Era la prima volta che assistevo a un incontro di rugby, domenica. L'ultima (e unica) volta che ci ero andato vicino, molto vicino, fu quasi per caso: era il febbraio del 2009 e per festeggiare il conseguimento della mia laurea triennale andai in vacanza in Irlanda; la penultima sera del mio soggiorno, scoprii, quasi per caso, che l'indomani si sarebbe giocata la partita Irlanda-Inghilterra valida per il “6 nazioni”. Il giorno successivo, dopo una notte in cui le mie aspettative di assistere a un qualcosa di simile alle vigilie dei match calcistici più caldi, farciti da molta tensione in mezzo alle strade della capitale irlandese e gente che non avrebbe fatto molto per nascondere una reciproca ostilità, erano state frustrate da un coesistenza quantomeno pacifica nelle strade di “Temple Bar” e non solo, scoprii ancora più casualmente che l'ostello in cui avevo alloggiato per tutta la durata del mio viaggio era a non più di un paio di isolati dal leggendario “Croke Park”. Questo stadio, il più grande di Dublino, resta il principale punto di riferimento per gli sport gaelici e giusto un paio di anni prima, nel 2007, era stato aperto anche agli altri sport, compreso l'inglese rugby, e decisi di andare a vedere il clima che si respirava nelle vie circostanti, prima di imbarcarmi sull'aereo di ritorno. La sensazione che ebbi all'immediato ritorno, fu quella di rammarico per aver perso non solo un evento sportivo di caratura internazionale, ma anche una vera e propria festa di popolo e che difficilmente avrei potuto avere un altro impatto così gioviale e “popolare” con uno sport non esattamente nelle mie corde, quale resta tuttora il rugby.
Certamente, il livello agonistico e il blasone delle squadre in campo ieri non sarà stato lo stesso, ma quanto alla partecipazione popolare e alla spensieratezza, posso tranquillamente affermare che il mio debutto sugli spalti della palla ovale non sarebbe potuto essere dei migliori! Tutto merito degli All Reds (e, ovviamente, dei loro supporters) che proprio ieri festeggiavano gli 11 anni di attività, all'interno di un'altra ricorrenza, quella dei 13 anni di occupazione del L.O.A. Acrobax, lo spazio sociale che oltre a essere protagonista delle lotte sociali e a proporre iniziative quotidianamente, ospita al proprio interno il campo da gioco degli All Reds, un'autentica quanto piacevole anomalia all'interno dello sport italiano. Naturalmente, per un evento così importante, non ci si poteva limitare alla semplice partita che sarebbe iniziata alle 14.30: infatti si inizia dalla mattina, coi più piccoli delle formazioni giovanili impegnati in trasferta, ma anche attraverso la condivisione degli spazi dell'ex cinodromo: dall'apertura del mercato “Terra Terra” (cui si deve anche il pranzo sociale), all'assemblea cittadina per il decennale dell'assassinio di Renato Biagetti. Così, senza neanche accorgermene, si era fatto l'orario dell'inizio dell'incontro e con molta curiosità mi sistemavo sugli spalti per vedere che impressione mi avrebbe fatto vedere una partita ufficiale di rugby dal vivo. Il risultato non è mai stato concretamente in discussione e gli All Reds, per l'occasione con la maglia nera, si sono imposti in scioltezza per 33-10 sul Tuscia Rugby davanti a oltre un centinaio di tifosi che dopo una prima frazione più mite, nella ripresa hanno dato vita ad un sostegno caloroso e colorato dai vari fumogeni (naturalmente rossi) accesi, e forse stimolati dai cori dei più piccoli, che per primi hanno suonato la carica ai giocatori in campo.
Infatti la cosa che più mi ha sbalordito è stato il livello di partecipazione dei bambini presenti, non che nelle partite di calcio non ce ne siano, per carità, ma l'idea che ho avuto è che in questo contesto essi fossero non semplici tifosi, ma più “consapevoli”, quasi come se avessero interiorizzato l'intera etica del progetto e la sentissero come un qualcosa di cui anche loro sono i depositari. Sinceramente, nonostante un'esperienza fatta davanti alla TV, nei match più importanti del “6 nazioni” ( o al limite della sua versione “australe”, il “4 nazioni”), non sarei in grado di addentrarmi in una disquisizione tecnica, nonostante la spettacolarità delle mete fosse ineccepibile e il livello dei placcaggi qualcosa che in uno sport come il calcio non è neanche lontanamente ponderato (e che forse proprio per questo mi è piaciuto molto) e che sia stato in grado di riconoscere qualche infrazione, mentre per certo era distinguibile l'agonismo in campo e la rudezza mista alla correttezza dei contrasti e delle mischie. Ma poco importa: a fine partita, dopo essermi complimentato per la vittoria (la quarta in altrettante partite), ho avuto la fortuna di assistere al momento più sacro dell'intero match e quello, forse, su cui avevo più nozioni: il terzo tempo! Qui, infatti come sempre avviene al termine dei match di rugby, i giocatori di entrambe le squadre si sono fermati a mangiare e bere insieme senza nessuna distinzione e tra un brindisi e l'altro ho parlato con vari ragazzi degli All-Reds che ho avuto modo di conoscere e apprezzare nei vari percorsi di lotta espressi a Roma, a dimostrazione che per loro lo sport popolare è un qualcosa che va a prescindere dal mero costo della mensilità, ma bensì un modo di aprire nuove possibilità e modi di stare insieme rifiutando gli stereotipi gerarchici e sessisti che nello sport italiano abbondano, nonché una modalità per “liberare” il tempo, facendo in modo di dare un piccolo ma significativo contributo in quella battaglia generale per riprenderci le nostre vite giornata dopo giornata. A questo proposito devo dire che il lavoro svolto coi bambini (e di conseguenza coi genitori, con cui ci si interfaccia) è davvero encomiabile e ho potuto constatare che dà i suoi frutti, non solo dal punto di vista agonistico, ma anche da quello del ricambio generazionale, il che mi fa supporre con una certa dose di certezza, che ci ritroveremo a raccontare ancora molti compleanni degli All Reds!
Giuseppe Ranieri