Non solo nel manifesto che pubblicizza il torneo c’è un pallone di quelli “vecchie maniere”, ma tutto il logo del Proudly East London Football Tournament sembra una crociata contro il calcio moderno. Non manca l’invito – tutt’altro che goliardico – a portarsi dietro la famiglia e i bambini, per godersi una giornata insieme, all’aperto, davanti a una sana partita di “pallone”.
A organizzare e celebrare la diversità dell’East london sono però tre squadre di calcio e non gruppi di punk, né squatters irriducibili: il Clapton F.C., lo Sporting Bengal United F.C. e lo Stonewall.
Tutte squadre minori del calcio inglese, che godono però di un discreto pubblico e che hanno intenzione di battersi contro le discriminazioni pubblicizzando le loro idee antirazziste attraverso un torneo di calcio popolare.
Soprattutto il Clapton è diventato famoso per avere al suo seguito una firm antifascista: i Clapton Ultras East London Antifa, una sorta di istituzione del “levante londinese” e nelle “league” minori, un gruppo di transfughi e delusi del calcio mainstream scappati senza paura dalla premier che conta, per rifugiarsi in un fatiscente stadio di legno costruito nel 1888.
Gli ultras del Clapton “bevono e cantano insieme come fratelli e sorelle dell’East london” e intendono il football nella sua accezione più genuina e popolare.
Insomma senza scomodare illustri precedenti il Clapton crede in un calcio veicolo di fratellanza, promotore di sano agonismo, tutto pacche sulle spalle, scivolate rudi e nessun piagnisteo. In altre parole quello che loro chiamano un “Football for all”.
Lo Stonewall odia invece l’omofobia, ed è stato uno dei primi club gay-friendly della città. La sua nascita risale al 1991 e da oltre vent’anni è in prima linea per promuovere la cultura omosessuale nel calcio agonistico.
Lo Sporting Bengal United F.C. è invece nato nel 1996 per incoraggiare la presenza degli immigrati di origine asiatica nei campionati cittadini, oltre che l’inclusione dei cittadini di origine bengalese nella città di sua maestà la Regina, un melting pot di genti diverse non sempre ospitale.
Insomma se si ha occasione di passare nei pressi dell’East London il 6 giugno, vicino a Hackney e Brick Lane, si può fare un salto al Mile end stadium, perché intorno a mezzogiorno, dopo sonori brindisi di birra e magari qualche canzone, si “celebrerà la diversità, si promuoverà l’inclusione e si combatteranno le discriminazioni” in nome di quell’orgoglioso, gagliardo e fiero East End, fucina creativa post-hipster ma soprattutto autentica culla della rough working class londinese.
Filippo Petrocelli