Pugile, lottatore e combattente professionista di MMA, ma anche militante anarchico. Per Jeff “the Snowman” Monson vale proprio il detto “l’abito non fa il monaco”.
Alle apprensive mamme italiche infatti sembrerebbe solo un energumeno capace di menare le mani, un tatuato “massiccio” da evitare, nient’altro che un pompato bulletto di periferia. Eppure oltre la sua attività di sportivo professionista, la “crapa” pelata, il naso storto, le orecchie a cavolfiore e i tatuaggi, Jeff è tutt’altro che un “pugile suonato”.
Originario del Minnesota è laureato in psicologia e ha lavorato sia come psicologo, sia come assistente sociale. Collabora ed è sponsorizzato da AK Press, un distributore editoriale e una casa editrice specializzata in anarchismo e sinistra radicale, che pubblica autori come Noam Chomsky, Arundhati Roy e Mumia Abu-Jamal.
Membro della Industrial Workers of the World, un importante sindacato anarchico americano, Monson politicamente potrebbe essere definito come un anarco-comunista, al punto da essere criticato da settori del movimento libertario proprio per la sua fiducia nella gestione collettiva dello stato.
Il suo curriculm da attivista vanta non pochi arresti: nel 2008 a St. Paul in Minnesota fuori dalla convention repubblicana al Target Center ha ricevuto le attenzioni della forza pubblica per un contatto fisico con uno degli agenti del St. Paul Police Department, così come nel 2009 è stato arrestato per aver imbrattato un monumento nello stato di Washington con simboli anarchici e pacifisti. Sempre nello stesso anno ha ricevuto una visita da parte della NSA (National Security Agency) che gli ha perquisito casa e palestra, solo perché aveva portato in un luogo pubblico una maglietta con scritto “Uccidete Bush”.
Nato come lottatore di submission wrestling e Brasilian Jiu-Jitsu è specializzato nel grappling no-gi (il BJJ senza kimono) dove ha ottenuto due medaglie d’oro ai campionati del mondo ed è cintura nera di Jiu Jitsu ma ha anche disputato incontri come pugile professionista (record 2-1).
Il suo record nelle MMA è di 54-20-1, è un peso massimo, combatte dal 1997 e ha gareggiato nelle più prestigiose organizzazioni del mondo come l’Ufc (Ultimate fighting championship) – per cui ha disputato la maggior parte dei suoi incontri professionisti – ma ha anche calcato le scene della M-1 global, del Pride, di Strikeforce e Cage Warrior battendosi anche in palcoscenici “minori” in giro per il mondo.
Nel 2011 ha combattuto a Mosca il suo incontro più importante contro Fedor Emilianenko, uno dei più grandi lottatori della storia della MMA, facendo visita nei giorni precedenti all’incontro a una serie di crew libertarie e antifa attive in Russia e Polonia, per dimostrare a tutti e senza equivoci la sua posizione politica. È persino entrato nel palazzetto sulle note dell’Internazionale, al cospetto di un Vladimir Putin visibilmente stupito da questo “yankee tovarich”.
Si allena con l’American Top Team in Florida, uno dei più rinomati team del mondo per le arti marziali miste ma ultimamente trascorre in Russia molto tempo dove è diventato una specie di star, al punto da ricevere attenzioni popolari, servizi su RT (Russian Today) e ampie interviste su un’agenzia di comunicazione importante come la Tass, fino ad arrivare a richiedere, e probabilmente ottenere, la cittadinanza russa.
A partire dal settembre 2014 si è anche attivato per inviare fondi a sostegno alle repubbliche del Donbass in Novorossija e ha pubblicamente preso le parti dei ribelli di Donetsk e Lugansk, contro la giunta di Kiev e tutto il movimento Euromaidan.
Fuori dalla gabbia insomma, Monson si schiera e parla di lavoro, sfruttamento, sudore e fatica affermando che gli sport da contatto sono una semplice parafrasi della vita. Perché lui, come dice qualcuno, è uno “tutto muscoli e tutto cervello”.
Filippo Petrocelli