«Nun le manna a di’». Così si direbbe in dialetto romanesco di Michael Conlan, pugile professionista nato a Belfast classe ’91, campione fin da dilettante. Nel suo palmares ci sono un bronzo olimpico a Londra 2012 (cat. 52 kg), argento agli europei del 2013 a Minsk (cat. 52 kg), oro nei campionati del Commonwealth nel 2014 a Glasgow (cat. 56 kg), oro agli europei di Samokov nel 2015 (cat. 56 kg), oro ai campionati mondiali a Doha nel 2015 (cat. 56 kg). Insomma un piccolo fenomeno.
All’apice della sua carriera da dilettante (chiusa con un record di 248-14) però accade qualcosa: alle olimpiadi di Rio 2016 Conlan subisce uno dei verdetti più ingiusti della storia del pugilato olimpico e perde contro il russo Vladimir Nikitin. Ma non è l’unico a subire un torto: a Rio 2016 sono stati pronunciati molti verdetti scandalosi – vuoi per un nuovo metodo di punteggio imposto dall’Aiba (Associazione internazionale boxe amatoriale), vuoi per gli scandali legati alla corruzione, dovuti al grande peso internazionale che le federazioni dell’area ex-sovietica, in particolare quelle centroasiatiche e quella russa – al punto da sollevare proteste ufficiali e malumori diffusi fra gli addetti ai lavori.
Nell’incontro con Nikitin, Conlan domina sul ring (al punto da lasciare tumefatta la faccia del pugile russo) e quel verdetto folle gli fa perdere le staffe. Al momento della lettura dei cartellini, mentre il pubblico rumoreggia per l’evidente ingiustizia, il pugile irlandese alza il dito medio sul ring contro i giudici in segno di disappunto. Ma lo scandalo continua anche fuori dal ring e Conlan non si limita solo a insultare i giudici. Con un tweet nei giorni successivi destinato all’account in lingua inglese di Vladimir Putin, Conlan fa una domanda provocatoria al leader russo: «Hey Vlad, quanto ti hanno fatto pagare?». Insomma, uno che non le manda a dire, manco a Putin.
Il sopruso del quale il pugile di Belfast è convinto di essere stato vittima, lo convince a passare professionista sotto gli auspici di Bob Arum, uno dei promoter più influenti del mondo con la sua Top Rank. Il suo debutto da pro risale al 17 marzo 2017, con vittoria per ko tecnico su Tim Ibarra. In seguito nessuna sconfitta e un invidiabile record.
Più di recente Conlan è salito sul ring del Madison Square Garden per il San Patrick’s Day, il 17 marzo 2019, davanti a un tripudio di trifogli, cappellini verdi e bandiere irlandesi. L’esito dell’incontro è un’altra vittoria ai punti su Ruben Garcia Hernandez (24-4-2). Ad appena 27 anni il record del pugile irlandese è 11 vittorie (6 per ko) e zero sconfitte, e le sue quotazioni sono in forte ascesa.
Ci sarebbe solo da festeggiare, ma la stampa britannica e nordirlandese non gradisce e cominciano le polemiche. Il problema è che Conlan ha scelto come walkout song (la canzone introduttiva prima di salire sul quadrato) Celtic Symphony un pezzo dei The Wolf Tones, gruppo irlandese di folk noto per il suo impegno politico, per il suo sostegno alla causa repubblicana e alla lotta per la libertà irlandese. Ebbene in una delle strofe della canzone c’è un verso che recita «Ooh, Aah, Up The Ra», che altro non è che un incitamento all’Ira (Irish republican army). Ovviamente al Madison Square Garden il pubblico, composto in maggioranza da emigrati irlandesi, non ha fatto altro che cantare a squarciagola la canzone, manifestando apertamente le sue simpatie repubblicane.
A partire dai giorni successivi alcuni politici nordirlandesi hanno manifestato un profondo disappunto, criticando pesantemente la scelta di Conlan e accusandolo di non aver avuto rispetto per i morti causati dall’Ira. La stampa ha cavalcato la notizia che è rimbalzata dai più importanti media come l’abbottonata BBC, allo scandalistico Sun, passando per quotidiani irlandesi come Irish Time e Belfast Telegraph, dando spazio soprattutto al punto di vista di politici unionisti di primo piano come Arlene Foster e Brian Kingston del Dup (Democratic unionist party) e John Stewart dell’Uup/Mla (Ulster unionist pary), che hanno ovviamente attaccato a testa bassa Conlan.
Per il momento il pugile di Belfast ha deciso di non rispondere alle accuse, anche perché un altro famoso pugile nordirlandese, Carl Frampton, ha più volte scelto canzoni unioniste per salire sul ring, senza suscitare gli anatemi della classe dirigente dell’Ulster, abituata a praticare la politica dei due pesi e delle due misure.
D’altronde Conlan è nato a Falls Road, il santuario repubblicano di Belfast Ovest, celebre per i suoi murales ma anche per essere una delle zone più povere del paese, dove le simpatie repubblicane sono nel Dna degli abitanti e fungono da importante collante sociale.
Tra l’altro Conlan ha vissuto una vita dura, segnata dalle umili origini e dal quartiere-ghetto in cui è cresciuto. Adolescente riottoso ha avuto problemi con alcool e droghe fin da giovanissimo, tanto da iniziare ad abusarne fin dai 13 anni. Coinvolto in furti e atti di vandalismo, ha rischiato di perdersi più volte, ha attraversato una pesante depressione e le asprezze di una vita senza sbocchi. Ma come ha ricordato il pugilato l’ha salvato da una brutta fine, offrendogli obiettivi e uno stile di vita diverso e inquadrato.
Per questo, saggiamente, ha deciso di non rispondere alle provocazioni dei leader unionisti, così lontani dal suo background, cresciuti nei quartieri benestanti a pane, God save the Queen e odio per gli irlandesi cattolici.
Filippo Petrocelli