Lo dico subito a scanso di equivoci: a parte un'omonimia che per anni mi ha fatto prendere gioco dei miei compagni di classe di elementari e medie che abboccavano a una presunta parentela, ho sempre provato simpatia per Claudio Ranieri, solo ed esclusivamente perché ha legato i suoi destini da calciatore alla stessa squadra a cui ho legato il mio destino, di questa vita e probabilmente delle prossime reincarnazioni a venire, il Catanzaro. Il fatto poi che lo stesso, durante le estati, frequenti il medesimo pezzo di litorale del sottoscritto, mi ha restituito i racconti, da parte di perfetti estranei al mondo del calcio, di una persona, ma non di un personaggio, per via della sua semplicità e umiltà, quasi come non si fosse accorto che nell'universo pallonaro al giorno d'oggi se non te la tiri non sei nessuno, anche se sei un perdente di successo come lo era lui fino a ieri sera. Anzi, soprattutto se sei un eterno secondo, andando ad alimentare artificialmente quel poco di magia che c'è nel calcio moderno, mercificando anche questa figura romantica. Proprio perché ormai il calcio moderno fagocita tutto e ha trasformato anche la poesia in business, era facilmente auspicabile che la storica quanto clamorosa vittoria del fino a poco tempo fa semi-sconosciuto Leicester, sarebbe stata rivendicata da tutto un movimento calcistico, quello italiano, in coma irreversibile.
In fin dei conti l'occasione era troppo ghiotta per non essere sfruttata: i giornalisti italiani, che hanno passato la stagione dividendosi tra il gossip vero e proprio e disamine tecniche, puntualmente smentite dei fatti, avrebbero dovuto semplicemente limitarsi alla cronaca e magari a riportare da oltremanica qualche episodio specifico in modalità macchietta in modo da rendere lo spettacolo appetibile anche a chi del calcio non importa niente; tutto quell'esercito di ex-giocatori e allenatori scartati, avrebbe potuto dare sfoggio delle conoscenze pregresse parlando di schemi, tattica ecc... Tutto perfetto allora, Ranieri eroe popolare? Mica tanto. O per lo meno, Ranieri sarà anche un eroe, ma lo è per i tifosi della sua squadra e per tutti gli abitanti di Leicester (e forse per i tifosi di quelle altre squadre londinesi che odiano il Tottenham, che raramente come in questa stagione è stato vicino a rompere il digiuno di vittorie in campionato che dura ormai dal lontano 1961), non certo per tutti coloro che nel carrozzone mediatico del calcio italiano ci sguazzano. Un carrozzone che, giusto per soffermarci sull'ultima decina di anni, dapprima ha trattato a pesci in faccia lo stesso mister quando sulla panchina dell'allora neo promossa Juventus gli si chiedeva di tornare immediatamente a vincere, nonostante avesse ottenuto risultati sensibilmente migliori di chi gli subentrò; e che alla fine di quell'entusiasmante rimonta conclusasi nel duello contro l'Inter del Triplete ironizzava su come il mister romano non potesse aspirare a nient'altro che ai secondi posti. Anche il suo approdo sulla panchina del Leicester era stato visto dai soloni della stampa nostrana, per usare un eufemismo, con molto scetticismo, ricordando le ultime stagioni non esattamente esaltanti alla guida del Monaco e della nazionale greca.
Poi, a un tratto, sfruttando pienamente il momento delicato che stanno vivendo le “grandi” di Inghilterra, che mai come in questa stagione hanno vissuto un simultaneo flop, il Leicester ha cominciato ad attestarsi nei tg sportivi italiani, visto con la simpatia con cui si vedono quelle meteore che prima o poi a un certo punto della stagione crolleranno, ma rendendo almeno divertente il campionato, in fin dei conti sempre di una squadra di Ranieri si trattava, fino a quando non si è davvero materializzata la possibilità di vittoria, e allora lì l'italiano medio ha potuto declinare nel calcio le attività in cui riesce a essere meglio di chiunque altro almeno dal 1943: l'opportunismo e l'arrampicata al carro dei vincitori. E allora vai con gli infiniti elogi al Mister romano, ma non solo, perché forse la cosa più grottesca è stato doversi sorbire le opinioni di persone le cui biografie personali sono sotto gli occhi di tutti che celebravano la vittoria dei più poveri e deboli, in definitiva l'esatto opposto di quanto praticato dagli stessi in tutti gli altri ambiti della vita, e pazienza se forse sarebbe stato utile prendersi la briga di informarsi sulla dirigenza delle “volpi” e sul suo presidente-magnate thailandese.
Tutti a parlare della magia del calcio e di Vardy, quando poi magari gli stessi in Italia, non solo criticano le piccole squadre che ottengono un piazzamento in Europa, perché non sarebbero in grado di migliorare il ranking delle squadre italiane, ma addirittura tifano per gli squadroni che, oltre a vincere sempre, dispensano arroganza a palate dallo “sciacquatevi la bocca” al berlusconismo militante, roba che se i loro presidenti si fossero davvero presentati con Vardy alla fine del calciomercato avrebbero contestato a prescindere già da agosto. E che dire di tutti quegli amanti del calcio ultramoderno e spettacolare che si sono trovati a celebrare (sono pronto a scommetterci, a loro insaputa) una squadra che ha ottenuto una quantità disarmante di vittorie di misura grazie all'impostazione tattica italiana di cui Ranieri non era mai stato ritenuto un degno interprete, ma probabilmente queste sono tutte cose che lo stesso allenatore sa, ma su cui preferisce passare oltre, senza dimenticare le offese di colleghi che lo hanno definito un vecchio perdente, e di società e tifosi, che quando lo hanno avuto non si sono comportati nel modo migliore, salvo rare eccezioni. La verità è che questa vittoria è solo ed esclusivamente di Claudio Ranieri, della sua squadra e del suo popolo, non di chi si appresta a vivere un Europeo con l'allenatore che dopo aver strillato la sua innocenza, ha patteggiato la condanna, e nemmeno di chi, ossessionato dai risultati, pensa che questa vittoria possa compensare i mancati titoli o le proprie promozioni sfumate, e allora Mister Claudio si goda il titolo, ma eviti accuratamente chi vuole salire sul suo carro: lo fanno solo perché il suo miracolo sportivo è avvenuto a debita distanza dal loro universo calcistico e concettuale.
Giuseppe Ranieri