È inutile girarci intorno, con un titolo così accattivante la voglia di ritrovarmi questo libro (Hellnation Libri, 2016) tra le mani era enorme e devo dirlo sin dall'inizio, l'attesa e le aspettative riposte in questa lettura sono state ampiamente ripagate. Non perché sia effettivamente un "romanzo ultrà", poiché le vicende prettamente curvaiole vengono trattate incidentalmente (e in maniera molto matura e responsabile anche quando si citano “aneddoti specifici”, questo viene fatto senza citare le tifoserie coinvolte, rinunciando a quella tentazione di autoesaltazione e “celodurismo” che va tanto in voga nelle curve di questi tempi) quanto perché, pur non costituendo un corpus organico, come del resto ha ammesso lo stesso autore durante la presentazione dello scorso 2 luglio al Sally Brown, questa summa di racconti di vita vissuta illustra alla perfezione quello che dovrebbe essere l'approccio alla realtà da parte di quelli che erano una volta gli ultras prima che si facessero ammaliare dai selfie in posa e dalle camicette di marca scegliendo di fatto di privilegiare la forma rispetto alla sostanza.
Mi riferisco a quell'attitudine a rapportarsi alla quotidianità senza tanti fronzoli che era forse uno dei pochi valori universali in tutte le curve che ormai quasi ovunque è arrivata al capolinea, ora che il movimento si è fatto sopraffare dal conformismo e dall'omologazione, svendendo i proprio tratti distintivi e dimenticando la propria attitudine conflittuale e oltranzista in cambio di una placida adesione a quella modernità lobotomizzata che si sarebbe dovuta combattere. Sebbene non venga mai nominata, la protagonista indiscussa del libro è Napoli, città unica nel bene e nel male e che proprio per queste sue prerogative ci riesce a restituire un affresco che si può benissimo definire post-realista, che con un po' di fantasia potrebbe essere inserita in un solco pasoliniano della descrizione della vita vera. A venire raccontati sono i figli di un dio minore, quelli che vivono nelle terre di nessuno e per cui non splende mai il sole, ma la cui vita, anzi, sembra essere improntata a proseguire la propria mera esistenza per continuare a foraggiare i privilegiati della terra, quasi come se si trattasse di animali da allevamento che vivono in funzione degli essere umani.
Dalla dura opposizione agli sfratti operati senza tanti riguardi da parte della polizia fino alle dinamiche all'interno delle feste di musica elettronica, questo libretto è tremendamente vero e sfogliandolo i più attenti riconosceranno senza tante difficoltà il tanfo della strada che impregna le pagine e la rabbia distillata che, come ha riscontrato Domenico Mungo nella sua brillante prefazione, dovrebbero costituire l'ultima trincea sulla quale attestarsi per cercare di resistere alla normalizzazione delle nostre strade voluta dall'alto e, allo stesso tempo, raccogliere il guanto di sfida contrattaccando e portando il disagio e quell'odio di classe autentico che viviamo quotidianamente nel “ventre della bestia” di questa società marcia, proprio grazie a quella propensione insita nei veri ultras, in quelli che ormai è sempre più difficile trovare negli stadi, ma che magari cominciano a rifarsi vedere nelle piazze, a lottare senza compromessi e con il sangue agli occhi, facendo diventare qualcosa in più di una bella formula letteraria il principio secondo cui “Ci levate dagli stadi, ci ritroverete nelle strade!”
Giuseppe Ranieri