Il 14 maggio 1948 nasceva ufficialmente lo Stato di Israele. Questa, a parere di chi scrive, rappresenta una vera e propria data nefasta, visto che, da quel momento, lo Stato sionista si è sentito autorizzato a effettuare una vera e propria politica di occupazione nei confronti del popolo palestinese senza che nessuno abbia mai fatto nulla per fermare ciò. Per fortuna, nel corso del tempo, sono stati parecchi gli ambiti in cui si è cercato, in vari modi, di fermare questa politica repressiva. E del resto, questa regione è sempre rimasta sottoposta al meccanismo degli aiuti internazionali, sia di natura umanitaria, che anche sociale e solidale. Tra questi ambiti, naturalmente, non poteva mancare quello sportivo. Un’idea che rientra appieno in questo campo ha, manco a dirlo, un forte lato sociale.
Stiamo parlando del progetto “Green Hopes Gaza” (GHG) cominciato nella zona della Striscia di Gaza: una regione che, secondo una definizione delle Nazioni Unite, rappresenta “il più grande carcere a cielo aperto” a livello globale. Pochi giorni fa abbiamo scambiato due chiacchiere con Meri Calvelli, rappresentante del Paese per “ACS – Associazione Cooperazione e Solidarietà” sulla gestione del programma “Green Hopes Gaza – progetto di riqualificazione sociale e ambientale nei quartieri popolari di Al Nada, Al Isba e Al Awada (fase 1)”. Il progetto, in partenariato con altri enti, è finanziato dalla Cooperazione Italiana (AICS) nella Striscia di Gaza. GHG, come spiegato dalle parole della stessa Calvelli, è stato creato per raggiungere degli obiettivi ben precisi. Ad esempio, tramite la partecipazione di vari soggetti interessati si “mira a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili; a potenziare un’urbanizzazione capace di pianificare e gestire in modo integrato un contesto di vita quotidiano partecipato dagli abitanti della Striscia; una progettazione bioclimatica, del risparmio energetico e nel rispetto delle buone norme di conservazione paesaggistica e delle risorse naturali associate”. Tre soggetti locali in particolare si vorrebbe far sentire al centro del Green Hopes Gaza: i giovani, i bambini e le donne. I primi, infatti, almeno finora, hanno avuto più di una difficoltà a trovare luoghi adatti per l’intrattenimento e lo sport; ai secondi, invece, si vorrebbero garantire degli spazi in cui giocare e crescere tutti assieme. Alle donne, infine, si vorrebbero dare delle modalità adatte alla gestione diretta di alcuni spazi sociali che andrebbero a ricoprire alcuni interessi dell’intera comunità interessata. Con Green Hopes Gaza, prosegue Meri Calvelli durante la nostra chiacchierata, non si tralascia neanche l’ambito ecologista. La zona interessata, infatti, nel tempo passato era “una oasi fantastica, un micro ambiente tra il deserto e il mare; le carovane di commercianti, viandanti e pellegrini approdavano e percorrevano questa via, per raggiungere i deserti infiniti dall’altra parte del Mediterraneo; una via di comunicazione che ha sempre rappresentato la speranza, l’apertura e il dialogo tra occidente e oriente”. Poi però è arrivata l’occupazione sionista che ha portato vari problemi collegati a essa: barriere, confini e chiusure ad esempio. Dal paesaggio idilliaco del tempo trascorso sì è passati “alle macerie dei bombardamenti e all’immondizia della distruzione”. Con GHG si punta a “costruire spazi sostenibili, ben gestiti e protetti dalla popolazione, come bene comune collettivo”. Ma come farà questo progetto a unire ambiti che, in teoria, sono molto distanti tra loro? Anche in questo caso GHG non ha lasciato nulla al caso: difatti è stato creato un vero e proprio comitato organizzativo e partecipato per le attività del Parco denominato “Green Hopes Gaza”. Esso, per portare avanti le sue competenze, è stato allestito in maniera chiara e comprende varie attrezzature che andiamo di seguito ad elencare per intero:
- tendone da circo con relativa struttura di ferro e attrezzature per le attività acrobatiche e circensi;
- rampa per skateboard in cemento;
- campetto di calcio attrezzato;
- campo da pallavolo e basket attrezzato ;
- attrezzature sportive per bar work-out, parkour e arrampicata;
- attrezzature ricreative per i bambini;
- strada di camminamento e passeggiata lungo tutto il parco, con spazi di riposo, rilassamento e incontro;
- serra per orto comunitario e per attività ambientali educative organizzato da esperti educatori ambientali e agricoltori locali;
- salone multi-mediale e attrezzato per feste e attività sociali organizzate dalla popolazione locale.
La zona della Striscia, purtroppo, è conosciuta dai più per le varie difficoltà che si possono incontrare nella vita di ogni giorno. La situazione si è notevolmente complicata a causa dell’occupazione militare e delle ingerenze arabe che hanno comportato un isolamento e una disperazione terribile tra la popolazione della zona.
Come mai, allora, è stata scelta proprio questa regione per portare avanti un progetto del genere? La risposta a questa domanda ce la dà, in maniera chiara e limpida, la stessa Meri che ci confida che vi è un fattore “molto importante a cui dobbiamo prestare attenzione; la voglia di fare degli abitanti locali, di esprimersi e di dimostrare che esistono anche loro, mette in evidenza una capacità di resilienza e resistenza, come costante dell’essere umano. Anche qui dentro, nonostante vengano infrante quotidianamente le basilari regole del diritto umano e internazionale, le generazioni che si susseguono cercano di rialzarsi e di trasmettere la voglia di vivere, le capacità e l’identità, importanti per la sopravvivenza. La coscienza della protesta contro una condizione miserabile imposta, ancora non è stata distrutta; per questo la popolazione dopo ogni bombardamento si rialza e ricrea il proprio habitat come meglio desidera”.
Cosa rappresenta, per il progetto Green Hopes Gaza e la sua rappresentante Meri Calvelli, il concetto di sport popolare? Per rispondere riportiamo, in chiusura del pezzo, l’intera risposta data a questa domanda che abbiamo fatto a Meri durante la nostra chiacchierata: “Lo sport popolare è lo sport rivolto a tutte le persone che hanno necessità di confrontarsi su discipline e attività prescelte e personalizzate, che siano comunque accessibili a tutte al di là della competizione con un accesso completamente aperto. I gruppi informali sono già stati formati a queste discipline negli ultimi anni, grazie agli scambi internazionali con atleti e formatori internazionali organizzati dal “Centro Italiano di Scambi Culturali – VIK” e sono oggi in grado di trasmettere le basi delle discipline ai principianti. Il Centro Italiano, dentro questo progetto, provvederà all’organizzazione di almeno due training all’anno con formatori internazionali nelle discipline sportive e circensi prioritarie identificate dal Comitato. Inoltre, al fine di aumentare la visibilità e la partecipazione dei beneficiari alle attività, saranno organizzati eventi e tornei almeno una volta all’anno per ogni disciplina. A Gaza le discipline sportive e circensi sono tradizionalmente praticate da bambini/e e ragazzi/e; il Centro Italiano ha una vasta esperienza e reti di contatti che permetteranno la loro inclusione nel progetto. Le attività ricreative si svolgeranno nella zona del parco attrezzata a tale proposito con giochi e strutture dedicate a tutte la fasce d’età e generi. Il parco sarà inoltre un luogo dove le famiglie potranno trascorrere momenti di relax e avranno a disposizione uno spazio organizzato, pulito, concepito per permettere un’accessibilità universale e la fruizione da parte di tutto il pubblico inclusi i portatori di handicap e persone con problemi di mobilità. Il progetto è proposto con l’utilizzo di costruzione di materiali rinvenibili in loco, di riciclo e a basso costo di manutenzione. Attenzione particolare verrà posta nell’uso di fonti di energia rinnovabile o nel riciclo di risorse quali l’acqua grigia e l’acqua piovana tentando nei limiti del possibile di rendere il parco pubblico autosufficiente dal punto di vista energetico e soprattutto indipendente dalle attuali fonti di approvvigionamento energetico a Gaza”.
Roberto Consiglio