Pubblichiamo questa intervista agli Indar Gorri, il gruppo più caldo e schierato della tifoseria dell'Osasuna, fatta tramite amicizie comuni riguardo agli episodi repressivi che hanno colpito il gruppo alcuni mesi fa.
Potete spiegarci cosa è successo il 1 febbraio? Quali sono le accuse?
Ve lo raccontiamo: l'1 febbraio le diverse polizie spagnole (Policia Nacional e Guardia Civil) in maniera coordinata lanciano un'operazione repressiva contro Indar Gorri, la tifoseria più calda e più vigorosa del Club Atletico Osasuna, nella quale sono stati arrestati 18 membri del gruppo con l'accusa d'appartenenza a organizzazione criminale. L'accusa si basa sul fatto che i 18 membri del gruppo abbiano formato dentro IG un sottogruppo per organizzare delle risse e aggressioni contro dei gruppi ultrà rivali. L'operazione non si è concentrata solo a Iruñea, si è ampliata in tutta la regione di Nafarroa e, come poi abbiamo visto, la polizia ha tessuto un organigramma con delle cupole, direzioni, segmenti e sottogruppi. Nell'intero dossier poliziesco, in tutto il tempo in cui si sviluppano le loro indagini su cui si basa l'operazione, non riescono a dimostrare nessuno dei supposti reati che pretendono di imputarci, infatti i responsabili delle indagini constatano che non se n'è verificato nessuno... È una cosa assolutamente kafkiana.
Potete parlarci un po' del vostro gruppo e darci qualche informazione sulla vostra storia?
Indar Gorri nasce nel 1987, il motivo è raggruppare la gente più combattiva dell'osasunismo per tifare e difendere i colori del nostro C.A.Osasuna, dalle curve del Sadar fino a qualsiasi angolo del pianeta. Nei primi anni il gruppo ottiene l'attenzione mediatica dovuta a diversi incidenti successi in diverse partite, contro il Real Madrid, Zaragoza... ecc. Ovviamente, come spesso diciamo noi, una curva è il riflesso indentitario delle strade e dei paesi che popolano la sua comunità, essendo la capitale di un popolo oppresso da stati imperialisti come il Francese e lo Spagnolo, la carica ideologica e militante dei nostri membri diventa il segno distintivo della nostra tifoseria. La base antifascista, abertzale (indipendentista) e GORRIA (rossa) è e sarà il nostro pilastro fondamentale fino alla fine dei nostri giorni.
Credete che le vostre posizioni politiche abbiano influito su questa operazione repressiva?
Certo, e non perché lo diciamo noi, ma perché così è stato constatato dagli stessi poliziotti nel contesto delle nostre detenzioni. Non possiamo dimenticare che le nostre detenzioni sono successe in una stagione calcistica e in un momento chiave, in cui Indar Gorri decide, dopo aver ricevuto diverse sanzioni e misure restrittive, di aprire un fronte di lotta per i diritti e le libertà del tifoso, entrando frontalmente in collisione, e consapevolmente, contro il macchinario repressivo condiviso tra la Liga de Futbol Profesional e il Gobierno de España. La lotta attiva che sviluppiamo dalla stagione scorsa, la pianificazione di azioni ben sviluppate, non solo ha disturbato i meccanismi repressivi, ma ha anche saputo congiungere la massa sociale di sinistra con i tantissimi soci e socie del Club. Abbiamo scelto decisamente di far fronte alla repressione e lottare per i nostri diritti, una lotta contro la censura e le misure arbitrarie, misure che hanno come scopo finale la disattivazione delle curve e l'alienazione del tifoso. Il fatto che noi, un gruppo di tifosi abertzali e antifascisti, abbiamo raggiunto grandi livelli di adesione in una massa sociale, smascherando la natura autoritaria di certi meccanismi che impattano brutalmente contro la nostra società, ha dato fastidio.
Ed è a causa di questa grande macchina repressiva messa in moto contro IG che si è creata una rete di solidarietà con il vostro gruppo? C'è stata l'adesione di altre tifoserie organizzate?
Sì, dall'inizio, sia dal mondo delle curve che da diversi movimenti politici e sociali abbiamo notato il calore solidale, con delle mobilitazioni sia in Iruñea, Euskal Herria, sia in altri posti dello stato e d'Europa. Ovviamente le mobilitazioni popolari nelle strade di Iruñea, oltre agli scontri con la polizia, ci hanno colpito e emozionato. Questo sentimento popolare ci dona forze e ci dà fiducia nella nostra lotta. Quindi, da qui mandiamo il nostro abbraccio fraterno a tutte le tifoserie e le persone che nelle curve e nelle strade hanno mostrato la loro solidarietà con IG.
Come pensate di portare avanti la vostra lotta contro la repressione? Proverete a sensibilizzare l'opinione pubblica?
Stiamo lavorando su questo aspetto, come abbiamo già detto, l'episodio repressivo è avvenuto per motivi di lotta e crediamo che le loro azioni rendano evidente un nervosismo e una situazione di scomodità rispetto una risposta popolare che può attivare una pressione abbastanza forte per rovesciare le loro posizioni e i loro totem. Non parliamo soltanto di curve (il nostro spazio naturale), parliamo anche delle dinamiche interessanti che si possono esportare nella strada, per avviare vittorie nel campo dei diritti civili e politici. Questo in una nazione oppressa come la nostra può servire di spinta per riattivare e direzionare le lotte mentre si aprono scenari ed elementi nuovi. Comunque IG sarà in questi spazi e situazioni dove si organizzerà la battaglia popolare contro la repressione e le imposizioni degli stati fascisti.
Qual è il vostro rapporto con la città? Pensate di essere parte attiva del tessuto sociale?
Iruñea è la nostra capitale, la capitale storica di Nabarra o Euskal Herria, una città e un popolo con storia, tanta storia... I secoli si perdono quando parliamo di tutto quello che trasuda dai suoi muri, sassi, guerre, conflitti, lotte... Tutte queste cose formano un'identità, un carattere basato sulla resistenza e la lealtà ai tuoi. Tutte queste condizioni creano tessuti associativi, eventi o movimenti di liberazione e costruzione nazionale e sociale. Non c'è quartiere o paese dove non trovi una rete di associazionismo sociale consolidata, in qualsiasi ambito, culturale, sociale, educativo, linguistico... Di tutte queste cose ci nutriamo, in maniera collettiva e individuale. E indubbiamente, certo che formiamo parte di questo tessuto, condividendo delle responsabilità, e partecipando nei momenti di incontro che si creano o che si sono creati per rafforzare la comunità nei diversi settori.
Secondo voi c'è qualche differenza tra portare avanti questo tipo di attività sociale in Euskal Herria, in Nafarroa oppure farlo nello Stato Spagnolo?
In Euskal Herria, come abbiamo già commentato nella precedente domanda, c'è la premessa condizionante di essere un popolo-nazione oppresso, immerso in un conflitto che dura da secoli. Questo lascia un segno, ma allo stesso modo, crediamo che i diversi popoli che sopravvivono in queste prigioni di popoli che sono la Spagna e la Francia, ognuno secondo le loro possibilità, lottano nonostante le differenze di contesto e realtà. Però se dobbiamo sottolineare fattori di diversità, vi possiamo dire che il fatto di vivere in Euskal Herria condiziona la tua vita e se parliamo di Nafarroa ancora di più... perché non si può omettere il fatto che è qui dove abbiamo il rapporto più alto di poliziotti per cittadino in tutta l'Europa (escluse le regioni attualmente in situazione bellica). Detto questo crediamo che abbiamo detto tutto.
In conclusione, volete salutare i nostri lettori o aggiungere qualcosa?
Saluti dalla capitale di Euskal Herria e mille grazie per la solidarietà che ci avete dimostrato, ognuno da la sua barricata dobbiamo continuare a lottare e a confrontarci contro tutti i meccanismi corrotti e repressivi di questo sistema di marciume capitalista e imperialista.