Quella di domenica 10 dicembre è una giornata che rappresenta appieno quello che è diventato il Centro Storico Lebowski. Per capirlo basta guardare il programma della giornata: al mattino assemblea generale dei soci per approvare il bilancio della scorsa stagione e quello preventivo per l’anno in corso; pranzo a buffet preparato dai genitori dei bambini della scuola calcio; il piatto forte di giornata, ovvero il big match contro l’Incisa, primo in classifica alla pari con i grigioneri; infine il match della squadra femminile di Serie D. Una giornata intera da passare nell’impianto di Tavarnuzze, in compagnia giusto di qualche centinaio di persone. Sarà bene quindi procedere con ordine.
Innanzitutto l’assemblea, programmata per le 9 e 30 di domenica mattina. Ammetto, anche senza troppa vergogna, di essere arrivato poco dopo le 11. Mi perdo le discussioni sul bilancio, ma sulla salute dei conti societari si può essere tranquilli anche così, sulla fiducia. Parlando con qualche persona dello staff, e vedendo la portata delle iniziative di autofinanziamento, la sensazione è che già adesso il Lebowski avrebbe le spalle abbastanza larghe per affrontare categorie superiori senza scompensi. A quell’ora, sedute a partecipare all’assemblea, ci saranno un centinaio di persone o poco meno, più molte altre che gravitano e i bambini che entrano e escono rincorrendosi. Il discorso passa poi a un progetto per lo sviluppo dello sport, dell’attività fisica e di stili di vita salutari per bambini e ragazzi, specie in situazioni di difficoltà economica, in cui il Lebowski sarà coinvolto insieme a altre società sensibili e ad associazioni che si occupano dei temi nello specifico. Aspetto questo che risulta particolarmente importante nell’ottica del lavoro sociale svolto nel quartiere di San Frediano, dove sorge la scuola calcio, che è bene ricordarlo, è completamente gratuita. Infine le ulteriori prospettive di sinergia con l’Impruneta Tavarnuzze, che già in pochi mesi ha dato frutti enormi: innanzitutto un campo, e con un sintetico nuovo di zecca; il settore giovanile cogestito, fiore all’occhiello della società verdeazzurra e affiliato all’Atalanta; la gestione del bar e del ristorante dell’impianto, che non sono aperti solo il giorno della partita ma fungono da vero e proprio circolo a Tavarnuzze, e in cui i soci grigioneri stanno iniziando a partecipare alla gestione su base volontaria di quella che può essere una fondamentale, perché continua nel tempo, fonte non solo di autofinanziamento, ma soprattutto di socialità. L’impianto sportivo inteso come un vero e proprio spazio sociale polivalente, un elemento importante della vita quotidiana delle persone che partecipano al progetto.
La sintesi di tutto questo è nel pranzo, in cui l’avvicinarsi della partita porta un afflusso di persone ancora più massiccio. Enormi tavolate che rispecchiano quello spaccato di Firenze, di San Frediano in particolar modo, che si è vestito di grigionero e ci ha vestito i propri figli: una preponderanza di specialità della cucina toscana, accompagnata da un sostanzioso contributo di cucina nordafricana, brasiliana e sicuramente mi sarò anche perso qualcos’altro. Sarà il clima gelido, con un iniziale nevischio trasformatosi poi in pioggia gelata, e il calduccio dentro le stanze del bar, ma l’aria è quella di una specie di natale rivisto a modo nostro, in cui la famiglia con cui vuoi stare te la scegli tu.
Alle 14:30 il fischio d’inizio della partita più importante (finora) dell’anno, una delle più importanti della storia grigionera. La direttiva è quella di salire sugli spalti almeno mezz’ora prima per preparare al meglio la coreografia, che si può apprezzare in foto. Le bandierine che la formano sono 300, la gente è molta di più, la tribuna è completamente piena. Il tifo degli ultras è quello delle migliori occasioni, potente, continuo, generoso e anche “disciplinato” e concentrato: una di quelle partite in cui nemmeno i lanciacori riescono a lamentarsi e a incitare a svegliarsi, a cantare di più. I ragazzini adolescenti affacciatisi quest’anno ormai si sono uniti al tifo, cantano e saltano. I bambini della scuola calcio stanno in piedi appoggiati alla balaustra, che sennò non vedono niente, continuano a sventolare le bandierine della coreografia, provano a seguire i cori. Mamme marocchine col velo tengono il ritmo dei cori con la testa e col piedino. Signori anziani del luogo fanno lo stesso.
La partita finisce col risultato più probabile. 0-0, un classico degli scontri al vertice del calcio italiano. E chi scrive non lo dice in tono negativo. Una partita giocata tatticamente bene da squadre solidissime, che danno un buon ritmo ma hanno fasi difensive eccellenti e riescono a neutralizzare i rispettivi attacchi. Sicuramente le emozioni in campo non sono moltissime, ma è una gran bella partita di pallone, dura ma non cattiva. Il primo tempo scivola via nell’equilibrio più totale, nella ripresa il Lebowski la vuole vincere e riempie il cuore della tifoseria con una generosità immensa, domina dal punto di vista territoriale ma la difesa dell’Incisa è organizzata in modo impressionante e concede una sola grossa palla gol, salvata dal portiere. Prova del nove comunque superata: il Lebowski può lottare per vincere il campionato. La prossima partita, ultima prima della sosta, è probabilmente ancora più difficile, in casa del Dicomano terzo in classifica a una sola lunghezza dalla coppia di testa, in quella che si sta delineando come una corsa a tre. Tornare dal Mugello anche solo con un punto rafforzerebbe ancora di più ambizioni già solidissime. Da segnalare l’esordio di un nuovo arrivo di grande livello, che non a caso debutta da titolare in un match così delicato: direttamente da una carriera in Serie D arriva Murras, centrale di difesa qualche anno sopra la trentina che può contribuire a chiudere definitivamente i lucchetti della retroguardia grigionera. E chissà che negli anni non diventi una bella abitudine per giocatori di categorie superiori che si sono guadagnati da vivere col calcio per anni: venire a chiudere la carriera in realtà del genere, a godere del puro calcio, a divertirsi e far parte di una comunità invece che di un “posto di lavoro”.
I lunghi applausi e i saluti ai giocatori lasciano spazio infine all’incontro della Serie D femminile contro l’Aglianese. Il freddo si fa davvero intenso, e complice anche l’immenso sforzo fatto nei 90 minuti precedenti, la gradinata si svuota in gran parte e si dirige verso il bar. Ma in generale l’interesse intorno alle ragazze cresce, e in giornate in cui la natura era meno ostile la presenza sugli spalti era stata già migliore; in primavera c’è da sperare bene, anche perché le grigionere, manco a dirlo, sono molto forti, al momento sono addirittura prime (ma con la seconda che deve recuperare una partita), e verso fine campionato potrebbero trovarsi a lottare per obiettivi importanti. La partita non è facile, le avversarie sono poco sotto in classifica, nel primo quarto d’ora viene sbagliato un rigore per parte, dopo di che è monologo Lebowski, con le ospiti barricate nella loro metà campo che si salvano a più riprese per poi capitolare intorno a metà secondo tempo. Finisce 1-0, rientrare al bar a quel punto dà la sensazione di entrare in un rifugio di montagna, manca solo un camino.
Scrivere una sintesi conclusiva non è neanche facile. Troppa roba. Ovviamente questa era una giornata particolare, in cui erano chiamate a raccolta tutte le componenti del Centro Storico Lebowski, e in occasione di un match speciale. La sensazione però è che questa possa diventare la normalità, e in gran parte lo è già. E ok, ripetiamoci per l’ennesima volta che il risultato non è tutto. E infatti il punto non è il risultato in sé. Il punto è che io questa roba la voglio vedere cimentarsi su altri palcoscenici. E considerando che chi anima questo progetto ha per lo più tra i 20 e i 35 anni, e che ci sono già generazioni di bambini della scuola calcio e una juniores di tutto rispetto, questa cosa succederà. C’è solo da capire meglio quando.
Matthias Moretti