No Tav esposta nel settore ospiti ha scatenato minacce di denunce e diffide e totale censura televisiva; oppure alle squalifiche per giocatori che hanno mostrato magliette in sostegno a Speziale o più in generale per la libertà degli ultras. Razzismo e fascismo non vengono invece considerati minacciosi per l'ordine pubblico e l'immagine del nostro calcio, tanto che Tavecchio è stato comunque eletto presidente federale nonostante la sua uscita sui “calciatori che fino all'anno prima mangiavano banane” fosse degna di un Borghezio ubriaco, e l'accoppiata Sacchi-Ancelotti se l'è cavata con una figura da simpatici buontemponi. Per beccarsi denunce, deferimenti e squalifiche non serve molto, basta chiedere la libertà per un innocente.
Matthias Moretti