Ci sono partite che si aspettano tutto l'anno, perché a differenza di quanto possano dire allenatori troppo compassati o dirigenti su cui pende la scure del politically correct, non sono partite come tutte le altre, ma sono derby. In fin dei conti, è proprio il livello di avversione per il nemico designato come atavico a essere un utile indice per designare il livello di attaccamento alla propria squadra di appartenenza. Ci sono derby di tutti i tipi: da quelli che si disputano per le finali di Champions League, come quello di Madrid, a quelli che mettono in luce le due anime differenti dello stesso corpo sociale come quello di Roma, o possono essere antichissimi, come l'“Old Firm” di Glasgow.
Ebbene, il derby che ieri ha calamitato le attenzioni di tutto il calcio inglese non ha nessuno di questi requisiti, ma non per questo si può negare che la partita in questione abbia assunto un altissimo valore simbolico. Ci riferiamo al match che ha visto l'AFC Wimbledon rendere visita (se così si può dire...) al MK Dons, e uscirne sconfitto per 1-0. La particolarità di questa partita è che entrambe le squadre rivendicano la discendenza diretta dal glorioso Wimbledon FC, vincitore di una FA Cup nel 1988 e con varie frequentazioni del massimo campionato inglese. A testimonianza di quanto sia sentito il match, sono arrivati circa 2000 tifosi ospiti, davvero tanta roba se rapportato alla media stagionale tra le mura amiche di “appena” 3.500 spettatori (comunque mica male per una squadra di 1st Division, cioè la terza serie...), ma andiamo con ordine.
Nel 2002, un'apposita commissione composta da tre persone, istituita dalla FA concede all'allora Wimbledon FC, finito sotto amministrazione controllata, di spostare la propria sede a Milton Keynes, una cittadina situata tra Luton e Northampton, nel Buckinghamshire, ben 56 miglia più a Nord, in quello che fino ad allora era il più grande agglomerato urbano d'Europa senza una squadra di calcio, per la felicità del “notabilato” locale che in men che non si dica si appropriò a tutti gli effetti del club, arrivando nel 2004 al fatidico cambio del nome in quello attuale: MK Dons. Com'è comprensibile, ciò generò un forte malcontento nella comunità dei tifosi del Wimbledon, per quello che dai tempi della Prima Guerra Mondiale, cioè da quando l'Arsenal traslocò da Woolwich a Islington, non solo è “il più grande trasferimento coatto” di un club di calcio, ma sarebbe potuto diventare un caso pilota, per trasformare il calcio inglese sul modello NBA, dove la franchigia del club non è vincolata né alla città che la ospita in quel preciso momento, né tantomeno alla comunità di tifosi di riferimento.
Infatti, un gruppo di tifosi, capeggiati da Kris Stewart, delusi e amareggiati, decise di fondare ex-novo un altro club, l'AFC Wimbledon. Ribadendo l'origine “dal basso”, con l'acronimo AFC che in questo particolare caso, vuole significare “A Football Club” e grazie a una marcia trionfale che può annoverare ben sei promozioni in tredici anni, è riuscito ad arrivare nella terza serie del campionato inglese, occupando attualmente una posizione in piena zona play-off e premiando l'orgoglio di una comunità che nonostante la dirigenza del Dons si fosse offerta di farsi carico di gran parte della spesa del trasporto da Wimbledon a Milton Keynes, non ha ceduto alle sirene del calcio senz'anima e ha seguito quella che reputa la propria squadra in tutta questa entusiasmante cavalcata.
Appare chiaro quindi come per i supporters del Wimbledon questa partita che si disputa per la prima volta in campionato dopo un precedente di coppa di circa quattro anni fa, in cui a lungo fu ventilata l'ipotesi di un boicottaggio da parte dei tifosi del Wimbledon, rappresenti una ferita aperta, una sorta di rendez-vous, contro chi reputano gli usurpatori della loro tradizione calcistica e gli agenti del calcio moderno e quindi non c'è da meravigliarsi che i supporters ospiti, dopo un breve ma efficace tam-tam mediatico, abbiano preso la la singolare decisione di riunirsi e di fare approvvigionamento all'IKEA vicino lo stadio dei padroni di casa (augurandoci per loro che la provenienza della carne per le polpette degli stabilimenti inglesi abbia una provenienza più certa di quella degli omonimi stabilimenti italiani...) per non passare neanche un pound in più, rispetto al costo del biglietto della partita, alla dirigenza del MK Dons e a tutto quello che essa implicitamente rappresenta, perché da quelle parti l'amore e per le proprie tradizioni e per la propria identità calcistica è superiore anche a quello per la birra!
Giuseppe Ranieri