C’è una retorica fastidiosa che in dialetto romanesco assume la forma strascicata del “volemose bene”. Una litania, fatta di pacche sulle spalle e strette di mano che tutto annacqua con un sorriso bonario, magari dopo un brindisi fragoroso. E ancora una volta, in nome di questa logica perversa, si generano mostri.
Perché secondo alcuni lo sport sarebbe un compartimento stagno della vita, in cui contraddizioni e antagonismi del vissuto, non possono entrare. Perché lo sport promuove valori umanistici, in un certo senso pre-politici.
Ma come insegna la filosofia classica, l’essere umano in fondo è un animale politico. E tutto il suo agire è regolato da questa sua natura. In un certo senso in barba al libero arbitrio.
Senza scadere in un tutt’altro che travolgente dibattito filosofico – stucchevole e anche un po’ superficiale – bisogna raccontare una storia che ha dell’incredibile. Perché all’ombra della Grande Madre e della Mole Antonelliana, nella città di Teresa Noce e Dante Di Nanni, s’è sollevato un polverone.
La pietra dello scandalo questa volta è “ovale”, come il pallone che passa di mano in mano, fra un placcaggio e una mischia nello sport “sportivo” per eccellenza, ovvero il rugby. In una banalizzazione di questo sport molto in voga, si parla fino alla nausea del terzo tempo, dello spirito unico che pervade chi cerca di correre in meta, presentandolo come un’attività per chierichetti dove comunque tutti vogliono bene a tutti. Sempre e comunque. E se le banalizzazioni sono fuorvianti, in questo caso contribuiscono con decisione a sollevare il polverone di cui sopra.
C’è una squadra di rugby torinese, la Dynamo Dora, cresciuta all’insegna dello sport popolare e del rifiuto del razzismo, del fascismo e del sessismo. Una squadra dove l’aggettivo “popolare” assume un preciso significato, che allargando l’orizzonte la unisce a un movimento nazionale – ma in realtà planetario – che rivendica oltre la mera competizione sportiva anche la rappresentazione di valori precisi quali appunto l’antirazzismo, l’antifascismo e l’antisessismo. Anche se qualcuno fa finta di non saperlo. Perché alla faccia di De Coubertin, l’importante non è solo partecipare.
Ebbene la Dynamo Dora organizza una festa il 2-3 giugno giunta alla terza edizione e chiamata Giornata del rugby popolare. Una festa, con diversi momenti di aggregazione, fra cui un torneo di rugby a 7 femminile al quale ha provato a partecipare una squadra speciale: Sigonella Hoplite Rugby Female.
Senza scomodare il Kgb, le ragazze della Dynamo hanno facilmente scoperto che la squadra in questione è quella della base militare Nato di Sigonella. Quindi hanno rifiutato l’adesione. A questo punto le Hoplite, offese, pubblicano il simpatico screenshoot dello scambio fra all’allenatore del Sigonella e Dynamo, che recita così (H contrassegna le Hoplite, D la Dynamo):
H: «Ciao! L’evento del 2 giugno è aperto a tutti? Sono l’allenatore della Sigonella Hoplite Rugby Team e vorremmo partecipare al torneo di rugby a 7».
D: «No. L’evento non è aperto a militari, polizia, fascisti e varie autorità».
H: «Ok».
D: «Per favore andate via dall’Italia e dall’universo».
La pubblicazione della conversazione ha scatenato ovviamente un vespaio, perché il sarcasmo e la sagacia fanno male più di una bastonata: «Repubblica», «Gazzetta», Tg regionale, «Il Messaggero», hanno tuonato contro la Dynamo, mentre diversi commenti sulla pagina Facebook della squadra invocano l’intervento della Fir (Federazione italiana rugby), cui è affiliata la compagine femminile di rugby a 7, e la Uisp (Unione italiana sport popolare), cui invece è affiliata la selezione mista.
Le accuse si muovono su vari livelli e se in alcuni casi si accusa la Dynamo di scarsa sportività, in altri casi si rasenta la diffamazione. Per alcuni le soldatesse sono delle semplici ragazze e quindi non esiste motivo per escluderle. La barra delle Dynamo però è dritta e la risposta è affidata a un preciso comunicato che illustra perfettamente i motivi della scelta e del quale è importante riportare alcuni estratti:
Non abbiamo avuto alcun dubbio nel rispondere e abbiamo ribadito con poche frasi, scanzonate ma decise, l’incompatibilità dell’evento con soldati, militari e guerrafondai di ogni genere. Sigonella è una tra le più importanti basi aeronautiche Nato, in Italia e nel Mediterraneo, che militarizza da sessant’anni un territorio a discapito della popolazione locale ed è coinvolta con un ruolo di primo piano nello sviluppo del progetto MUOS. […] Come Dynamo Dora Rugby abbiamo sempre sostenuto le lotte popolari. Abbiamo deciso di farlo partecipando a tornei, iniziative ed eventi legati ai valori che ci rispecchiano: l’antifascismo, l’antirazzismo e l’antisessismo. Crediamo da sempre nei principi dell’autorganizzazione e della solidarietà, siamo al fianco delle lotte contro le ingiustizie sociali e appoggiamo fermamente il movimento contro l’alta velocità in Valsusa. Questi valori si concretizzano nella nostra idea di sport, che non vogliamo neutrale né indifferente, ma partigiano, radicato nella nostra idea di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
A scanso di equivoci poi la chiusa è particolarmente d’effetto: «Vivo, sono partigiano. Per questo odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».
Il colmo poi è che in Italia, ultimamente, si agita quotidianamente il feticcio della proprietà privata, la sacralità della “casa” e la necessità di difenderla con le armi dai malintenzionati, in un’orgia da giustizieri della notte alla Charles Bronson, pompata da ogni longitudine comunicativa. Perché banalizzando: «Se non ti invito, tu non devi venire a casa mia e ti posso sparare».
Ecco edulcorando questo tipo di ragionamento, ragazze e ragazzi della Dynamo non possono scegliere chi invitare “a casa loro”, in un torneo privato. Per loro il ragionamento sventolato in precedenza non vale. Devono per forza accettare in nome di non si sa quale valore sportivo, la presenza di militari americani. Insomma il trionfo dell’arcinota perversione italiana dei “due pesi e due misure”.
Istintivamente verrebbe da dire alle Hoplite di “andare a lavorare”, invece di giocare a rugby attraversando mezza Italia. Se non fosse che il lavoro di queste “innocenti” ragazze sia proprio quello di uccidere e occupare brutalmente pezzi importanti di questo nostro pianeta. E quindi la sarcastica risposta al vetriolo della Dynamo «Andate via dall’Italia e dall’universo», sembrerebbe la più azzeccata di tutte.
Unirsi al coro di solidarietà che ha abbracciato la compagine di rugby popolare torinese serve forse per zittire il sibilo ipocrita di pennivendoli e leoni da tastiera che li accusano strumentalmente, ma soprattutto aiuta a fare quadrato: questo perché il comitato provinciale torinese della Federazione, ha invocato un procedimento disciplinare contro la squadra.
Filippo Petrocelli