Estate: caldo, sole, mare ma soprattutto campionati di calcio, popolari e non, fermi. Tutto questo rende le giornate di noi appassionati di calcio un po' più spoglie e il nostro pensiero va già a quel di settembre quando partiranno le nuove stagioni agonistiche.
Come ogni anno, però, vi è organizzato un qualche grande evento che, almeno a parole, dovrebbe riempire quel triste vuoto che accomuna gli appasionati calcistici di ogni angolo del globo. Sabato 17 giugno 2017, ad esempio, ha avuto inizio la FIFA Confederation Cup in Russia.
La Confederation Cup (Coppa delle Confederazioni FIFA, in italiano) è un torneo che si tiene ogni 4 anni tra i vincitori dei sei tornei di confederazioni: Uefa, Caf, Conmebol, Afc, Ofc e Concacaf. In più partecipa la squadra che ha vinto l'ultimo Mondiale e il paese che l'anno successivo, in questo caso la Russia, ospiterà la nuova edizione della Coppa del Mondo.
Anche in questo “grande evento” però, come sempre e ovunque, ci sono alcuni lati non proprio democratici che gli organizzatori si sono dimenticati di tenere in conto prima di assegnare ad un determinato paese una manifestazione così importante come la coppa del mondo, sia per il forte impatto “mediatico” della rassegna e sia per le valanghe di soldi che ci girano dietro. Come già avvenuto negli anni precedenti con le Olimpiadi di Rio 2016, città brasiliana nota anche per le forti disparità tra le persone ricche e le persone povere che la abitano, o con la Coppa d'Africa in Gabon del gennaio 2017, paese che viene tenuto sotto scacco da uno dei tanti dittatori del continenti nero da decenni, si è deciso di far vedere solamente i lati “positivi” di un paese tralasciando i molti lati negativi con cui però gli abitanti continuano ad avere a che fare quotidianamente.
Come accade da sempre, anche durante l'assegnazione a Mosca del mondiale 2018, e della conseguente Confederation Cup 2017, tale evento era stato presentato come “un'ottima opportunità di sviluppo e progresso per il paese”. Ciò, almeno secondo le parole dei signori della FIFA, era legato agli ingenti investimenti, in termini di stadi, infrastrutture e trasporti, che l'enorme stato eurasiatico avrebbe avuto grazie ai soldi dell'ente calcistico mondiale.
Questa ennesima festa del calcio mainstream ornato di paillettes, però, sembra interrompere all'improvviso una cantilena che i nostri media e il nostro establishment ci sottopongono di continuo. Ad esempio si mette volentieri da parte il problema dei diritti civili che, ad oggi, continua ad essere un tema molto scottante per il Cremlino e i suoi inquilini. Del resto non passa moltissimo tempo senza che giungano notizie di una qualche manifestazione di dissenso repressa violentemente, per volere dei piani alti, in città come San Pietroburgo o Mosca.
Che l'oppressione economica e sociale nella Russia di oggi sia la realtà quotidiana non lo scopriamo certo ora, così come sappiamo bene che per l'opposizione politica interna la vita non è facile. E infatti sentiamo spesso alle nostre latitudini condanne dell'operato di Mosca, ad esempio rispetto alla vicenda del dissidente Navalny, leader dell'opposizione al presidente Vladimir Putin e suo prossimo sfidante durante la campagna elettorale del 2018, nuovamente arrestato pochi giorni fa a Mosca e condannato a 30 giorni di carcere.
Dalla storia passata possiamo ripescare anche episodi ben più gravi come l'uccisone dalla giornalista Anna Politkovskaja, avvenuta a Mosca il 7 ottobre 2006, fino alle centinaia di arresti effettuati ogni volta ce ne sia bisogno, sono molti gli eventi che hanno fatto venir fuori il vero lato dell'inquilino del Cremlino e il suo operato che può senza dubbio essere definito “dittatoriale”. Hanno sempre omesso però di dire, i propagandisti d'occidente, che la “nostra” parte di mondo è governata da meccanismi del tutto analoghi. Ma altrimenti, non sarebbero propagandisti.
La Russia è del resto sull'altra barricata nello scontro globale in atto per ridiscutere la distribuzione del potere. Nella guerra che indanguina il Medio Oriente la Russia appoggia da sempre, senza alcun ripensamento, il governo del non certo inattaccabile Bashar Al-Assad, ed è costantemente accusata di sostenere una feroce dittatura. Vero anche questo, peccato solo che i nostri governi abbiano sempre sostenuto in quei teatri gente ancora peggiore.
Tutto questo teatrino sembra però venire meno ogni volta che ritorna un “grande evento”, in cui la torta da spartire è ricca e quindi “the show must go on”, anche a costo di far finta che non ci sia una guerra mondiale in corso. E quindi largo al calcio delle star, alle cerimonie inaugurali, alle strette di mano “che contano” in tribuna, e ancora, alle speculazioni per allestire tali eventi, per finire magari alla retorica sullo “sport che unisce” che esce proprio dalle bocche di coloro che non solo lo sport, ma il mondo intero vogliono diviso e distrutto.
Esempio perfetto di questa logica è il mondiale del 2022 assegnato al Qatar, sponsor nemmeno troppo occulto del terrorismo di matrice islamista. Anche in quel caso, anche se adesso sembra incredibile, il sistema politico, economico e mediatico farà l'ennesimo capolavoro e farà sembrare il tutto una grande festa dello sport.
Roberto Consiglio