Ormai, ne sono certo, dev’esserci un particolare disegno astrale in base al quale non potrò mai fare un viaggio normale, senza situazioni surreali o momenti indimenticabili; non mi resta altro che trovare le prove. Ma se sono proprio queste situazioni a dare il giusto sapore alla vita, ha molto più senso viversele facendo surf tra passato e futuro usando il presente come tavola di fortuna, invece che interrogarcisi sopra, e poi d’altro canto si trattava della mia prima volta a Parigi in uno dei periodi più convulsi della sua storia recente, tutti tasselli che si incastravano alla perfezione nel mio puzzle irrimediabilmente fatalista. Quindi, che vuoi fare, andarci in maniera asettica, senza un itinerario improponibile e senza una scossa emozionale che avrebbe fatto tremare persino la Tour Eiffel? Ovviamente no, d’altronde come si dice da queste parti “c’est la vie!”, certo se almeno per una volta riuscissi a non correre il rischio di perdere il mio mezzo di trasporto, non mi dispiacerebbe affatto, ma non si può volere tutto… L’occasione per questa incursione nella ville lumiére è una serata organizzata dal Menilmontant (MFC1871) in cui sarebbe stata presentata la nuova divisa, realizzata dai nostri compagni e amici di Rage Sport e che avrebbe contenuto anche un dibattito tra molteplici realtà di sport italiane, francesi e belghe. A dirla tutta ci sarebbe stata anche una partita il giorno successivo, ma con un coup de théâtre (eh lo so ragà, a sto giro vi toccano tutti sti francesismi… statece!) tutte le partite del distretto sono state rinviate per maltempo.
La maglietta, neanche a dirlo, è davvero bella – come d’altronde tutte quelle prodotte da Rage Sport e, oltre ai colori sociali della squadra parigina, richiama i colori palestinesi, anche perché il 50% del ricavato sarà destinato al Laylac Center, centro giovanile d'educazione popolare autogestito nel campo Dheisheh a Betlemme.
Mi rendo conto che sarebbe estremamente riduttivo definire Parigi una città strana, ma nonostante abbia girato abbastanza, nessuna delle grandi capitali europee ti dà l’impressione come quella francese che da un momento all’altro possa succedere tutto e il suo contrario.
Il tempo di scendere dall’aereo e sbagliare innumerevoli volte la metro da prendere (se sei abituato a quelle due linee e mezzo sgangherate di metro che offre Roma, è normale sentirsi leggermente smarrito….) incontro Mirco, colui che ci ha contattato e invitato a partecipare a quest’evento, il tempo di scambiare quattro chiacchiere che hanno svariato con naturalezza dalla situazione politica e sociale dell’Italia e della Francia a quella specifica dello sport popolare e ci dirigiamo verso il luogo che ospiterà questa serata.
Nonostante mi sia stato spiegato che in contemporanea alla nostra ci sarebbero state diverse iniziative nel vasto arcipelago dell’antagonismo parigino, ci sono oltre un centinaio di kids, antifa, skinheads, casuals e facce da stadio, tra l’altro diverse con un passato più o meno remoto nel Virage Auteil, la curva storicamente antirazzista del Paris Saint Germain che si è opposta realmente con ogni mezzo necessario all’ondata razzista e xenofoba proveniente dall’altra curva parigina, quella presidiata dai Boulogne Boys. Un numero che non dovrebbe sorprendere visto che il MFC 1871 è la quinta squadra con più tifosi in tutta la regione de l’Île de France, ma che difficilmente mi è capitato di trovare nelle serate analoghe in Italia, segno che anche a queste latitudini il calcio popolare viene vissuto seriamente e con partecipazione, come ho percepito durante le quattro chiacchiere scambiate prima dell’inizio del dibattito. A rendere ancora più empatico e familiare l’ambiente il fatto che le birre costassero un euro… C’est fantastique!
Il dibattito è stato realmente interessante, e grazie anche alla traduzione simultanea che ci veniva fatta ci ha permesso di cogliere molte peculiarità delle realtà presenti: se chi ci segue abitualmente conosce la storia di Rage Sport (che poi coincide in gran parte anche con chi anima l’RFC Lions Ska Caserta) e anche quella del Football du Peuple di Montpellier e della loro azione tanto agonistica, quanto politica, che loro stessi definiscono così: “Il club Football du Peuple Montpellier è stato creato da due studenti nel 2013. Giocano tutte le domeniche e sono aperti a tutti, qualunque sia il sesso, l'origine ed il livello calcistico. Il club è stato creato con l'obiettivo di permettere a tutte e tutti di giocare in un contesto privo di ogni tipo di violenza che sia sessista, omofoba ecc. L’ obiettivo non è la competizione a tutti i costi, ma la condivisione e il piacere di stare insieme prima di tutto, cosi le-i debuttanti hanno quindi la possibilità di poter migliorare. Le-i più forti sono stimolati ad aiutare i principianti. Durante le partite le-i debuttanti ricevono dei passaggi che probabilmente non riceverebbero in un altro contesto. Si impegnano quindi a decostruire l'immagine negativa del calcio moderno e mostrare che la competizione non è necessaria. A essa preferiscono la solidarietà e il piacere. Le domeniche non contano i goal fatti ma il piacere di giocare”.
Ho avuto modo di conoscere tante storie a dir poco entusiasmanti, a partire dai compagni del Torneo Antirazzista Bruxelles che ci hanno spiegato com’è nata la loro idea, realizzata il primo anno grazie al collettivo italiano degli Antifascisti di Bruxelles nel luglio 2016 e che in seguito al successo ottenuto, negli anni successivi lo hanno organizzato con altri gruppi, per esempio Soccorso rosso. Al giorno d’oggi il comitato che organizza il torneo è composto da diversi gruppi politici e associazioni. Coscienti che il razzismo è l'arma ideologica delle classi dominanti per dividere le classi subalterne, il torneo ha l'obiettivo di rappresentare una tappa nella lotta antirazzista, anticapitaliste e contro il patriarcato. Organizzano anche altre iniziative durante l'anno basate sui principi dell'autogestione, della non violenza, della solidarietà e della lotta contro l'omofobia.
Successivamente è intervenuto Partizan Leuven, club di kickboxing, il cui obiettivo è fare sport in maniera diversa, in un'atmosfera rilassata, solidale e rispettosa, mantenendo allo stesso tempo degli standard qualitativi di livello, benché accettino ogni tipo di atleta (ovviamente a patto che non sia fascista) e chiedono un prezzo libero per gli allenamenti. Negli anni hanno organizzato allenamenti per rifugiati, giovani precari ecc. Credono che lo sport possa unire le persone, e si reputano molto più che un semplice club di boxe, è anche per questo che organizzano varie attività come weekend di sport con danza, yoga, fitness ecc., stringono contatti anche con altri club di sport popolare a livello locale, mentre a livello internazionale organizzano degli scambi e partecipano a tornei di boxe antifascisti.
Entrambe le realtà belghe hanno messo in evidenza più volte la situazione particolare del loro paese in cui la presenza dello Stato negli ambiti sportivi ed associativi, anche dal punto di vista sociale (per esempio con corsi agevolati per giovani, migranti, disoccupati), è molto forte mettendo in risalto il fatto che è compito di chi si organizza in maniera autonoma far uscire la contraddizione di uno Stato che aiuta chi è in difficoltà, ma che allo stesso tempo è anche la causa di questa situazioni di disagio.
Dopo la parentesi degli ospiti internazionali è stato il turno degli interventi delle realtà francesi a partire da Les Degommeuses, un team di calcio femminile che sostiene che il calcio sia sì gioco ma anche un potenziale terreno di rivendicazione politica, d'espressione di discriminazioni legate al genere e all'orientamento sessuale, ma può anche essere un vettore formidabile per lottare contro ciò. Les Degommeuses sono impegnate nelle azioni di sensibilizzazione del pubblico sportivo sugli stereotipi di genere, per promuovere la difesa del calcio femminile e per la visibilità delle lotte LGBT, e in svariati progetti di solidarietà internazionali, soprattutto in Sud Africa.
Dopo il breve filmato di lancio della campagna, è arrivato il rompete le righe ufficiale con le conseguenti chiacchiere informali, in cui ho approfondito diversi temi del dibattito con gli altri ospiti, soprattutto coi compagni italiani sparsi tra Francia e Belgio ai quali raccontavo sia dei progressi delle varie realtà di sport popolare e di come questo aspetto rappresenti uno dei principali punti di forza del movimento, sia del difficile momento politico e sociale che stiamo vivendo in Italia. Sarà stato il coinvolgimento appassionato di questi discorsi, interrotti puntualmente dall’intercalare “Vabbè, prendiamo un’altra birra!?”, sarà stata la splendida selezione musicale di ALT, un dj davvero in gamba che per omaggiarci ci ha deliziato con una scaletta in gran parte fatta di quei gruppi italiani che ci sono tanto cari, ma a un certo punto stava quasi prendendo corpo in me la suggestione di rivivere quegli incontri tipici della frazione degli esuli antifascisti durante gli anni peggiori del ventennio che dibattevano della triste sorte toccata al proprio paese, il tutto mentre arrivavano notizie dalla piazza dei gilet jaunes. Dopo aver concluso la serata, ci siamo dati appuntamento con gli altri per il pranzo del giorno successivo, in cui a bocce ferme abbiamo provato a pianificare qualche altra iniziativa comune, ma con un occhio alle partite di campionato (ovviamente di serie C), visto che per una strana ironia del destino le squadre delle due delegazioni di ospiti italiani si stavano sfidando; che dire, per il sottoscritto, risultato alla mano, è stata una sensazione molto piacevole, ma non sarei pronto a giurare lo stesso per i miei dirimpettai!
Dopo gli ultimi brindisi è il momento dei saluti, della metabolizzazione di questo week end splendido e della pianificazione dei prossimi appuntamenti per rinsaldare ulteriormente i legami e le connessioni che si stanno creando e ramificando sempre di più, con risultati capaci di sorprendere anche noi addetti ai lavori, sempre più consapevoli che anche dallo sport può ripartire l’edificazione di un mondo diverso… Au revoir!
Giuseppe Ranieri