13 novembre 2017: l'Italia, perdendo con la Svezia, dice addio alla possibile qualificazione ai mondiali di Russia 2018. Un giorno “nefasto” per il Belpaese, almeno stando alle parole dei massimi rappresentanti del sistema calcistico nostrano, che avrebbe dovuto portare ad una vera e propria rivoluzione nel sistema calcio nostrano.
Tutto questo, purtroppo, non è avvenuto, visto che dopo le scontate, anche se arrivate con sensibile ritardo, uscite di scena del ct Gianpiero Ventura e del presidente Carlo Tavecchio, ci si è trovati fermi al palo. A questo punto sorge spontaneo chiedersi se e quando ci sarà la vera svolta calcistica da tutti acclamata ma da nessuno veramente messa in pratica.
Per fortuna non tutto il panorama del pallone si trova in questa situazione. In questi mesi, infatti, la nazionale calcistica femminile si sta comportando alla grande nel suo girone di qualificazione ai mondiali di calcio femminili che si terranno in Francia nel giugno 2019.
Le ragazze guidate dal coach Milena Bertolini sono in testa al loro girone di qualificazione, il gruppo 6, a punteggio pieno: 12 punti. Tutto questo è il frutto di ben quattro vittorie in altrettante partite finora disputate contro avversarie di tutto rispetto: ultime vittime, in ordine cronologico, sono state le loro colleghe portoghesi, sconfitte in quella che era la trasferta più difficile del girone di qualificazione.
Una bella soddisfazione se si pensa che le azzurre mancano da una rassegna iridata dal lontano 1999. Questa volta, facendo i debiti scongiuri, pare che ci siano tutte le premesse affinché tornino a disputare una rassegna di tale spessore.
Nonostante questa cavalcata trionfante, le qualificazioni ai mondiali femminili di Francia 2019 non hanno ricevuto una copertura mediatica degna di nota. Basti pensare che per vedere in onda le partite della nazionale italiana giovanile vi era, e continuerà ad esserci, una sola possibilità: collegarsi alla pagina Facebook della FIGC in orari e giorni ben stabiliti.
Tutto questo ci fa vedere che si sta cercando di ridare smalto ad un lato del calcio che, viste anche le battute di chiaro stampo sessista dell'ex patron della FIGC Tavecchio, nessuno era stato in grado di apprezzare, o non lo aveva volutamente fatto. Nonostante la bella impresa che le ragazze della Bertolini, però, risulta molto lontana la possibilità che il calcio maschile e quello femminile, in Italia, riescano ad ottenere condizioni almeno paragonabili.
Ciò è un dato di fatto, visto che sono ancora molti i campi del mondo del pallone nostrano in cui si registrano forti disparità di genere: da quello culturale a quello economico passando per quello tecnico. Si pensi, ad esempio, che il calcio a undici femminile riesce ad attrarre meno sponsor di quello a cinque maschile che, già di per sé, non è che riceva chissà quali quantità di soldi da chi di dovere.
Di conseguenza le calciatrici professioniste del Belpaese riescono a guadagnare, al massimo, quei 1.500 euro al mese che, tra i maschi, rappresentano il “salario minimo” per chi calca i campi anche solo dei campionati dilettantistici. I contratti milionari di cui godono alcuni dei più importanti calciatori di Serie A, ad esempio il portiere del Milan Donnarumma, sono ancora una vera e propria chimera per le professioniste del pallone, anche se in questo caso l'auspicio è che crescano i salari delle atlete, ma anche che scendano, e di molto, quelli dei super-divi.
Lo stesso livello “professionista” per le ragazze non è ancora riconosciuto dalla legge nazionale, almeno stando da quanto si può dedurre dalle parole dell'articolo due della legge 23 del 23 maggio 1981. Secondo tale decreto infatti, “sono sportivi professionisti gli allievi, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal Coni e che conseguono la qualificazione delle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal Coni per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica”.
In Europa, fortunatamente, non è ovunque così netta tale distinzione. Ad esempio in Norvegia, solamente pochi giorni fa, è stato deciso che le calciatrici e i calciatori del paese debbano “subire” lo stesso trattamento, dal punto di vista salariale, senza alcuna discriminazione di genere.
L'accordo, per essere precisi, è stato siglato a Londra nella sede dell'ambasciata norvegese. Firmatari dell'intesa sono stati il capitano della nazionale maschile del paese scandinavo, Stefan Johansen, e quello della nazionale femminile, Maren Mjelde.
Così facendo si è deciso che l'ingaggio medio delle calciatrici sarà uguale al doppio di quello percepito fino ad oggi: circa 620 mila euro. Tale cifra risulta identica a quello degli uomini che ha subito, a sua volta, una diminuzione di circa 60 mila euro.
Un piccolo grande passo in uno stato in cui, fino a 41 anni fa, il movimento calcistico femminile non era neanche riconosciuto. Ma ancora non ci si deve adagiare sugli allori visto che, secondo uno studio Cies Observatory (il Global Sports Salaries Survey 2017), lo stipendio di circa trenta milioni di euro di un singolo giocatore come Neymar, passato la scorsa estate dal Barcellona al Paris St. Germain per la cifra record di 212 milioni di euro, risulta essere uguale al totale degli stipendi delle migliori calciatrici di sette paesi.
Roberto Consiglio