Pubblichiamo l'ultimo stralcio di sbobinature di interventi in ricordo di Valerio Marchi, in avvicinamento al festival dell'8-9 ottobre...è il turno di Sego e Duka.
SEGO: “Benvenuti a tutte e tutti. Siamo qui in occasione del ricordo, della memoria, di un carissimo amico, un fratello che se n'è andato qualche tempo fa. Però non vorrei che fosse e non lo sarà - a me piace ricordare le persone quando nascono, non quando muoiono - una cosa fine a se stessa. A nome mio e di tutte quelle realtà che hanno organizzato questo evento ci tengo a dire che ci piace ricordare Valerio per quello che ci ha lasciato, per quello che rimane di lui vivo in noi e c'era questa riflessione sulla nostra identità, un po' sulla nostra natura, su quello che avevamo fatto, realizzato, portato avanti nel corso degli anni che a volte viene liquidato con faciloneria proprio da chi è interessato a liquidare tutto ciò con aggettivi quali delinquenti, violenti, gente di strada... Ecco, questo striscione dice, “Il tuo sapere la nostra vita”. Ora io con Valerio tra il 32, la radio, la libreria e altre cose, ho pubblicato dei libri e scritte varie cose insieme, abbiamo fatto dei manifesti. Abbiamo capito, forse un retaggio del passato, che la cultura intesa come sapere della coscienza è un mezzo formidabile, fondamentale. Senza di questo siamo condannati miseramente all'oblio, all'oppressione e allo sfruttamento. Ci piace prendere questo spunto da Valerio. Oggi siamo oggetti di studio, per quello che abbiamo fatto nel passato e per quello che continuiamo a fare nel presente; allora ciò che ci lascia Valerio ci muove e vorremmo prenderne spunto in questi due giorni”.
DUKA: “La cosa bella di Valerio è che fondamentalmente non ci ha lasciato delle verità. Quando entravo in questa libreria, così come succede di solito nelle librerie di movimento, c'è sempre un grande scambio col libraio che a volta finisce per vendere meno libri di quanti te ne può vendere, perché a volte ti dice di non leggere quel libro; ma alla fine ti sapeva dare anche dei buoni consigli, perché conoscendo la gente, la sua grande dote era anche quella di saper parlare con tutti, tanto è vero che quante volte senza esserti dato appuntamento, soprattutto se ti toccava stare in una sfigatissima estate in questo quartiere, a forza di andare in giro la notte, ad un certo punto, ti ritrovavi poi in delle interzone che non pensavi potessero esistere con delle persone improbabili insieme a te; eppure se ci riuscivi a trovarti riuscivi a comunicare con le persone e facendo questo Valerio diceva la sua in un modo unico, come una delle sue figure di studi di riferimento, Stuart Home che è capace in un libro, “Assalto alla cultura”, di dire che i Velvet Underground fanno parte dell'origine del punk e al tempo stesso, nel libro successivo “Marci, sporchi e imbecilli”, quando deve attaccare l'accademia, che conosce solo la faccia di Andy... dice a quel punto l'accademia si fa forte e si nasconde dietro a “Le origini del punk sono i Velvet underground” a questo punto a Stuart Home, non gliene frega un cazzo se al libro precedente aveva detto “sono i Velvet Underground le origini”, ma il suo obiettivo era attaccare l'Accademia, adesso dice “No i Velvet Underground non c'entrano un cazzo”.
Questo fondamentalmente era lo stile di Valerio, per questo mi piaceva, per il fatto che ciò che gli importava era la pratica dell'obiettivo, proprio come Stuart Home che qui penso che lo conoscete in tanti visto che vedo tanti ragazzi con le teste rasate. Dovreste conoscerlo: saggista e anche scrittore anche se in Italia i suoi romanzi non sono stati pubblicati, mentre i suoi saggi musicali sì; inventore anche del Luther Blisset Project era uno dei punti di riferimenti per tanti, anche per Valerio, perché Valerio anche se non si è laureato, anche se odiava l'accademia, Valerio comunque certi strumenti se li era presi, dal suo punto di vista la sua scuola sociologica che prendeva come cassetta per gli attrezzi da sociologo erano certi sociologi tipo Hangbidge, Layne che hanno studiato le sottoculture; quella famosa “Scuola di Cambridge”, ma sicuramente su queste cose qui, sulla differenza tra sottoculture e controculture Riccardo Pedrini (Wu Ming 5) ne sa sicuramente più di me. Ma Valerio alla fine era anche uno di quelli che quando capiva che alla fine tu il libro non te lo compravi, lui te lo raccontava o alla fine proprio ci riusciva ti convinceva, così come faceva Roberto, il Patata. Ricordo che una volta ero entrato per comprare tutt'altro libro e Patata e Valerio mi hanno messo in mezzo e mi hanno fatto prendere “Territori londinesi”. Fondamentalmente mi hanno intrippato con la storia di un coatto che si voleva emancipare arrivando alla Finale londinese di lanciatore di freccette nei pub che si andava in diretta sulla BBC e lì lui si sarebbe emancipato da una vita di sfighe.
Questo era Valerio, capace di farti intrippare con i suoi discorsi, di riuscire a parlare con persone diversissime, ma proprio con tutti anche con persone di estrazione culturale e di posizioni politiche differenti. Sapeva tradurre le differenze, in un mondo di oggi dove non c'è niente di più difficile che trovare qualcuno che riesca non a mediare ma a tradurre i linguaggi diversi, perché non è un problema di mediazione, non è quello il punto, il punto è riuscire a mettere in comunicazione, trovare quel là che funga da stimolo, e questo Valerio lo sapeva fare come pochi altri. Sicuramente oggi siamo qui per parlare di controcultura, perché Valerio era uno studioso di controculture e prima di lasciare il microfono o di attaccare un pippa volevo quantomeno dire, che bisogna risalire al 1951 forse '52, quando nell'allora città più importante del mondo, New York, si giocava la finale per lo scudetto di baseball tra Giants e Dodgs che a quel tempo erano entrambe squadre di New York. Quel giorno nonostante gente ce ne fosse, ce n'era meno di quello che ci si aspettasse, il resto della città era deserto perché tutti avevano paura della folla, di quello che sarebbe potuto succedere per strada. Perché avevano paura? Da un lato, sì c'era il derby, ma al tempo stesso, il giorno prima, e sugli spalti c'era in preda alle sue crisi d'ansia, perché non solo era un gran bastardo, ma era anche un gran paranoico c'era XXYY l'uomo che s'inventò l'FBI che divenne famoso dando la caccia a Dillinger ed ha finito la sua vita cacciando pantere nere ed hippie che mettevano le bombe, non solo se le fumavano ed è sempre meglio specificarle queste cose; era in ansia perché aveva saputo che il giorno prima i russi avevano condotto il loro primo test nucleare.
La paura della bomba atomica, porterà quella negazione del futuro e lì ci sarà la prima ondata di bianchi middle class che inizieranno a campare alla giornata, che non crederanno più nel sogno americano rappresentato da quei film alla Rock Hudson, ma la gente non sapeva che lui fosse gay e che sarebbe morto poco anni dopo di AIDS, ma tutti credevano che lui rappresentasse il sogno americano. Questi giovani bianchi della middle class cominciarono a frequentare dei locali che puzzavano di marijuana dove suonavano dei musicisti neri, dediti all'eroina e stufi di vedere la loro musica in mano ai bianchi, come le scimmiette, o lo Zio Tom tipo Louis Armstrong. Questi giovani musicisti si inventarono il bebop; lì nasce l'improvvisazione e la sottocultura hipster che poi grazie a quattro figure centrali: Kerouac, Barrow, Eastmed, e l'unico proletario, perché gli altri erano middle class, Gregory Thompson che poi all'interno della sottocultura hipster diedero vita alla Beat generation. Questa parabola poi scemerà dopo il tentativo dell'assalto al cielo degli anni '60, la controcultura del secolo scorso delle grandi narrazioni finirà nel '77 con l'avvento al Punk ed il ritorno del no future.
Prima di lasciare la parola agli altri ci tenevo a ricordare che l'insegnamento più grande di Valerio era quello non solo di ascoltare, ma di riuscire a parlare con la gente, di condividere i saperi che si hanno. L'unico errore che uno non deve fare per ricordare la memoria di Valerio, è quello di non ripetere le cose dette da Valerio, perché già hanno fatto tanti danni nella storia i traduttori di Omero, figurati al giorno d'oggi a San Lorenzo i traduttori di Valerio Marchi.