Nei primi anni del 2000, la crisi economica e l’instabilità sociale nella Russia di Vladimir Putin hanno dato vita a un’epidemia di violenza contro le persone di colore perpetrata da gruppi fascisti/neo-nazisti e dai loro sostenitori. Uno sviluppo parallelo si è verificato nell’Europa dell’est. Secondo le organizzazioni dei diritti umani russe, dal 2004 al 2015 approssimativamente 527 persone sono state uccise in Russia nella “violenza razzista e neo-nazista”, oltre ai più di 3000 pestaggi che hanno spesso lasciato le loro vittime sfregiate e storpie. Effettivamente, la violenza quotidiana contro stranieri e omosessuali è talmente comune da non poter essere misurata accuratamente. Come i fascisti di ogni luogo, i fascisti russi sono codardi: la maggior parte degli attacchi sono commessi da gang o gruppi contro vittime sole, inclusi anziani e bambini. I fascisti russi sono soliti riprendere i loro attacchi e postarli su internet, per fare proseliti e “mandare un messaggio”. Durante un’intervista per la televisione australiana, un portavoce di una grande organizzazione fascista ha difeso gli attacchi ai bambini: “Così è come facciamo le cose…In futuro sarebbe diventato un terrorista o un nemico. O nel caso di una ragazza, avrebbe dato vita ad altri nemici.”
Ma questa è solo una parte della storia. L’altra parte è quella dei giovani russi coraggiosi, disgustati da quello che succedeva intorno a loro, che hanno iniziato a contrattaccare. “Antifa” (anti-fascisti) come si è reso noto, non è mai stata un’organizzazione o una cospirazione. Molte delle persone coinvolte erano arrabbiate, figli idealisti dei circuiti della controcultura: punk rock, hardcore, skinhead, graffiti, hip-hop. Alcuni erano anarchici, altri comunisti, altri ancora non erano interessati alla politica. Era essenzialmente un movimento spontaneo di giovani costretti a intraprendere il cammino della strada, anti-fascismo militante dalla dura realtà della società in cui vivevano. Il bisogno di lottare ha creato il bisogno di allenarsi. Con l’aumento degli antifascisti che si dedicavano seriamente agli allenamenti nelle arti marziali, è nato un movimento. Gli allenamenti antifascisti sono diventati informalmente club riconosciuti, i club sono diventati leghe, le leghe sono diventate tornei nazionali e infine tornei internazionali. Oggi questo tipo di eventi si realizza non solo in Russia, ma anche in Ucraina, Bielorussia, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Italia e Danimarca. Il movimento si è inoltre diffuso in Cile e Colombia negli anni recenti. Il movimento è cresciuto dal livello amatoriale: è emerso dalla scena antifascista un gran numero di lottatori professionisti in varie discipline come boxe, K-1, Muay Thai, MMA. Il movimento delle arti marziali antifascista è qualcosa di totalmente diverso nel mondo delle competizioni di lotta organizzate. Molte delle persone coinvolte non sono decisamente i tipici lottatori. Molti non hanno scelto le loro discipline per diventare famosi o competere, ma perché si sentivano parte di una battaglia politica reale in cui era richiesto lo scontro fisico. La vittoria sul ring non ha alcuna importanza.
L’antifascismo nella Russia odierna è un affare pericoloso: per questioni di sicurezza i lottatori devono allenarsi e gareggiare anonimamente e clandestinamente, e questo non porta ad alcun tipo di fama o gloria. Sebbene i tornei siano full-contact in cui i lottatori danno il loro meglio, lo spirito di solidarietà e fratellanza prevale su quello della competizione. Il ferro rafforza il ferro. Il movimento delle arti marziali antifascista nell’Europa dell’est è forse lo sviluppo più entusiasmante e promettente delle ultime decadi nella politica della sinistra radicale occidentale. È curioso notare che il fenomeno è praticamente inesistente tra i circoli di sinistra del nord America. Ciò può essere in parte attribuito alle barriere linguistiche e alla distanza geografica, e al calo dell’attività fascista in Canada e negli Stati Uniti dalla fine degli anni '90. Tuttavia, quelli tra noi in Nord America che hanno compreso il significato del movimento antifascista in Europa dell’est sentono il bisogno di discutere della loro rilevanza quaggiù, e di cosa si possa fare per supportare i nostri compagni laggiù.
Traduzione da goodfight.ca