Solitamente, quando si parla di calcio rivoluzionario, il pensiero vola automaticamente all'Ajax di Crujff, piuttosto che al Milan di Sacchi, oppure al Barcellona di Guardiola. Ebbene, l'accezione di calcio rivoluzionario sarà a breve rinnovata radicalmente da un altro team. Potrebbe essere tutto normale se non fosse che questo club giocherà nella seconda divisione del proprio campionato, quello colombiano. Si tratterebbe infatti della squadra delle FARC, questione dibattuta all'interno dei negoziati tra il governo colombiano e il movimento rivoluzionario. Lo scorso 31 marzo, infatti, sono state rese pubbliche alcune bozze del documento di sei pagine che sancisce gli accordi di pace raggiunti a Cartagena, in base ai quali, dopo 52 anni di guerra civile in Colombia, verrà messa la parola fine alla lotta armata e di conseguenza verranno “reinseriti” nella società colombiana oltre 7000 guerriglieri delle FARC, il movimento rivoluzionario comunista che per oltre mezzo secolo ha combattuto una guerra civile senza quartiere contro lo Stato colombiano e i suoi squadroni paramilitari diretta emanazione delle direttive di Washington, tanto quanto contro il sistema malavitoso, in quella che è la guerriglia più longeva del sub continente.
In questi accordi, secondo quanto affermato da “Timoschenko”, il nome di battaglia del leader delle FARC Rodrigo Londoño, oltre all'istituzione di diverse borse di studio a Cuba per aspiranti medici e alla possibilità di accedere a diversi programmi specifici di aiuto istituiti dall'ONU e rivolti ai minorenni, ci sarà anche spazio per il calcio, una delle grandi passioni anche a queste latitudini. Ci sarà quindi per l'organizzazione rivoluzionaria la possibilità di avere una squadra tutta propria che dovrebbe partire dalla serie B, e sempre in ambito sportivo tra l'altro è prevista la partecipazione alla mezza maratona di Bogotà che si dovrebbe tenere nel mese di luglio. D'altronde il rapporto tra le FARC e il calcio non è affatto una cosa recente e anzi è un chiaro esempio di quel triangolo di suggestioni che tra calciatori, rivoluzionari e poeti ha fatto innamorare del Sud America generazioni intere.
Basterebbe pensare, senza andare troppo in là nel tempo, al proclama di incoraggiamento inviato dalle stesse FARC alla nazionale dei “cafeteros” in prossimità del mondiale brasiliano del 2014, in cui dopo una citazione di Eduardo Galeano veniva affermato che sarebbero stati a fianco della squadra nel bene e nel male fino alla fine, oppure anche al fatto che una delle principali iniziative nel passato recente per favorire la pace tra il governo e la milizia rivoluzionaria fosse stata una partita di calcio nell'Aprile del 2015 (rinominata “la partita della pace”), organizzata dai partiti di sinistra e dal sindaco di Bogotà, l'ex combattente Gustavo Petro, a cui parteciparono il “pibe de oro” Maradona (andato anche a segno) e gli idoli locali, l'ex stella del Parma Tino Asprilla e Freddy Rincon, ex Napoli e Real Madrid. Pur non potendo immaginare il grado di preparazione e organizzazione professionistico dei guerriglieri nell'ambito specificamente calcistico, era noto che sicuramente a partire dalla tregua che ha preceduto l'accordo di pace dello scorso dicembre, ma con ogni probabilità anche prima, nei campi di addestramento il calcio fosse una delle attività maggiormente praticate dai rivoluzionari colombiani. Identificato come uno dei tanti modi per accedere a quella “vita normale”, a quel reinserimento nella società civile (per quanto possa definirsi tale la società colombiana...) che forse qualcuno dei guerriglieri non ha mai assaporato in precedenza.
Noi, dal canto nostro, abbiamo già abbandonato ogni remora e siamo pronti a seguire e supportare idealmente questa squadra, perché non abbiamo difficoltà a credere che chi ha lottato per anni mettendo a repentaglio la propria vita, metterà lo stesso ardore in campo e la stessa voglia di sovvertire i pronostici con cui le FARC hanno tenuto in scacco i cani da guardia dell'imperialismo. Magari si potranno replicare sul campo, sicuramente con una valenza meno importante ma non per questo da minimizzare, quelle imprese, quelle battaglie condotte (e fortunatamente qualcuna anche vinta) in nome dei poveri e dei diseredati. E si può immaginare che saranno in grado di appassionare ugualmente i tifosi e di prendere a pallonate i vecchi equilibri, facendo culminare nel calcio quel sovvertimento dei valori portato avanti in precedenza con ogni mezzo necessario per giungere alla vittoria.
Giuseppe Ranieri