Con imperdonabile ritardo volevamo dire due parole su questo blog sulla bellissima giornata del 7 Aprile sul Monte Tancia.
Questa escursione resistente organizzata da alcune realtà sociali romane (SCUP, Spartaco e La Torre) sotto l'egida dell'APE (associazione proletari escursionisti) ci ha lasciato una sensazione e un'energia positiva che ci portiamo ancora dentro. E nel loro nono anniversario della passeggiata, la perseveranza e l'organizzazione di tanti ha fatto si che un centinaio di persone, in un'allegra comunità viandante abbia attraversato gli stessi itinerari che 74 anni fa la Banda Stalin-D'Ercole vissero e difesero fino alla morte dall'invasore nazifascista; la storia della Battaglia del Tancia è stata ben descritta da Sasà Bentivegna e ne riportiamo qui uno stralcio:
La "battaglia del venerdì santo" del 1944 - era il sette aprile - cominciò alle prime luci dell'alba. Il comando tedesco aveva schierato durante la notte, intorno al massiccio del Tancia, nella Bassa Sabina, 60 km. a nord di Roma, reparti delle divisioni "Goering" e "Sardinia" e un battaglione di "Camicie nere". I nemici cominciarono a salire sulla montagna che era ancora buio, in silenzio, guidati da spie repubblichine: speravano di cogliere nel sonno quei trecento ragazzi che dormivano sulla cima, nel Capannone di Tancia e nelle altre attestazioni di Rocco Piano, Crocette, Casale Ferri e Cerreta.
Le pattuglie partigiane che vigilavano le mulattiere e le gole si accorsero dell'insidia solo quando la cima fu scossa dalle granate dei mortai, ma attaccarono subito, cogliendo a loro volta di sorpresa il nemico impegnato nell’arrampicata. Altri compagni li raggiunsero, da ogni parte della montagna si cominciò a sparare. La brigata era numerosa, era stata ben armata e addestrata dagli ufficiali dell’Esercito italiano che la guidavano e che avevano saputo preparare ottime postazioni difensive sui fianchi del Tancia. Ne facevano parte soldati sbandati e giovani dei paesi sabini che avevano rifiutato i bandi fascisti. Si era formata subito dopo l'8 settembre; l'avevano organizzata a Poggio Mirteto i comunisti appena usciti dalla clandestinità e ufficiali dell'esercito che presidiavano la zona con i loro reparti, reduci dagli scontri avvenuti a Monterotondo il 9 e il 10 settembre, contro la Divisione Paracadutisti Studenti, nella battaglia per la difesa di Roma.
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I ragazzi della brigata quella mattina del 7 aprile, e per tutta la giornata fino a sera, impegnarono il nemico in scontri durissimi e inflissero pesanti perdite agli assalitori. Ma il nemico era troppo forte, bene armato e ben equipaggiato, e i partigiani, stanchi, affamati, a corto di munizioni, dovettero cedere. Tentarono con successo di sfondare l'accerchiamento verso Poggio Catino, Roccantica e Casperia (che allora si chiamava Aspra): una squadra partigiana, che si era attestata sul Monte Arcucciola, una delle cime del massiccio, con la sua mitragliatrice tenne aperta la strada della ritirata agli altri compagni. Attraverso quel varco riuscì a passare anche Anna Mei, che era lì con il marito e i suoi quattro figli (il più piccolo aveva quattro anni) e che fungeva da staffetta, da assistente sociale, da infermiera e da vivandiera.
Quando il gruppo dell'Arcucciola tentò a sua volta di sganciarsi, uno dei ragazzi fu ferito. Gli altri cercarono di trasportarlo via, ma quel ritardo fu fatale e furono irrimediabilmente accerchiati. Resistettero ancora; esaurite le munizioni si difesero usando i fucili come clave. A sera furono finiti.
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I tedeschi e i fascisti presero quella cima dopo un'intera giornata di durissimi scontri: le armi dei partigiani, ben attestate e ben usate, avevano falciato lungo le pendici del Tancia centinaia di nemici. Il conto non gli tornava, e così, tanto per pareggiarlo, quel conto, la mattina del giorno successivo, all'alba, i soldati della Wermacht, da quei "volenterosi carnefici di Hitler" che erano, bruciarono le casupole sparse sulla montagna e massacrarono tutti i civili che trovarono sul massiccio: otto donne dai 19 ai 66 anni; quattro vecchi dai 70 ai 78 anni e sette bambini dai 2 agli 11 anni.
Sul Tancia niente rimase vivo: anche gli animali che non poterono essere asportati ebbero la stessa sorte dei bambini, delle donne, dei vecchi, dei sei partigiani dell'Arcucciola. A maggior gloria di Hitler e di Mussolini.
Il rastrellamento continuò. Il nemico, scovati altri partigiani feriti nelle macchie e per le strade lungo le pendici della montagna, li finirono sul posto o li trascinarono a Rieti e li fucilarono: tra questi Giuseppe Felici e uno studente milanese di quindici anni, Giannantonio Pellegrini Gislaghi, che qualche settimana prima era fuggito di casa per andare con i partigiani».
(Rosario Bentivegna, “Pasqua di sangue sul Monte Tancia in Sabina”, in “Patria Indipendente”, aprile 2000)
La giornata ha visto la guida appassionata di un ex partigiano sabino che con commozione e onore ha guidato una prima tranche di compagni, poi la folta e festosa partecipazione degli All Reds e Small Reds, come quella degli allegri ciclisti della Brigata Preneste partiti da Roma e giunti a suon di pedalate fino al Tancia, ha reso tutto più coinvolgente.
I momenti preminenti della salita sono state la sosta alla fossa comune dove vennero seppelliti i 7 partigiani trucidati dalla soverchiante presenza tedesca e fascista, e il “nido dell'aquila” dove con una mitragliatrice sovietica gli stessi tennero eroicamente testa a 500 nazifascisti che intanto con una manovra a tenaglia circondavano il Monte. Il loro sacrificio permise il salvataggio dei compagni e dei civili scrivendo una pagina memorabile delle resistenza.
Nel complesso un'iniziativa bellissima e ben riuscita che vale la pena sostenere e partecipare di anno in anno.
Daniele Poma