Uno di quei fattori che rende il calcio ancora affascinante è la possibilità di sfidare la temporalità per come la intendiamo, oppure per dirla in maniera meno poetica e più prosaica, non sai mai se sei al termine della vecchia stagione o se sei stato già scaraventato nella nuova, tanto se ne parla in continuazione e qualche partita da vedere la trovi sempre.
Tuttavia, da qualsiasi prospettiva si voglia affrontare la questione, la data odierna, vale a dire il 30 Giugno, costituisce uno spartiacque, poiché si chiude il primo semestre, quello legato al bilancio sportivo ed economico della stagione appena trascorsa e segna soprattutto la data in cui si esauriscono i contratti dei giocatori in scadenza.
Logico quindi aspettarsi che da qui in avanti, il calciomercato, vale a dire quel feticcio che serve a riempire le estati soprattutto quando non ci sono le grandi competizioni per nazionali (anche se a dire il vero ormai se ne parla tutto l'anno), o anche l'amico immaginario di tutti i calciofili in astinenza, entrerà nel vivo, lasciando già presagire che per una serie di contingenze calcistiche, ma non solo, si rivelerà uno dei più scoppiettanti degli ultimi anni.
A dire il vero, qualche società si è già mossa e ha piazzato i primi colpi, e pazienza se per la maggior parte di esse si tratta di cessioni, parafrasando Wilde, l'importante è che si parli di calcio (mercato), ma quello che a un'occhiata un po' meno distratta risalta, scorrendo le pagine dei quotidiani sportivi è lo spazio sempre maggiore riservato alle questioni finanziarie. Dal buisiness plain della nuova dirigenza milanista verso i mercati orientali, alla necessità della Roma di espandere il fascino del proprio marchio negli USA, oppure piazzare qualche plusvalenza importante entro il fatidico 30 Giugno e pazienza se il giocatore in questione possa essere uno di quelli in grado di fare la differenza e che dall'avvento della nuova dirigenza la società capitolina non abbia vinto nulla, quello che conta è riuscire a guadagnare sugli investimenti iniziali effettuati per i medesimi giocatori. Così, forse anche influenzato dalla forte afa, la mia mente generava un paragone tra chi ad esempio, deciderà di seguire il Milan o la Roma in trasferta, magari non in quelle di massa, ma in quelle un po' più scomode per orari e località, dove magari a rischio è la propria incolumità o la fedina penale, a quelle processioni religiose al limite della superstizione, tipiche soprattutto nel Sud della nostra penisola. Un qualcosa di ormai obsoleto e tollerato con sempre maggiori difficoltà e fastidio nonostante l'Italia sia un paese in cui la Chiesa cattolica fa ancora la voce grossa e il calcio sia patrimonio dei tifosi perché il cristianesimo e il calcio rappresentino le due fedi popolari per antonomasia nel nostro paese. E la cosa peggiore è che tale discorso potrebbe essere esteso ai tifosi della Fiorentina considerati nient'altro che clienti da un Della Valle adesso addirittura risentito e pronto a vendere la società per ripicca, a quelli della Ternana la cui storia è stata presa in ostaggio da un discutibilissimo signore, Stefano Bandecchi e dalla sua Unicusano, ai palermitani definiti da Zamparini (ma non se ne doveva andare?) minoranza da centri sociali (chissà se avranno apprezzato il paragone fatto dal presidente con la contestazione subita dallo stesso a Venezia e a suo dire capeggiata da Casarini...), ma potremmo tranquillamente allargare questo discorso alla tifoseria genoana e a chissà quante altre.
La verità, ormai neanche tanto occulta, è che da proprietari morali i tifosi sono passati in un tempo più o meno breve, a essere prima una simpatica appendice e successivamente un fastidio vero e proprio, al limite da rieducare e fargli interiorizzare che si può benissimo baciare una maglia e poi non accettare un rinnovo faraonico. D'altro canto, l'attaccamento alla maglia e il senso di appartenenza sono concetti più adatti al secolo passato e incompatibili con il neoliberismo sentimentale che ci pervade. Quindi, chi meglio di tutta quella pletora di opinionisti “post-ideologici” che sull'arrivismo e sulla svendita della propria dignità professionale hanno edificato uno stile di vita è in grado di spiegarcelo? Sì, sono gli stessi che hanno deciso di farsi usare come utili idioti dai deliri di onnipotenza a reti unificate e senza possibilità di fare domande reali (manco si trattasse del presidente della repubblica) di alcuni agenti e procuratori, loro sì i veri padroni dal calcio e che ricordano tanto la figura dei Nepman nella prima Unione Sovietica: gente senza scrupoli e dal potere senza freni, pronta a lucrare su tutto e su tutti, e che sinceramente ci auguriamo non facciano una fine tanto diversa dai loro epigoni.
Probabilmente è vero che gli amori più profondi e romantici sono quelli non corrisposti, proprio come quello tra la gente e il calcio che rasenta ormai i limiti dell'autolesionismo, ma forse proprio per questo prosegue imperterrito, quindi non può che colpirci in positivo il sempre più frequente richiamo alla prospettiva di azionariato popolare che si ipotizza per vari scenari nazionali anche di un certo livello, da Firenze a Genova tanto per fare due esempi, segno che nelle piazze in cui si vive di calcio non ci si rassegnerà mai a essere dei clienti, ma anzi si vuole avere la possibilità di decidere del proprio destino. Ovviamente, nessuno ha la bacchetta magica e può promettere che tutto andrà per il verso giusto, ma non ci si può nemmeno scoraggiare a prescindere rivolgendosi esclusivamente a quegli esperimenti di azionariato popolare che stanno affrontando delle criticità; d'altronde la stessa storia dell'umanità è costellata di tentativi anche encomiabili di applicare i migliori dettami possibili che cozzavano con l'inesperienza di chi doveva metterli in pratica e di amori tragici è costellata anche la letteratura, ma già la certezza di liberarsi di quelle figure che laddove i tifosi vedono un simbolo, essi vedono solo un grosso salvadanaio non ci sembra una cosa da poco.
Quella che comincerà, o che forse è già cominciata, sarà quindi una stagione cruciale in cui, volenti o nolenti, sempre più nodi verranno al pettine, a partire dall'ulteriore spezzettamento del weekend calcistico, ed in cui una presa di coscienza collettiva (che magari riesca a travalicare anche il mero discorso calcistico) appare quantomai necessaria per non fermarsi alla punta dell'iceberg, ma cominciare a scavare dal fondo, dai massimi campionati ai campi del calcio popolare, il nostro calcio, per portare le nostre istanze e se non proprio a fare saltare il banco, quantomeno a resistere per non farci sopraffare e fare la fine dei cornuti e mazziati... La sfida è già lanciata!
Giuseppe Ranieri
Matthias Moretti