“Gioca col cuore! Dai Inter gioca col cuore!”.
L’avrò urlato a squarciagola almeno 100 volte dagli spalti di San Siro, teatro ultratrentennale (anche se oggi le mie sortite sono meno assidue) della mia passione malata per i colori neroblu e per il football. Con quella sensazione di eterna palpitazione mista a brividi, a metà tra il caldo e il freddo, che mi accompagna fremente nel sostenere la mia squadra.
Stessa sensazione che provo tutt’oggi quando calco un campo da gioco. Magari meno curato di quello del “G. Meazza” (anche se qualcuno più schizzinoso potrebbe opinare), ma palcoscenico di emozioni spesso difficili da descrivere. Il silenzio teso e concentrato degli spogliatoi nel pre-partita, la sacra e solenne consegna delle divise da gioco, l’uscita sul campo per il riscaldamento. Il contatto degli scarpini con il terreno pesante e umido dà sempre quella sensazione di battaglia, di unione. Poi il rientro negli spogliatoi, con l’appello dell’arbitro panciuto di turno, e di nuovo in campo, in fila indiana parallela a quella degli avversari. Tinte multicromatiche che si mescolano tra le due compagini, sguardi tesi e urla di incitamento che portano a centrocampo per salutare i 15-20 accoliti tra amici, fidanzate, paesani annoiati, giunti a sostenerti. Si prende infine posizione sul campo, chi in difesa a guardare le spalle dei compagni, chi a centrocampo per far girare il gioco della squadra, chi in attacco per cercare di finalizzare e far esplodere di gioia tutti. Giocatori, tifosi e dirigenti.
Pensieri che si susseguono velocissimi, con quel lieve e impercettibile tremore di tensione che non attende altro che il fischio di inizio per il via alle ostilità.
È tutta una questione di “cuore”. Aggregazione, unione, abnegazione per arrivare al risultato. Anche condivisione di esperienze ed emozioni, appartenenza a un progetto unico, sia per i giocatori che per i sostenitori, entrambi anima e corpo unico del club.
Cuore, infatti, è anche il nome della squadra di calcio.
È una cooperativa sportiva in cui ognuno può dire la sua, partecipare e contribuire a rendere il calcio una cosa ancor più bella di quel che già è.
Cuore ha in sé il germe della resistenza a una deriva come quella del football odierno, fatto di business, repressione, annichilimento di qualsiasi forma di aggregazione sociale. Spesso vissuta come una minaccia. Perché si sa, come dicevano i Sangue Misto, quando “il numero dei cani sciolti sta salendo, se ancora non li vedi è una questione di tempo”. Tempo che sarà testimone del percorso della Cooperativa Sportiva di Resistenza Calcistica Cuore.
L’ASD CSRC Cuore, così chiamata dal nome dell’omonima rivista satirica che usciva in allegato con l’Unità verso la fine degli anni Ottanta, nasce nel 1990 nella grigia provincia novarese da un gruppo di appassionati. Si distingue fin da subito nel territorio e nel contesto dei campionati amatoriali AICS e CSI per essere un club diverso dagli altri. La dimensione cooperativistica la fa fin da subito da padrona; addirittura si cronometrano i minuti di gioco di ogni calciatore affinché risultino congrui ed equi rispetto al resto della squadra.
Dalla stagione 2014/15 il club dà una svolta alla sua identità organizzativa. Si estende infatti anche a soci sostenitori non direttamente coinvolti nella pratica sportiva la possibilità di entrare a far parte del CSRC Cuore e portare il loro contributo attivo. Secondo il principio di massima democraticità “una testa, un voto”.
È il principio, il logos, la filosofia del “calcio popolare”, o meglio, “calcio dal basso”. Che vuole abbattere barriere di ogni tipo: etniche, culturali, di genere, ma anche su un piano fenomenologico tra chi gioca e chi sostiene.
Lo scenario odierno vede lo sviluppo di una polisportiva CSRC Cuore. La squadra di calcio a 11 maschile che viaggia al 2° posto del torneo AICS, forte di una struttura organizzativa che va man mano a consolidarsi e che nel giro di qualche anno sarà pronta a fare il suo ingresso nel vituperato mondo della FIGC; le due compagini di calcio a 5 femminile, che disputano un torneo amatoriale auto-organizzato, per cui la lotta politica del Cuore si traduce anche nella sollecitazione di creazione di una federazione provinciale attualmente assente; la Brigata Alpina Cuore, in via di organizzazione, nientemeno che la sezione di escursionismo alpino del CSRC Cuore, con l’obiettivo di offrire momenti di aggregazione a costi contenuti e un lavoro di culturale e di memoria, sui sentieri partigiani e dolciniani dell’Ossola e del biellese, teatro della liberazione dal nazi-fascismo e rifugio di Dolcino e dei suoi.
Questo è lo sport che vogliamo. Uno sport intriso di politica, se per questa s’intende il dare una risposta dal basso alla voglia di fruire lo sport in maniera solidale e nel rispetto dei valori di lealtà, solidarietà, inclusione, autorganizzazione e lotta alle discriminazioni. Specchio di una lotta sociale quotidiana che ricade nella dimensione sportiva.
La strada è ancora lunga, ma noi ci crediamo.
Col cuore. E per il (CSRC) Cuore.
Nicolò Rondinelli