Mentre lasciamo lo Stadio Olimpico Spyros Louis ci guardiamo fra noi un po’ interdetti. Rimaniamo impressionati per la facilità con cui 35mila persone sono riuscite a defluire via dalla struttura. Sono passati dieci minuti e non c’è già più nessuno. Eppure l’AEK ha appena vinto il suo secondo derby in quindici giorni. È una neopromossa e con questo 1-0 si è di fatto assicurata il secondo posto nella Super Lega, dietro gli odiati biancorossi dell’Olympiacos, regolati anch’essi con lo stesso risultato nel giorno di San Valentino.
Per tutta la serata si è respirata continuamente un’aria decadente, di abbandono, di tristezza e di inutilità. Il campo ha offerto uno spettacolo pietoso dal punto di vista della qualità e ridicolo da quello dell’agonismo. Il primo fallo degno di un derby è arrivato al 95’ quando Gian Domenico Mesto ha deciso di porre fine alla sua partita trenta secondi prima degli altri. Poi per tutto il resto della gara una calma piatta farcita da errori di palleggio e di misura. Gli Original 21, gli ultras gialloneri, si sono dati da fare per tutta la partita con pyros, coreografie e canti, ma non è facile riempire uno stadio da 70mila posti. E il fatto che i tifosi del Panathinaikos non siano potuti venire è stato davvero un peccato. Anche per loro.
La resurrezione dell’Aquila Bicipite è quasi completata. La Podosfairiki Anonymi Etaireia Athlitiki Enosis Konstantinoupoleos ha vissuto anni peggiori di questo. A partire dalla sua nascita, quando raccolse i rifugiati ad Atene dello scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia. Scelse l’aquila e il giallo nero, per richiamare il vessillo bizantino dei Paleologi, l’ultima dinastia ortodossa ad aver regnato su Istanbul, o meglio, Costantinopoli (1259-1453). La squadra è da sempre considerata una delle tre grandi del calcio greco, ma negli anni Duemila ha avuto il momento più basso della sua storia calcistica. Prima ha dovuto rinunciare al suo stadio, il Nikos Goumas, o Nea Philadelphia. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1999, era diventato una continua voce rossa nel bilancio della squadra. Poi sono sopraggiunti specifici problemi economici, che hanno portato un indebolimento della squadra fino alla retrocessione nella stagione 2012-13. La situazione era talmente disperata che si è scelto di ripartire direttamente dalla terza divisione. Due anni ed eccoli di nuovo qua a combattere per la massima serie greca, o meglio per il secondo posto.
Certo se Atene piange, Sparta non ride (anche se si parla di due squadre della Capitale). E anche i biancoverdi del Panathinaikos non se la passano affatto bene. L’unica squadra greca ad aver raggiunto la finale di Coppa dei Campioni si ritrova al terzo posto di une delle peggiori stagioni del calcio greco. Nonostante una campagna acquisti interessante, che ha portato all’Apostolos Nikolaidis qualche giocatore di spicco, come Essien, la più antica fra le tre grandi sorelle fatica moltissimo a imporsi e soffre un enorme complesso nei confronti dei cugini del Pireo. Alla fine è proprio in riva al mare che si respira il miglior calcio di Grecia, quello che, grazie ai premi della Champions League, continuerà a crescere, uccidendo di fatto la SuperLega della terra degli Dei.
Gianni Galleri